Ingoiare Lisbona
Alessio Romano, D’amore e baccalà
Si tratta di una città portatrice di mistero, perché nella sua geometria il suo narratore ha posto il mistero dell’esistenza. (Ferdinando Pessoa)
Se è vero che il narratore del mondo ha posto il mistero dell’esistenza tra le vertiginose vie di Lisbona, allo stesso modo sembra aver custodito nelle parole di Ferdinando Pessoa la chiave per risolvere l’enigma. Salvo poi scoprire, repentinamente, che il mistero non ha mai avuto alcuna soluzione.
Questo lo sa bene Alessio Romano, il giovane autore abruzzese di uno dei libri contemporanei più poliedrici e innovativi sulla capitale portoghese: D’amore e baccalà (EDT, 2018). Il titolo ci anticipa immediatamente l’obiettivo del romanzo: descrivere Lisbona attraverso i piatti della sua cucina tradizionale. Ci troviamo infatti di fronte a un diario di bordo, talvolta a un sogno lucido, a un romanzo che oscilla tra il realismo magico e la narrativa di viaggio.
Quando questo testo mi capitò tra le mani, non era passato nemmeno un anno dalla mia ultima visita a Lisbona. Mi chiesi profondamente quale fosse il segreto di quello che mi appariva molto più di un’avventura rocambolesca tra la cucina lisbonese e le maestose meraviglie della città. Il compito dell’autore era semplice e, allo stesso tempo, incredibilmente complesso. In che modo raccontare, difatti, uno dei luoghi più sinestetici, oscuri ed onirici dell’intero pianeta? La risposta arrivò immediata: ingoiandolo.
Alessio, l’omonimo protagonista, ha letteralmente ingoiato Lisbona. Ha tracciato con delicatezza e talento la sua storia e le sue peculiarità. Ci ha fatti cadere con lui dal tram 28, quasi come nel celebre film di Fantozzi. Ci ha fatti risvegliare nel letto di Amalia Rodrigues, scoprire l’essenza del Fado e andare a cena con artisti internazionali. Siamo caduti nella cucina della Tasca do Chico e lì abbiamo assaggiato insieme a lui il bacalhau espiritual, una delle cinquanta sfumature del baccalà portoghese. Probabilmente, ci siamo innamorati anche noi dell’indomita Beatriz.
Il Fado è sapere che non si può lottare contro quello che abbiamo. È quello che non possiamo cambiare. È chiedere perché e non sapere perché. È non smettere di domandare e, allo stesso tempo, sapere che non c’è risposta. (Amalia Rodrigues)
Credevamo di conoscere già tutto sui pasteis o sulle acciughe del Portogallo, ma il cibo è l’oggetto più invadente di tutti. Penetra ovunque e significa sempre più di quanto non mostri. A tavola accadono fatti sociali, nelle pietanze si incarna la memoria dei popoli. Avviene il trionfo dell’incontro con l’Altro. Nelle cucine del mondo, laboratori alchemici, si realizza sempre l’arte, per dirla alla Calvino, “di dare rilievo ai sapori con altri sapori”.
Per tale ragione, questo viaggio meta-gastronomico è riuscito nell’arduo compito di dare sapore al sapore di Lisbona. Non resta che assaggiarlo.
Que estranha forma de vida
Tem este meu coração
Vives de forma perdida
Quem lhe daria o condão?
Que estranha forma de vida
Coração independente
Coração que não comando
Vives perdido entre a gente
Teimosamente sangrando
Coração independente.
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