Michela Camplese
pubblicato 6 anni fa in Cinema e serie tv

Anna Magnani e “Roma città aperta”

Nannarella

Anna Magnani e “Roma città aperta”

In seguito alla ritirata dei soldati tedeschi da Roma, spiati da una cinepresa nascosta, alla quale seguirono le immagini più gioiose dell’ingresso degli americani, immortalate dagli operatori soldati di Combat Film che documentarono, spesso a costo della vita, il conflitto mondiale.

La città è stata messa in ginocchio dall’occupazione tedesca ed i viveri, quelli che se lo possono permettere, vengono acquistati alla borsa nera; agli altri, nella stragrande maggioranza, non rimane che confidare nell’assistenza degli alleati.
In questo clima un regista, Roberto Rossellini, ed uno scrittore di cinema, Sergio Amidei, sentono il bisogno di documentare in un film quanto accaduto durante i nove mesi di occupazione nazista; le difficoltà affrontate furono enormi poiché dovettero mettere insieme il denaro necessario alla realizzazione del film oltre a uomini e mezzi in una Roma che ha altro a cui pensare.

Nel 1945 venne prodotto “Roma Città Aperta”, un film destinato a diventare un classico del cinema italiano che racconta la storia della popolazione romana sotto il giogo nazista con le torture, le rappresaglie, gli episodi di eroismo di cui furono protagonisti gli uomini e le donne che si opposero a quella barbarie.

Il racconto si sviluppa intorno al personaggio di Don Pietro Morosini, un parroco romano fucilato dai nazisti “per aver favorito i partigiani in azioni di guerra ed aver nascosto i nemici del Terzo Reich”, diceva la motivazione ufficiale; ad interpretare la parte di Don Morosini viene chiamato Aldo Fabrizi che a quell’epoca era considerato uno dei più grandi comici del varietà.

Amidei e Rossellini decidono di aggiungere a quella di Don Morosini altre storie, come quella dei ragazzini di Roma che, durante l’occupazione, avevano dato un loro valido contributo alla Resistenza facendo da collegamento e porta orini, talvolta nascondendo anche le armi.

Anna Magnani fu chiamata ad interpretare la parte di Teresa Gullace, una donna uccisa dai tedeschi nel quartiere Prati, madre che aveva tentato di opporsi ad un rastrellamento in cui era cauto suo marito; la vicenda della Gullace fu ambientata nel quartiere Prenestino e ricostruita minuziosamente; così Anna Magnani raccontò la famosa scena della morte:

quando sono uscita dal portone all’improvviso sono ripiombata al tempo in cui da Roma portavano via i giovani, i ragazzi, perché era popolo povero quello che stava addossato sui muri. I tedeschi erano presi da un campo di concentramento, le donne erano pallide nel sentire i nazisti mentre parlavano tra loro e questo mi ha comunicato l’angoscia che ho reso sullo schermo

Con “Roma Città Aperta” nacque il Neorealismo, un film che commosse tutto il mondo e lanciò Anna Magnani come stella di prima grandezza nel firmamento cinematografico; la stessa Magnani lo considererà come il suo film più sofferto, anni dopo dirà:

non posso più vederlo, non piango, però torno a casa e sto male tanto che quando lo riprendono dico non mi invitate, non voglio vederlo più

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