Holenia e le sue divagazioni filosofiche sul destino
Siamo nel periodo postbellico, anni ’20, quando la caduta dell’impero austro-ungarico trova a mendicare un filo narrativo in cui emergono pensieri post-filosofici sulla vita; è questa l’essenza del romanzo “Due Sicilie” di Alexander Lernet-Holenia (1897-1976) che Adelphi ha ripubblicato proprio un anno fa.
Coloro che appartenevano al reggimento “Il Re delle Due Sicilie” erano “Sizilien-Ulanen”, ovvero ulani siciliani, e al crollo dell’impero, quel reggimento non esiste più. Il colonello Rochonville, cinque ufficiali e un sottufficiale sono i soli sopravvissuti. Durante un ricevimento nella Vienna decaduta uno di loro, Engelshausen, viene trovato morto, la faccia rivolta al soffitto e il collo torto, dicono “come fa il diavolo quando viene a prendere qualcuno”, un enigma per i compagni e la polizia.
Interessanti sembianze del thriller sembrerebbe questo romanzo, ma questa è soltanto una logistica pretesa della trama adottata da Holenia per parlare di altro, come disse Georges Bataille “della vita fin dentro la morte” in quel capolavoro che è “L’erotismo”. Quest’ opera è forse la più matura dell’autore austriaco dove con ferale capacità di intrattenimento giallista si sviluppa in una narrazione che continua a fluttuare in modo leggero fino a diventare una propria visione filosofica sul concetto di destino e della morte. I personaggi che popolano il racconto sono quasi senza emozioni, si direbbe (per chi spettatore di facile rassegnazione) che essi non siano abilmente caratterizzati ma questo non per forza deve essere visto come la “pecca” perché c’è qualcos’altro oltre il filo narrativo in cui si svolge la storia: il traballare tra l’onirico ed il metafisico con una sottile vena drammatica esistenziale che è in grado di far riflettere il lettore a farsi delle domande; Come governa il destino la nostra vita? Non sappiamo come governa ma possiamo sapere con quali strumenti lo fa, strumenti del tutto naturali e che nulla di più incredibile può accadere senza strumenti naturali.
Se la natura potesse essere regolare, ogni evento procederebbe in modo regolare. Ma dato che nulla è regolare, anche gli eventi sono irregolari, e a questa irregolarità degli eventi noi diamo il nome di destino.
In questo romanzo inoltre sorprendentemente ho percepito un’immobilità data dal tempo.
Che cos’è il tempo? “Il tempo in sé non c’è – ma può esserci”, ci spiega Holenia, “quel che conta è non accorgersi che c’è perché accorgendosene è sgradevole ed è meglio dimenticare, terribile è che ci sfugga fra le dita o che non cessi di durare il tempo.”
È quindi un restare immobili mentre il tempo scorre e quell’orologio non smette di ticchettare e con questa visione sconsolata della vita, del suo procedere, neppure il rifugio nel sogno ci viene concesso perché è un continuo susseguirsi di avvenimenti percepiti non come un fine ma come un’eccezione che sono il contenitore di altre perturbazioni. Se la realtà in cui viviamo è così disperata la narrazione di Lernet-Holenia riguardo lo spirito (quindi il sogno) è altrettanto disperata, di una disperazione non in grado di relazionarsi con sé stessa né con quello che la circonda e quindi è più facile la morte se ci si accorge che la morte è parte della vita stessa.
Dimentico anzi la vita stessa, come il dormiente dimentica il ragno o la blatta che, prendendo sonno, ha visto sul soffitto – e al suo risveglio gli animaletti si sono spostati e sono oramai altrove.
Così la vita, come in sonno, mi abbandona.
Come dicevo, oltre alla linea narrativa del thriller, Holenia maestosamente è in grado di fornirci sul precipitare, una chiave che credo prenda il nome (in questo caso) di mistero a differenza dell’“imperdonabile” Gottfried Benn anziché utilizzare una tecnica di pensiero radicale, diretta, usufruisce del caso delle vicende giallistiche per parlarci di qualcosa di più spirituale e profondo come notiamo attraverso queste parole:
Quasi tutto ciò che fu scritto dagli uomini è ancora non scritto. Simile a lettere in cui nessuno ha detto quanto voleva dire è tutto quel che venne scritto –come lettere non scritte
Quanto più celata è una cosa, infatti, tanto più spettrale è il tentativo di emergere per varcare nuove soglie. Cosa potrebbe mai essere il fatto che mentre noi stiamo scrivendo o pensando, a volte, sembra aprirsi un varco nella scrittura come da calami intinti nell’ombra. Mistero. È in quel momento che avviene l’inspiegabile o la chiarezza di un sogno, una possibile risposta a domande a cui non abbiamo mai saputo rispondere come d’esempio: “che cosa c’è dopo la morte?“. A questo Holenia potrebbe risponderci giacché trapassato:
È dovunque, sotto gli alberi, brulicavano figure incerte. Imbruniva, e la luna di tre quarti stava sospesa nell’aria plumbea come una moneta d’oro incurvata. E in quel crepuscolo le ombre continuavano a cercare.
Infine, in questo romanzo abbiamo un piano di lettura vastissimo quasi cercassimo noi stessi la via del trapasso, però in diverse direzioni e credo basti forse lasciarsi trasportare da questi aloni del mistero per vedere le cose da diverse prospettive. L’autore in questo libro sembra quasi fosse in agonia con sé stesso tanto sono alte le sue divagazioni sulla morte, perché a volte la vita stessa non ci basta, no, si ha bisogno di esplorare –prepararsi a partire e radunare quelle armi per fare i conti con l’Io dell’essere. E forse allora sarà l’ora che anche i morti sprofondino.
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