Francesca Belfiore
pubblicato 2 settimane fa in L'angolo russo

“Quanto manca alla sera”

la fiaba contemporanea di Evgenija Nekrasova

“Quanto manca alla sera”

Quanto manca alla sera (Kalečina-Malečina, edito da Atmosphere Libri nel 2020, a cura di Francesca Biagini) è la prima opera di Evgenija Nekrasova pubblicata in traduzione italiana. La protagonista è Katja, una bambina che vive insieme ai suoi genitori nei sobborghi di Mosca. All’inizio del racconto, la vita di Katja è tormentata da mille preoccupazioni: va male a scuola, non ha amici, ha da poco perso la nonna e i suoi genitori lavorano tanto e non possono dedicarle il tempo che lei vorrebbe. Inoltre, succedono delle cose molto strane nel suo piccolo appartamento in un vecchio palazzo sovietico: Katja si sveglia con i capelli tutti annodati anche se li aveva pettinati accuratamente la sera prima, spariscono gli oggetti, si crea sempre un gran disordine. Si accumulano quindi frustrazioni su frustrazioni, che per una bambina sola come Katja sono difficili da gestire, tanto che la sommergono. Tutto cambia però quando Katja scopre la presenza di una Kikimora, uno spiritello domestico protagonista di tante storie del folklore slavo. Questa «mezzavecchietta-mezzabambina» l’accompagnerà in un viaggio tortuoso verso l’inizio della vita adulta.

Nonostante l’ambientazione contemporanea, la storia della piccola Katja ha tutti gli elementi canonici della fiaba tradizionale: gli eventi iniziali avversi che rompono l’equilibrio, l’incontro con un “aiutante magico” che assiste il protagonista durante le sue peripezie, e infine lo scioglimento della vicenda e il reinserimento del protagonista. Per il connubio tra ambientazione contemporanea e folklore, il romanzo di Evgenija Nekrasova è stato inserito nella corrente del realismo magico. Questa è una definizione che piace alla stessa autrice, che però aggiunge un aggettivo in più: realismo magico sociale. La storia di Katja, infatti, diventa ancora più soffocante perché è inserita nel contesto della periferia moscovita, dove ogni cosa è ferma, immobile, sempre uguale e non sembra esserci via d’uscita. La casa, la scuola, tutti gli ambienti di Katja sono prigioni e tutti quelli che li abitano sono paralizzati nella loro condizione. È proprio la comparsa della Kikimora a cambiare, finalmente, le sorti della bambina, che sembrava già condannata a una vita mediocre e infelice.

Nel folklore slavo, la Kikimora è uno spirito malvagio che risiede nelle case. È di sesso femminile e viene spesso raffigurata come una vecchietta piccolissima e brutta, dal naso a forma di becco e vestita di stracci. La Kikimora è uno spirito molto dispettoso e prende di mira soprattutto chi non cura la propria casa, ma sa anche essere gentile e servizievole con chi lo merita. Nel racconto di Nekrasova, la Kikimora perde la sua connotazione negativa, e anzi ricopre il ruolo dell’aiutante magico alla perfezione, perché è proprio grazie a lei che Katja si scopre capace di fare cose che credeva impossibili.

Proprio come nelle fiabe, il mondo di Katja viene plasmato dalla sua percezione delle cose. Evgenja Nekrasova è bravissima a tradurre i sentimenti della bambina attraverso gli oggetti e i personaggi che la circondano. Come in questo passaggio, dove la paura si anima e diventa un essere strisciante pronta ad afferrarla:

La paura la guardava attraverso il vetro smerigliato. Perché poi il papà aveva voluto mettere proprio quelle porte? Per la paura era lo stesso, era liquida, strisciò tra il pavimento e la tavola di legno. Katja indietreggiò verso la finestra, al sole. Di colpo nel corridoio trillò il telefono. Katja si passò una mano tra i grovigli dei capelli. Il telefono continuava a trillare. La paura si girò, Katja spalancò la porta, scavalcò di corsa la sua testa e si fermò a un metro dalla fonte del trillo. E se fosse stata la mamma? Ma no, come la mamma, se Katja avrebbe dovuto essere ancora a scuola. Oppure la mamma aveva telefonato in sala insegnanti e in qualche modo aveva saputo che Katja era andata via. Il telefono saltellava, Katja sentì un solletichio al tallone senza ciabatta, si girò, vide la paura che si avvicinava strisciando e prese la cornetta.

La sperimentazione di Evgenja Nekrasova non si ferma alle immagini del testo, ma entra nella lingua e l’adatta al linguaggio di una bambina di nove anni un po’ sopra le righe. Così, per esempio, la maestra che le fa tanta paura diventa una «maestrosaura», che «ruggisce in rima» e afferra i diari degli alunni con i suoi «tentacoli».

La traduzione di Francesca Biagini riesce molto bene nella trasposizione di questi neologismi e storpiature, ma è anche molto acuta nell’adattamento dei riferimenti culturali, presenti già nel titolo. Infatti, il titolo russo è Kalečina-Malečina, che riprende i versi di un libro del 1907, che la Kikimora ripete sempre nel racconto: «Malečina-kalečina, skol’ časov do večera?», in italiano: «Ramettina-Fuscellina, di’ sincera, quanto manca alla sera?». La semplice trasposizione del titolo russo non avrebbe avuto alcun effetto nel lettore italiano, mentre così si viene subito introdotti in quello che è poi uno dei temi centrali del romanzo, quello della sera – che incarna le paure che la bambina dovrà superare.

Quanto manca alla sera è una lettura estremamente scorrevole, ma non per questo poco profonda. Il mondo di Katja è un mondo fragile e allo stesso tempo pieno di magia, dove la disperazione fa nascere realtà belle e inaspettate.