Saint-Exupéry, “Il Piccolo Principe”
Cari bambini e cari genitori,
sono sicura che sia sufficiente dire scrittore e aviatore per farvi indovinare di chi parleremo questa volta, e quale libro vi consiglierò di leggere.
Il nostro autore è Antoine de Saint-Exupéry, nato a Lione nel 1900, scrittore che caricò le parole sul suo velivolo e le lasciò volteggiare libere nell’aria prima di tornare lievemente sulla terra.
Antoine è il terzo di cinque figli; nato in una nobile famiglia, perde il padre, il conte Jean, quando aveva solo quattro anni. La sua infanzia prosegue all’interno delle mura di un castello, protetto dalle cure di sua madre, Marie Boyer de Fonscolombe, una pittrice dall’animo sensibile che trasmette al figlio la vena artistica.
Saint-Exupéry Saint – Exupery studia dapprima in un collegio gesuita francese dove si dimostra il più fantasioso degli alunni, ma rivela anche un lato prepotente e viziato; durante la Prima Guerra mondiale prosegue gli studi con il fratello tra la Francia e Svizzera; la separazione dalla madre prima, la morte del fratello poi, uniti al clima di incertezza dell’epoca, contribuirono all’accentuarsi del suo carattere malinconico.
Per certi aspetti si intravede già l’ideatore del Piccolo Principe, che quando è triste guarda il tramonto e arrossisce quando vuole dire sì; che è soprannominato “Pizzicalaluna” perché ha sempre il naso rivolto verso l’alto tra sogni e stelle, che si rammarica di dover crescere e di dover lasciare il tempo dorato dell’infanzia – quando volare è facile perché si è incredibilmente leggeri – per rincorrere i pensieri pesanti degli uomini adulti che ti tengono ancorato a terra.
È lui stesso ad affermare in una sua lettera che «C’è una cosa che mi rattristerà sempre, ed è di essere diventato grande»”.
Nel 1921, dopo essere stato respinto all’esame di ingresso della Scuola navale, ottiene il brevetto di pilota civile e militare; è nel suo destino volare, destreggiarsi tra i venti e le nuvole, solcare i cieli alla ricerca di quell’animo fanciullesco che tanto gli è caro, lanciarsi in imprese ancora nuove per l’umanità.
Nel 1926 viene assunto dalla Compagnia Generale di Imprese Aeronautiche Latécoère, poi Aeropostale. Antoine consegna lettere volando da Tolosa a Dakar: è già poesia immaginarlo sul suo velivolo carico di storie e parole che sfidano enormi distanze per arrivare a chi le aspetta, per trasformare la lontananza in vicinanza, per rispondere alla necessità di comunicare sempre e ad ogni latitudine.
Nello stesso anno viene pubblicato sulla rivista «Le Navire d’Argent» il suo primo racconto L’Aviatore. È l’inizio di un filone letterario che racconta di cieli ed emozioni ancora inesplorate; seguono il suo primo romanzo Corriere del sud e il celebre Vol de nuit. Quest’ultimo è la metafora di un’umanità che non si accontenta, sfida i propri limiti e però deve scontrarsi con la natura che a volte richiede la stessa vita di quegli eroi coraggiosi e visionari.
Nel 1930 viene nominato direttore della linea aeropostale Argentina-Francia; è a Buenos Aires che incontra sua moglie Consuelo, scrittrice, pittrice, artista dall’animo inquieto che non mancherà di ispirarlo, protagonista di un matrimonio turbolento non sempre felice.
Anche qui c’è il Piccolo Principe, il rapporto con la sua amata rosa che è tanto profondo quanto difficile, che deve fare i conti con bugie e incomprensioni.
Un altro incontro altrettanto significativo avviene nel 1931: Saint-Exupéry conosce Léon Werth; a quest’uomo, più grande di lui di ventidue anni, dedicherà Lettera a un ostaggio e proprio Il Piccolo Principe.
