Culturificio
pubblicato 8 anni fa in Letteratura

Paris Mystique

I luoghi privilegiati di Julio Cortázar

Paris Mystique

Pont Neuf. Estremità occidentale dell’Île de la Cité.
Accanto alla maestosa e solitaria statua equestre di Henri IV, una figura si ferma consegnandosi alle ombre che vi si 52condensano. Ha attraversato la città lungo tutti i suoi nervi, è sceso più volte nella fluidità del tempo che si portano dietro i cunicoli del métro, gettandosi nelle sue viscere; ha percorso il Boulevard Saint-Germain-des-Prés facendosi vigile testimone del movimento continuo e insaziabile di voci e colori, ha raggiunto la Senna e vi si sofferma; tornerà verso il decimo arrondissment, verso il numero 4 di Rue Martel, la casa che gli corrisponde: ma non ancora.

Pont Neuf. Estremità occidentale dell’Île de la Cité. Mezzanotte.
Ai piedi della statua equestre di Henri IV una figura è ferma, slanciata e irrequieta come un piccolo lume. È un osservatore.
In silenzio lascia che ogni bagliore, ogni sguardo ogni guizzo ogni profumo e sentore raccolto durante la giornata si sedimenti, posandosi sul fondo del suo animo. Nel Paris-Nocturnosilenzio su cui soffia la misteriosa notte scesa sinuosa a cingere tutto, lui trova una pace che nasce dall’essere colmo. Custode che in sé tiene ciò che non va perso: ciò che va scritto.

Tutti quei bagliori che invadevano le strade sono storie che verranno con cura sublimate e rese materia dell’arte. Da essi nascono infatti i suoi racconti: dalle sue percezioni del tutto calate nel vivere e nel suo rumore, di cui sa cogliere l’essenza, il fil rouge, il senso. Tra le strade di Parigi.

Parigi che ha raggiunto d’oltreoceano, dalla sua Argentina così madre e così lontana, Parigi ch’è anch’essa ventre in cui ritrovarsi inerme e allo stesso tempo vitale e vibrante, perché in essa ha radici ovunque a restituirgli l’identità che sempre va cercando: su quelle strade, su quei ponti e nell’intrico di quell’architettura così romantica e schiva. Lui le somiglia.

Raccoglie briciole di vita parigina, passeggiando e lasciandosi toccare da quei luoghi che definisce “privilegiati”, secondo la concezione surrealista che vede la città rivelarsi all’artista in un rapporto che rasenta uno stato d’alterazione, portandolo al di fuori della dimensione ordinaria. Briciole di significato, di significanza, che riconduce a se stesso. Mescolando le tessere del suo io più profondo tentando di ricostruire l’immagine di sé più veridica.

Allo stesso modo mescola i passi dei suoi racconti: Rayuela comprende una serie non lineare di segmenti di storie, rayuela-julio-cortazar-rayuela1che attingono proprio all’ambiente multiforme parigino e in esso si muovono. I protagonisti, Oliveira e la Maga, si cercano e rincorrono tra le vie e le articolazioni della ‘ville mitique’ come srotolando infiniti fili che vanno ad esplorare tutta la possibile ampiezza dell’esperienza umana, dei sentimenti e dell’avvenire, indagando la vita e i suoi fenomeni interni in modo labirintico e cristallino insieme.

Di Parigi si nutre Cortázar avidamente, e ne coglie l’essenza arrivando ad impigliarsi in essa in maniera inesorabile: riscopre la sua origine per affinità nella nazionalità francese, nella lingua e cultura e nella sua pronuncia così appassionata e viva: nella erre che finalmente si sente a suo agio, quella erre – così strana per un ispanofono, sebbene nato a Bruxelles – che forse da sempre fu francese.

Mi pronunciación del español consternaría cualquier foniatra.

«La mia pronuncia dello spagnolo getterebbe nello sconforto qualsiasi foniatra. Non dimenticherò mai che quando venni a Parigi, nel ‘51, mi guadagnavo da vivere come speaker de “Les Actualités françaises”- in spagnolo, chiaro – finché un giorno arrivò una lettera del commissionario dal Messico, che diceva che se non si fossero disfatti di quello speaker immediatamente, loro si sarebbero tirati fuori da “Les Actualités”. Per cui persi la mia primaria – e abbastanza necessaria – fonte di introiti di quel periodo».

Caminar por París significa avanzar hacia mí.

«Camminare a Parigi è camminare verso di me».

Pont Neuf. Estremità occidentale dell’Île de la Cité.
Mezzanotte. Accanto alla famosa statua di Henri IV, quell’uomo-lume si accinge a rimettersi in cammino. Tornerà verso la casa che gli corrisponde, nel decimo arrondissement, rue Martel 4. Si riimmetterà nel flusso della gente che abita scrosciante quelle strade, quei ponti, e tutti quei passi sospesi quasi liberi da ogni logica, continuerà a raccogliere tutte le espressioni della natura del vivere come si manifestano e plasmano in quel luogo così privilegiato. Ma non ancora.

Adesso si incammina verso il quindicesimo arrondissement: verso Montparnasse, dov’è la tomba che lo ricorda e sorveglia, per farsi visita e ritrovandosi raccontarsi cos’è che ancora oggi tiene in vita Parigi. I suoi passi si andranno a sovrapporre a quelli del suo Oliveira, la cui storia trova fine presso il cimitero.

A la altura del cementerio de Montparnasse, después de hacer una bolita, Oliveira calculó atentamente y mandó a las adivinas a juntarse con Baudelaire del otro lado de la tapia, con Devéria, con Aloysius Bertrand, con gentes dignas de que las videntes les miraran las manos.

All’altezza del cimitero di Montparnasse, dopo averne fatto una pallina, Oliveira calcolò attentamente e mandò le indovine a raggiungere Baudelaire dall’altra parte del muro, con Devéria, con Aloysius Bertrand, con persone degne di farsi leggere le mani dalle veggenti.

Rayuela (capítulo 155)

In quel cimitero, dove si concentra tutto il mistero e la suggestione della città che gli respira attorno, ha fine anche la storia di Julio Cortázar, dal 1984.
Forse. O non ancora?


 

Articolo a cura di Elena Cappai