Ludovica Valentino
pubblicato 10 anni fa in Letteratura

Klimt e i pannelli dell’aula magna

Arte, polemiche e distruzione

Klimt e i pannelli dell’aula magna

Nel 1894 Klimt viene ingaggiato, direttamente dal Ministero dell’Istruzione austriaco, per elaborare una serie di tele volte alla decorazione dell’aula magna dell’Università di Vienna.1280-Klimt

Il momento storico è quello della Secessione, caratterizzato da un clima teso e carico di discussioni.
Nel 1900 viene affisso il primo quadro della serie: Filosofia.

In un ambiente dello spazio indefinito una serie di figure umane femminili fluttua priva di peso con sofferenza, in preda alla più totale disperazione, in un ammasso e groviglio di corpi, rappresentano nascita, fecondità e morte.
Alla base del quadro vi è la Sapienza, un volto femminile avvolto in un mantello scuro che carpisce con inquietudine lo sguardo dell’osservatore e celebra la sua gelida onniscienza.
Infine sullo sfondo dalla cupezza onirica del quadro emerge, in semitrasparenza, un viso che comunica indifferenza, rimanendo ad occhi chiusi di fronte al dolore dell’umanità.

Le reazioni non sono unanimemente entusiastiche, anzi, si viene a creare un’articolata polemica attorno alla rappresentazione della materia filosofica da parte dell’artista.

Non troppo curante dei commenti negativi rivolti alla sua creazione, durante l’anno successivo, l’artista propone la seconda grande tela, quella dedicata alla facoltà di Medicina.

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In Medicina: in primo piano, tra le mani e le braccia della figura mitologica di Igea, dea della salute, si aggroviglia un serpente che richiama quello avvolto al bastone di Asclepio, simbolo che fin dalla grecia antica rimanda all’attività curativa.
Sullo sfondo un variegato gruppo di persone, dalla donna, all’anziano, al bambino, viene avvolto dal velo scuro della morte, richiamando l’inevitabilità della fine e il ciclico percorso dell’esistenza.

Immediatamente dopo l’esposizione del pannello la critica feroce si scaglia sull’artista.
Il quadro presenta troppi nudi e soprattutto non mira tanto a celebrare la conoscenza quanto a descrivere la visione velata di pessimismo dell’uomo in balia dell’esistenza costretto a soccombere in silenzio.
Nonostante questo Klimt, stoico, afferma di non provare la necessità di giustificare il suo lavoro, soprattutto dopo aver provato la fatica di realizzarlo.

Nel 1903, perseverando nel suo impiego, termina la composizione del terzo pannello, che decretò per altro la finale rottura con il progetto e le istituzioni.

Giurisprudenza risulta un tripudio di polemica e dolore comunicato dall’artista attraverso le sue pennellate.

Composto su due livelli differenti, in lontananza tre gustav-klimt-la-giurisprudenzadonne incastonate come pietre preziose nel mosaico bizantino rappresentano la Legge, la Verità e la Giustizia.
In primo piano un uomo ripiegato su se stesso, immobilizzato da una piovra che lo avviluppa, soccombe dolorosamente sotto lo sguardo di tre giudici femminili che si accingono a pronunciare il verdetto di colpevolezza.

È abbastanza evidente come, attraverso questa scena, l’artista voglia denunciare la sua stessa condizione di disagio nei confronti dell’alta giuria che condannava la sua arte.
L’ennesima critica volta all’artista sull’erronea interpretazione del tema “Il trionfo della luce sulle tenebre dell’ignoranza” fa sì che si verifichi la definitiva rottura ed il raggiungimento del punto di non ritorno.
Klimt, profondamente ferito ed infuriato da questa continua critica nei confronti del suo lavoro, infine chiese ufficialmente allo Stato di poter ricomprare le sue opere e eliminarle definitivamente dall’esposizione pubblica all’Università.

Nel 1905 dichiarò ufficialmente:

Ne ho abbastanza della censura adesso faccio da me. Desidero liberarmene. Desidero liberarmi da tutte queste stupidaggini che mi ostacolano e mi impediscono di lavorare.

Grazie anche al sostegno economico del suo mecenate August Lederer riuscì a ricomprare le sue tele, ma esse, durante la seconda Guerra Mondiale, per tutela vennero nascoste in un castello, che paradossalmente in seguito subì un devastante incendio, probabilmente appiccato dalla truppe tedesche.

Il drammatico epilogo è intuibile: la perdita totale delle tele nel fuoco imparziale, la trasformazione in cenere tanto dei quadri, quanto delle polemiche ad essi indissolubilmente legate.