“Bastardi senza gloria”: la vera storia
Bastardi senza gloria è il titolo di un film di Quentin Tarantino del 2009 che vanta la presenza di grandi attori come Brad Pitt e Christoph Waltz. Il film narra le gesta di un gruppo composto da ebrei e “traditori” dei nazisti, raccolti in una squadra speciale dell’esercito americano, inviati dietro le linee nemiche per diffondere il panico con una serie di operazioni di Intelligence. Questa storia, però, non è solo frutto della fantasia e del genio di Tarantino ma ispirata a eventi realmente accaduti.
Siamo nei primi mesi del 1945: la Germania sta soccombendo, accerchiata da ogni parte. Uno dei valichi più importanti ma, allo stesso tempo, difficili da conquistare, è il Brennero dove, unito alle impervie condizioni climatiche, si unisce lo spirito di una regione che ha visto la nascita del partito nazista e che pullula dei suoi rappresentanti più fedeli: uomini come Franz Hofer, amico di Adolf Hitler, divenuto Gauleiter, capo del partito nella regione, del Tirolo, e capo della Gestapo (l’Hans Landa del film). L’OSS, Office of Strategic Service, antesignano della CIA, organizza un’operazione, ribattezzata Greenup, con l’obiettivo di distruggere, dall’interno, la perfetta organizzazione tedesca intorno alla città di Innsbruck, controllare il Brennero e raccogliere informazioni sulla linea di difesa alpina, inviando uomini che parlano in perfetto tedesco, con inflessione tipica della zona. Gli uomini scelti per questa operazione furono Hans Wijnberg, un ebreo olandese esperto in telecomunicazioni, e Fred Mayer, un ebreo madrelingua tedesco, costretto a fuggire dalla Germania per l’operato della Gestapo. A completare il gruppo, con funzioni logistiche, Franz Weber, un ex ufficiale della Wehrmacht austriaca che odia i nazisti (nel film è Hugo Stiglitz), un alleato interno alle fila nemiche, e Allen Welsh Dulles, futuro capo della CIA, in quel momento referente dell’OSS a Berna.
La missione era pronta ma tutte le aree d’atterraggio nella zona erano controllate dai tedeschi; così, dopo due tentativi fallimentari, si decise di paracadutare gli agenti ebrei nello spazio tra due montagne molto vicine, dove le condizioni climatiche rendevano difficile qualsiasi operazione. I due agenti arrivarono a terra nella notte del 26 febbraio ma, nell’atterraggio, persero la sacca con gli sci e furono costretti a camminare, per svariati chilometri, con la neve fino alla cintola. Dopo alcuni giorni di cammino, arrivarono prima alla Malga Amberger, dove stabilirono un campo base e una stazione radio e, dopo qualche altro giorno, finalmente a Oberperfuss, paese natale di Weber dove, aiutati dalla sua famiglia, diedero il via alle operazioni: Mayer riuscì a farsi passare per un ufficiale dell’esercito tedesco, grazie ad una divisa rubata e documenti falsi, e a stabilirsi nella caserma ufficiali di Innsbruck, raccogliendo numerose informazioni inviate poi da Wijnberg via radio al comando alleato di Bari. Grazie al gioco di squadra, i tre uomini riuscirono a indebolire notevolmente le linee tedesche e più volte, in interviste successive, sottolinearono come l’empatia e la fiducia nel gruppo fosse alla base della loro forza.
Hans Wijnberg disse in proposito: “Franz era un devoto cattolico, Freddy ed io ebrei, ma non abbiamo mai avuto problemi a fidarci l’uno dell’altro”.