I due amici sono uno l’opposto dell’altro, Werth è anarchico, ebreo, sostenitore della sinistra bolscevica che rifiuterà di lasciare la Francia occupata dai nazisti e vivrà nascosto per tutta la durata del conflitto, ripudiando la guerra e le sue assurdità. Antoine lo ammirerà per questo, per la tenacia, la costante ricerca della verità e la sua prosa schietta e semplice. Il rapporto tra i due scrittori è un inno all’amicizia che supera le diversità e dà un senso alla vita, confermando che si può essere felici grazie agli altri e non nonostante loro.
Nel 1935 il nostro aviatore, tentando un raid aereo da Parigi a Saigon, ha un incidente che lo vede precipitare nel deserto. Viene salvato prima da un beduino e poi dalla Regia Aeronautica Italiana. Qui è molto più facile rintracciare il Piccolo Principe perché è proprio nel deserto che il pilota protagonista incontrerà il bambino dai capelli color del grano.
Nel 1938 tentando di stabilire un nuovo record di volo New York-Terra del Fuoco l’aereo di Saint-Exupéry si schianta al suolo poco dopo la partenza; lo scrittore trascorre a New York la convalescenza e scrive Terra degli uomini. Le conseguenze dell’incidente restano irreparabili e gli impediscono di partecipare attivamente alla Seconda guerra mondiale. Riesce comunque ad arruolarsi nel Gruppo di Grande Ricognizione Aerea 2/33 e a compiere imprese straordinarie e pericolose di cui narrerà in Pilota di guerra.
Nel 1941 ritorna a New York dove due anni più tardi pubblicherà in inglese Il piccolo Principe.
È curioso pensare che fu convinto a scrivere il celeberrimo romanzo dal suo editore statunitense che lo vide intento a disegnare per ingannare l’attesa al tavolo di un ristorante: l’aviatore personaggio del Piccolo Principe a sei anni smise di disegnare boa mangiati da serpenti perché tutti li scambiavano per cappelli, ma nacque proprio dagli schizzi del suo autore, prima ancora che dalle sue parole.
Ed è interessante fare una piccola analogia: anche gli orsi di Buzzati nacquero dagli schizzi che lo scrittore fece per le nipotine, a testimonianza dello stretto legame che le immagini hanno con le parole quando ci si addentra nella letteratura per l’infanzia.
L’entrata in guerra degli Stati Uniti gli permise di tornare in azione; voleva rientrare in Francia volando e per questo si arruolò nelle Forces aériennes françaises libres degli Alleati.
Il 31 luglio del 1944 in ricognizione da Borgo in Corsica verso Lione, Antoine precipita con il suo F5.
Il suo corpo, come quello del Piccolo Principe, scomparve e non fu mai ritrovato. Il mistero sulla morte dello scrittore-aviatore si alimentò per anni, fino a quando non fu chiarito che il suo velivolo venne abbattuto da un caccia tedesco.
di Antoine de Saint-Exupéry: Il Piccolo Principe
Il Piccolo Principe è un racconto autobiografico, il suo autore è in ogni pagina, ed in ogni pagina risuonano le sue domande: «dov’ è la mia infanzia? Dove devo andare per ritrovare il me bambino? Perché ora che sono cresciuto non riesco a comprendere cosa importa davvero?».
È una lettura che arricchisce, che apre mente e cuore, soprattutto se letta da grandi e piccoli insieme; il sorriso dei bambini che seguiranno i capitoli fermandosi alla semplicità del fantasioso racconto, sarà unito a quello degli adulti che, appena accennato, starà a significare «è vero, quando ero bambino era tutto più bello, dove mi sono perso?».
Ma veniamo alla storia: un aviatore precipita nel deserto, si ritrova solo con il suo aereo in avaria e poca acqua a disposizione (proprio come avvenne allo scrittore nel 1935), è preoccupato, spaventato e attorno a sé non vede nulla che possa aiutarlo a salvarsi.
Trascorsa la prima notte si risveglia e vicino c’è un bambino che gli chiede di disegnargli una pecora.
Questo incontro trasuda tenerezza: mi fa pensare a quanto spesso i bambini chiedano di disegnare loro qualcosa, qualcosa che vogliono conoscere, comprendere, che desiderano mandare a memoria. In fondo a loro basta davvero il disegno di una pecora per averne una.
