Lucio Gava
pubblicato 7 anni fa in Cinema e serie tv

La caduta degli dei

Jodorowsky e le alchimie salvifiche

La caduta degli dei

Non si riscopre nulla a rivedere ciò che già si conosce. Meglio, leggendo, si ha l’opportunità di ribadire sulla carta ciò che da sempre abbiamo vissuto, pensato in maniera più o meno consapevole.
Quindi, riguardando per la prima volta una delle opere del poliedrico artista cileno Alejandro Jodorowsky, cileno naturalizzato francese, e più precisamente ciò che di più conosciuto egli ha creato, ovvero le pellicole “El Topo” del 1970 e “La montagna sacra” del 1973, entriamo in una dimensione simbolica avulsa dagli abituali regni della tradizione cristiana e, se Alejandro vi prende parte, è senza mezzi termini per dissacrare; abbatte, distrugge, immola cristi e madonne, si veda il plurale, per far spazio al mondo simbolico che più a lui preme, ovvero il mondo dei tarocchi, della cabala, della trasformazione alchemica; un mondo dove ciò che è sempre stato sembrerebbe non contare più, disponibile ad essere immolato per tentare quella scalata assurda, super umana, alla vetta del proprio Sé.

Questo è ciò che avviene in “La montagna sacra”, mentre  “El Topo” è un western in chiave spirituale, una realizzazione tramite le pistole dell’anima dove abbondano le presenze di storpi, deformi e reietti civili, quasi a ricordarci quale in fondo è la nostra natura preminente.
Viene esaltata una realtà scarsamente lineare e scientifica, una possibile alternativa al razionalismo, spesso dogmatico, tipico dell’Occidente. Ne salta fuori, anzi, si rimane impigliati in un limbo di magia, misticismo, comicità e psicomagia; certo, la “Psicomagia. Una terapia panica”, pubblicato per Feltrinelli nel 1997, dove Jodo, per noi quasi un amico,  conversando con Gilles Farcet, ci spiega qual è l’alternativa alla psicoanalisi, poco più che un dotta precettistica, quest’ultima.
Ci dice che le menzogne artistiche e l’inganno, il sacro inganno praticato dai guaritori cileni e da lui stesso in svariate occasioni, altro non è che l’opportunità principe per dialogare con il proprio inconscio e permettergli di lavorare per il proprio bene. I finti interventi chirurgici dei guaritori, la lettura delle carte, la suggestione successiva all’ascolto, si riesce ad accedere alla parte più recondita e più potente della psiche umana. Grazie ad azioni illogiche e assurde, si permette al paziente di regredire fino al proprio blocco, per superarlo.

Come può la stessa persona essere un guaritore, un cineasta, un poeta, un fumettista? Può e non può, qui sta l’abilità di Jodorowsky di essere tutto e niente, di smascherare l’arte dei suoi film, come fa alla fine de “La montagna sacra”, di giocare sul limite diventato improvvisamente labile di sacralità e profanazione, di realtà e sogno. Ma non solo, Jodo ci ricorda che in fondo al nostro cuore già conoscevamo ogni risposta, già potevamo guarirci, crearci, ricrearci da noi stessi come dei piccoli dei, sarebbe solo bastato il coraggio di illuderci ancora o cessare di illuderci, per raggiungere il fine ultimo, nobile, di ogni vita artistica spesa bene, la consapevolezza di Sé, il ritorno primo alla situazione di non-mente che già conoscevamo alla nascita. Jodo ricorda, noi con lui.

 

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