Ludovica Valentino
pubblicato 8 anni fa in Letteratura

Dürrenmatt e il nostro tempo

o come l'uomo verrà sconfitto dal caso

Dürrenmatt e il nostro tempo

Non vi è più un Dio che incomba, una giustizia, un fato come nella Quinta Sinfonia; la minaccia viene dagli incidenti stradali, da dighe che crollano per difetti di costruzione, dallo scoppio di fabbriche di bombe atomiche per la distrazione di un addetto ai laboratori, dall’errata regolazione di incubatrici. La nostra strada passa per questo mondo di contrattempi (…)

Dio è morto, forse non è mai esistito, questa è la sensazione che ci assale leggendo Friedrich Dürrenmatt.
Dürrenmatt, artista poliedrico e brillante, nello scorso secolo ha lavorato a diverse opere con il non troppo sottile intento di mostrare come l’esistenza dell’uomo si componga di pressoché infinite decisioni, vincoli morali, certezze, subordinate irrimediabilmente all’invincibilità di un caso pervasivo e ineluttabile.

Dürrenmatt scopre le carte in tavola e senza indugi esibisce il fallimento degli intenti umani. Le congetture della ragione, così come l’incrollabile fede e la moralità più ferrea, nulla possono di fronte alla realtà.

Si prendano in riferimento gli avvenimenti ai quali è legato il commissario Matthäi de La promessa o il destino di Alfredo Traps, protagonista del romanzo La panne. Una storia ancora possibile.

La verità verrà preclusa ai processi morali dell’uomo, accessibile solo sotto le forme imposte dal caso e la giustizia si sottrarrà tragicamente a qualsiasi specie di nobiltà d’intenti.

Perché un l’autore pensa al genere giallo per veicolare una simile impronta di pensiero?
Probabilmente perché lo stesso genere giallo, con le sue strutture e regole codificate e ben precise, è esso stesso metafora di una società costruita e veicolata dall’uomo a misura dell’uomo stesso.

Ciò che rende la metafora ancor più efficace è il fallimento di tutto questo complesso sistema, il requiem, per avvicinarci all’autore, che si ascolta nel silenzio di un finale talmente funesto da risultare inevitabile.

Dunque, se esiste un Dio è lui stesso in balia di qualcosa di incontrollabile, il che rende mutila la sua onnipotenza, ai limiti di un pensiero che riesce ad andare oltre il paradossale.
Dio è distratto, è inerme, disarmato tanto quanto noi nell’osservare una realtà che nega la giustizia e la verità in ragione di una incombente tirannia della combinazione.http://www.oocities.org/it/claupalm/Testi/Images/i_fisici.jpg

A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta Dürrenmatt firma una brillante commedia dai risvolti grotteschi: I fisici. Il perché di questo genere si lega nuovamente ad un risvolto teorico fondamentale per la comprensione dell’intera opera. Leggiamo, nei Problemi di teatro del 1955:

La tragedia presuppone colpa, necessità, misura, visuale, responsabilità. Nel gran pasticcio del nostro secolo, in questo squallido finale della razza bianca, non ci sono più né colpevoli né responsabili. Nessuno può farci niente, nessuno l’ha voluto […]. Per noi, l’unica possibilità è la commedia.

È quindi di nuovo un senso di esaurimento che Dürrenmatt percepisce nella tradizione letteraria di alcuni generi a portarlo a sperimentarne i codici fino al limite dell’inverosimile. Ma non c’è nulla di irragionevole nella sua intera opera se si tengono ben presenti i presupposti ideali sopra i quali muove la sua penna.

Tenere in considerazione la provenienza di Dürrenmatt è inoltre fondamentale. L’autore proviene dalla Svizzera, come tutti i connazionali ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale da una prospettiva neutrale. Durante gli anni cruciali segnati dalle politiche del regime nazista la Svizzera diventa porto franco nel quale diversi profughi riescono a trovare rifugio. Ma il mito svizzero del soccorso verrà presto messo in discussione e nell’intera opera dell’autore sarà estremamente rilevante l’immagine dell’individuo in balia di un mondo tragico nel quale i grandi numeri sembrano aver escluso ad ogni individuo la possibilità di fare la differenza.

Il presunto cinismo spietato di Dürrenmatt è dunque forse solo una forma di disincantata fede del nostro tempo e così come un’opera sui fisici, non può avere per obiettivo il contenuto della fisica, ma solo i suoi effetti, un’opera sul caso non è in grado di esaurirne il significato stesso, ma può efficacemente mostrare come questo intervenga nel corso della nostra esistenza.