“A Londra con Virginia Woolf” di Cristina Marconi
Nelle settimane centrali della stesura di questo libro, mi sono ritrovata a passeggiare per i quartieri che Virginia amava, trovandoli avvolti in un silenzio minerale. E ho immaginato il dispiacere che lei avrebbe provato.
Chiunque abbia letto e approfondito la figura di Virginia Woolf sa quanto sia stata centrale la città di Londra nella sua vita, nel suo immaginario e nella sua produzione letteraria. La capitale non è solo il luogo in cui la scrittrice è nata e cresciuta, in cui ha intrecciato le relazioni più importanti e ha costruito la sua carriera – è anche, e soprattutto, il suo posto nel mondo. La realtà viva della metropoli l’ha sempre attirata: si perdeva nei brusii di sottofondo, nella marea della folla, nelle strade troppo rumorose e nei continui stimoli che le si presentavano a ogni angolo. Londra era un tumulto di emozioni che la meravigliava e la consumava – come un fuoco che scalda e brucia al tempo stesso.
In A Londra con Virginia Woolf (Giulio Perrone Editore, 2021), Cristina Marconi restituisce questa profonda e indelebile connessione tra la scrittrice e la sua città natale. Il tutto prende la forma di una lunga passeggiata spazio-temporale: il viaggio ripercorre le tappe principali della vita di Woolf, ma si snoda anche attraverso gli edifici e i quartieri che hanno segnato la sua permanenza a Londra, in un abile e continuo cambio di prospettiva tra passato e presente. Il libro può essere letto infatti anche come una cartina geografica: la minuzia usata nel descrivere i più piccoli dettagli ci trasporta nei luoghi descritti, ed è facile immaginare di camminare fisicamente per le strade londinesi alla ricerca di quegli stessi palazzi, quartieri e parchi che la scrittrice amava così tanto.
Oggi molte cose sono diverse: alcuni edifici sono cambiati, altri non esistono più, su altri ancora campeggiano le cosiddette “targhe blu” per commemorare chi lì ha passato almeno parte del suo tempo. La Londra di Cristina Marconi non è più esattamente quella di Virginia Woolf, ma questa lunga passeggiata riesce a rievocarne molte sensazioni.
Il libro si configura quindi come una topografia della capitale inglese vista dalla prospettiva della grande scrittrice, delineando un percorso ben preciso che tocca tutti i luoghi più importanti per lei – dalla nascita alla morte. Questa stessa strada ha però anche un altro scopo: quello di raccogliere tutte le impressioni, i pensieri e le emozioni di Woolf nella città, riordinandoli in una sorta di diario di viaggio lungo tutta la sua vita – e, per lei, «Londra e vita sono quasi sinonimi». Quando i medici le impongono di andare in campagna a fronte degli evidenti peggioramenti della sua salute mentale, Virginia «trova che la cura sia peggiore della malattia»: portarla via dalla metropoli significava spegnere la sua anima.
Per raccontare questo rapporto così stretto – quasi simbiotico – Cristina Marconi lascia molto spazio alle parole della stessa Virginia. Attraverso le numerose citazioni tratte dai suoi romanzi o dai suoi diari, vengono descritti fedelmente non solo i quartieri londinesi e le atmosfere cittadine, ma anche tutto ciò che suscitavano nell’animo della scrittrice: cosa pensava, cosa ricordava, cosa immaginava. In questo modo, il personaggio di Woolf viene calato nella sua veste più umana – non c’è idealizzazione, un rischio che si incontra spesso quando si narra di grandi personalità del passato.
La storia della scrittrice viene assemblata sulla pagina a partire proprio da come lei l’ha vissuta: è con i suoi occhi che guardiamo Londra e attraverso le sue parole che la immaginiamo. Per inquadrare meglio il tutto, spesso Marconi fornisce anche un contesto storico molto dettagliato – a volte, però, esso risulta superfluo: l’abbondanza di particolari ricorda un approccio manualistico, che si scontra con la dimensione narrativa del viaggio e della vita.
In A Londra con Virginia Woolf, la cronologia degli eventi viene solamente usata come base per raccontare una storia diversa, in cui la città è protagonista tanto quanto la scrittrice: le due sembrano crescere insieme e insieme cambiare, a volte perdendosi ma ritrovandosi sempre. Londra è un punto cardine per Woolf, tanto che diventa una presenza costante anche nella sua produzione letteraria.
In Orlando la città è in continuo mutamento, fluida come le emozioni di chi la vive; in Gita al Faro rappresenta «l’immortalità del ricordo anche nel pulsare della vita»; ne La Signora Dalloway si configura come il modo di sopravvivere alla morte in tutto ciò che si muove e vive intorno a sé. Tutti questi aspetti della città sono sfaccettature dell’animo di Virginia, che nell’ambiente riconosce le sue stesse luci e ombre: come Clarissa Dalloway, lei sa che «in qualche modo, per le strade di Londra, nel flusso e riflusso delle cose, qua, là, lei sopravviverebbe».
Se si vuole conoscere più in profondità il personaggio di Virginia Woolf, un ottimo punto di partenza è la sua città: il centro gravitazionale attorno cui ruotava la sua vita, ma anche il suo immaginario di scrittrice. Negli stessi luoghi in cui ha vissuto, ha scritto e ha amato, ci sono ancora le sue tracce – le stesse che Cristina Marconi ha raccolto e mappato – che sono visibili vagando per la capitale, o sfogliando le pagine dei suoi scritti. Tutto inizia al 22 di Hyde Park Gate, in quella stanza tutta per sé da cui Virginia ha imparato a osservare l’esterno, trovando una profonda connessione che trascende il tempo e lo spazio.
Londra è un incanto. Esco e poso il piede su un magico tappeto bronzeo, e mi trovo rapita, nella bellezza, senza neppure alzare un dito.
Così Woolf descriveva la città nei suoi diari – ed è proprio lì che è poi rimasta, fino alla fine della sua vita e anche oltre. Ancora oggi, come fa ben presente Cristina Marconi, è facile ritrovarla in tutto «quello che amava; la vita; Londra; questo momento di giugno».