A Mayer fu ordinato, dopo tre mesi passati a fingersi ufficiale, di infiltrarsi in una fabbrica sotterranea di aerei Messerschmitt Me 262, i primissimi aerei a reazione del mondo, che stavano mettendo a dura prova l’aviazione alleata e che andavano fermati a tutti i costi! Il piano ideato era semplice: Mayer doveva fingersi un elettricista della Francia filotedesca di Vichy, desideroso di allontanarsi dal fronte russo (dove era presente la Charlemagne, una divisione di SS composta interamente da volontari francesi), con lo scopo di sabotare quanti più aerei possibili. Tutto procedeva secondo i piani ma, durante un turno di lavoro, improvvisamente, Mayer fu circondato da uomini della Gestapo che lo arrestarono! A tradirlo, un uomo del mercato nero e collaboratore dei servizi segreti che, torturato dalle SS, aveva fatto saltare la sua copertura, senza però rivelarne le origini ebraiche. Mayer fu “interrogato”per giorni, fu spogliato (un giovane membro della Gestapo vide il pene circonciso ma, quando lo fece notare, fu immediatamente screditato dal suo superiore che riteneva impossibile che un ebreo tornasse in Germania come spia americana!), picchiato, torturato, fisicamente e psicologicamente, ma rimase nella parte, rispondendo solo in francese alle numerose domande fatte dai suoi aguzzini riguardo il secondo uomo della missione (l’operatore radio); solo dopo che gli uomini della Gestapo gli mostrarono colui che lo aveva tradito, ammise di essere tedesco ma, per difendere l’amico Wijnberg, continuò a sostenere di essere solo. Nel frattempo, in un’altra stanza della sede della Gestapo, Hermann Matull, un altro agente segreto americano, del tutto ignaro dell’Operazione Greenup, stava subendo il medesimo trattamento: i tedeschi erano convinti fosse lui l’operatore radio che cercavano e, nel tentativo di farlo parlare, gli mostrarono la foto di Mayer con il volto gonfio e tumefatto per le torture subite. Matull era sul punto di crollare dal dolore e, nella disperazione del momento, decise di placare i nazisti con una storia che, seppur falsa, potesse dar loro qualcosa sulla quale lavorare: disse che quello nella foto era un pezzo grosso dell’OSS, che non doveva assolutamente essere fucilato per la sua importanza e che poteva essere interrogato solo da un ufficiale di alto grado, ribaltando involontariamente e favorevolmente la posizione di Mayer. Matull consigliò di far trattare con l’agente americano il Gauleiter Franz Hofer. Hofer sapeva che la Germania era ormai condannata alla sconfitta e, terrorizzato dall’idea di essere recluso in un Gulag sovietico, stava cercando un modo per arrendersi agli alleati. Ordinò allora che Mayer fosse portato a casa sua e, dopo avergli presentato sua moglie e Rudolf Rahn, ambasciatore tedesco nella R.S.I. di Mussolini, lo invitò a prendere posto per la cena ad una tavola allestita con pietanze squisite. Mayer inizialmente pensò ad una nuova mossa dei tedeschi per estorcergli informazioni ma, dopo qualche ora, si rese conto che i commensali stavano realmente trattando la resa con lui! Decise allora di fare ciò che gli riusciva meglio: interpretare una parte, quella del fantomatico pezzo grosso con cui Hofer credeva di parlare. L’agente americano lo convinse a dichiarare Innsbruck città aperta e firmare la resa incondizionata in cambio di un trattamento di favore e, avendo necessità di contattare il comando senza rivelare l’identità di Wijnberg (il vero operatore radio), disse a Rahn di consegnare un messaggio a Allen Welsh Dulles a Berna. Dulles, ricevuto il messaggio, lo girò al comando in Italia. Il 3 maggio 1945, la 103° divisione americana entrò nella città di Innsbruck sotto la guida del Maggiore Bland West, un ufficiale legato ai servizi segreti che aveva il potere di trattare la resa tedesca nella zona. West vide avvicinarsi una macchina civile con una grande bandiera bianca: al suo interno, un giovane sergente dal volto gonfio e tumefatto che, con aria serena, disse: “ Sono il sergente Fred Mayer dell’OSS, sono venuto a prendere il Maggiore Bland West per comunicargli la resa della Germania”.
Franz Hofer scoprì così di essersi arreso, paradossalmente, ad un semplice sergente americano, ad un “traditore” della Germania, ad un ebreo tedesco emigrato … per sfuggire a uomini come lui.
Mayer e Wijnberg, dopo aver condotto vite separate tra Stati Uniti e Olanda, nel 2011 si sono incontrati nuovamente via webcam durante le riprese di un documentario televisivo. Hans Wijnberg, forse anche per la grande emozione di rivedere l’uomo con il quale aveva condiviso l’ora più difficile della sua vita, è morto il giorno dopo le riprese. Mayer invece, dopo aver ricevuto una lettera di ringraziamento nel 2014 da parte del Presidente Obama per il servizio svolto durante la Seconda Guerra Mondiale, si è spento nel 2016.
Le Fonti
Libri:
Patrick O’Donnel, They Dared Return: The true story of Jewish Spies Behind the lines in Nazi Germany, Da Capo Press, 2009
Video:
Rai Storia, ecco chi erano i veri Bastardi senza Gloria di Quentin Tarantino, 17 aprile 2014
History Channel, The real Inglorious Bastards, Novembre 2012
L’immagine di copertina proviene da: http://www.tt.com/panorama/gesellschaft/9676390-91/echte-inglorious-basterds-in-tirol.csp