Leonardo Ostuni
pubblicato 4 anni fa in Arte

Il giovane Picasso

Il giovane Picasso

È la primavera del 1907: Pablo Picasso realizza un’opera destinata a cambiare irreversibilmente la storia della pittura. Il quadro Les demoiselles d’Avignon viene esposto pubblicamente solo nel 1916, ma condannato per immoralità. Il critico d’arte e futuro surrealista André Breton è l’unico a riconoscere il valore spartiacque dell’opera nella vicenda artistica di inizio Novecento. Un dipinto destinato a passare tutt’altro che inosservato: è la prima volta che un artista si prende tanta libertà nella rappresentazione di soggetti, in questo caso prostitute in un bordello (è quello di Calle Avignon, a Barcellona).

Lo spettatore è, fin dal primo sguardo, trasportato nell’erotismo e nell’aggressività della scena, alla presenza di donne che ricambiano il suo sguardo. Queste sono raffigurate secondo una concezione che smonta definitivamente la prospettiva lineare e il tradizionale concetto di bellezza classica. È il rifiuto dell’egemonia secolare di un’arte mimetica, e la contemporanea ascesa di un linguaggio che guarda alla realtà da più punti di vista (così che lo spettatore possa poi sintetizzare mentalmente il tutto) e che la riduce a geometria. Chiara anticipazione del successivo Cubismo, Les demoiselles d’Avignon risente di un forte interesse di Picasso per la scultura africana, visitata a Gosol (Catalogna) e al museo Trocadero di Parigi:

L’odore di muffa e abbandono mi ha preso alla gola, ma mi sono sforzato di restare per esaminare queste maschere, tutti questi oggetti che le persone hanno creato con uno scopo sacro e magico, come intermediari tra loro e l’ignoto.

Nel 1907 Picasso ha 26 anni. Pur essendo ancora molto giovane, ha già impresso un cambiamento notevole alla pittura di quegli anni. Seguire le principali tappe che hanno condotto l’artista fino a questo decisivo punto di svolta, ci aiuta a capire che siamo di fronte a un predestinato, prossimo a diventare un protagonista assoluto nella storia dell’arte.


Il pittore nasce nel 1881 a Malaga, città a quel tempo in pieno fermento culturale, animata da lotte di classe e abitata da una popolazione multietnica. Il talento artistico è di famiglia: José Ruiz y Blasco, padre di Pablo e modesto pittore, ammira e valorizza la precocissima abilità tecnica del figlio. A La Coruña, presso cui la sua famiglia si trasferisce nel 1891, Picasso impara dal padre la pittura a olio. È un periodo spensierato per lui, può affinare il disegno frequentando corsi alla Scuola di Belle arti ed esercitarne la pratica su riviste del tempo.

A dodici anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.

Il passaggio a Barcellona nel 1895 è cruciale per l’artista: rifiutando la scuola e tutte le convenzioni, scopre il suo animo ribelle e rimane particolarmente attratto dalla vivacità catalana, di cui si fa portavoce il crescente movimento del Modernismo. In opere come Scienza e carità (1897) o La prima comunione (1895-1896), realizzate presso il suo primo atelier a Calle de la Plata, Picasso dimostra già un’eccezionale capacità di resa fisionomica dei personaggi. Durante un breve ma intensissimo soggiorno a Madrid egli studia al Prado le opere dei grandi predecessori della sua terra (Velazquez, El Greco, Goya); tiene poi la prima mostra personale al bar Els Quatre Gats di Barcellona nel febbraio del 1900, attirando le attenzioni dei principali artisti catalani del momento.

L’amicizia con il pittore e poeta Carlos Casagemas è la spinta al trasferimento a Parigi; la capitale francese a inizio secolo è un pullulare di vita mondana, e Picasso, entusiasta osservatore di questo mondo, si trova a suo agio come mai prima di allora, così da dimenticare il suo passato catalano e ritrovare una nuova identità.

L’improvviso suicidio di Casagemas nel 1901 apre una fase dolorosa per Picasso, convenzionalmente chiamata “periodo blu”, quello giudicato dalla critica come il più simbolista. Fino al 1904 Pablo trova nel colore blu la resa cromatica perfetta del malessere sociale, i suoi soggetti sono gli sconfitti dalla vita. In Poveri in riva al mare o La vita (1903) gli spettatori si trovano di fronte a gente che non ha più nulla in cui credere che, in questa atmosfera malinconica, manifesta tutta la debolezza psicologica.

Il passaggio al “periodo rosa” non è solamente cromatico, ma anche caratteriale: Picasso non è più così convinto che il mondo sia solo una sequenza di eventi tragici e di sofferenze per l’uomo. Famiglia di saltimbanchi (1905) racchiude un senso di fanciullezza e di evasione dell’artista, di fatto un arlecchino della società poiché intrattiene e diverte il pubblico portandolo alla riflessione.

Picasso giunge a concepire e poi realizzare l’opera più importante della sua carriera nel 1907, quando ha già fatto vedere moltissimo del suo repertorio. Un talento precoce continuamente stimolato e rimesso in discussione. Un lavoratore notturno instancabile, uno sperimentatore sempre aperto alle influenze del classico e del moderno. Picasso riassume al meglio la continua ricerca e la meraviglia di risultati che il XX secolo ci ha lasciato.