L’incontro è straordinario, il pilota si impegna a disegnare l’animale richiesto dal misterioso compagno di deserto; dopo qualche tentativo gli consegna il disegno di una scatola che contiene una piccolissima pecora.
I due iniziano a dialogare, il piccolo principe fa una domanda dietro l’altra e sembra non ascoltare quelle che gli vengono poste; è tra le parole dette per caso che il pilota scopre qualcosa del suo nuovo amico.
Il bambino biondo viene da un piccolissimo asteroide dove basta spostarsi un po’ per godere di un tramonto – una meraviglia perfetta da guardare, soprattutto quando si è tristi –, ha una rosa di cui si prende cura che è bellissima ma anche scorbutica ed orgogliosa e il loro rapporto è dolce e amaro allo stesso tempo, spazza il camino di tre vulcani ogni mattina, e deve stare attento alla crescita dei baobab che, da piccoli semi nascosti nel terreno, possono diventare ingombranti piante capaci di distruggere l’intero pianeta spaccandolo con le loro radici.
Forse i baobab rappresentano i rischi del crescere troppo: sono i pensieri, le preoccupazioni, gli obiettivi che da piccoli e innocui diventano giganteschi e inestirpabili, cancellano la parte fanciullesca delle nostre vite, distruggendo il nostro mondo infantile che sparisce nello spazio, dimenticato e abbandonato a sé stesso.
Andando avanti nel dialogo l’aviatore scopre anche il motivo per cui il piccolo principe ha lasciato il suo pianeta: è stata una delusione, un litigio con la sua rosa, fiore esigente e delicato, indifferente – ma solo per orgoglio – alle amorevoli cure che il bambino le dedicava, spingendolo a lasciare l’asteroide alla ricerca di nuovi amici e conoscenze.
Il piccolo principe ha circa sei anni quando lascia la sua casa, forse quest’età rappresenta il momento in cui ai bambini è richiesto il primo salto verso l’età adulta, con l’inizio della scuola, meno tempo da dedicare ai giochi, ai disegni liberi, più tempo da regalare ai conti, ai numeri in fila, alle lettere in ordine.
Inizia così il racconto del peregrinare del bambino attraverso asteroidi assurdi abitati da adulti che hanno attribuito (non)sensi alle loro esistenze.
Questi pianeti rappresentano allegorie di una società che sempre più si concentra sugli aspetti superficiali di vite volte al possesso di conoscenze, beni materiali, potere.
Il primo personaggio che incontriamo con il piccolo principe è un re saggio che dà ordini ragionevoli perché «bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno sa dare», ma nessuno abita con lui e quindi i suoi ordini si perdono tra polvere e vento.
Tocca poi al pianeta di un vanitoso che considera il suo prossimo solamente come un suo ammiratore, vivendo nella noiosa convinzione di essere perfetto e degno della considerazione di chiunque.
Il terzo pianeta è abitato da un ubriacone, una figura triste e ai limiti del patetico, schiavo del suo vizio che beve per dimenticare la vergogna di essere un ubriaco.
È la volta dell’incontro con un uomo d’affari, un uomo serio che non ha il tempo di fantasticare, si dedica alla conta delle «piccole cose che brillano» perché è convinto di possederle; è un’illusione, non riesce nemmeno a chiamarle con il loro nome di stelle e si accontenta di scrivere su un foglio da depositare in banca che ne possiede un’enorme quantità.
Il quinto incontro è più profondo di quello che sembra: il piccolo principe si imbatte in un lampionaio che accende e spegne il suo lampione ogni minuto, fedele alla consegna che gli è stata data nonostante la stanchezza e la voglia di dormire. Ogni minuto è come se accendesse e spegnesse una stella, si dedica ad altro da sé, per questo appare al piccolo principe meno ridicolo dei personaggi incontrati finora.
L’ultima bizzarra comparsa è quella di un geografo che, non avendo esploratori disponibili sul suo pianeta, si crogiola nell’ignoranza di quel mondo che cerca di disegnare sulle sue carte senza conoscerlo davvero. È lui a consigliare al piccolo principe di visitare il pianeta Terra.
Sulla Terra, nel deserto del Sahara, il bel principe incontra il serpente che parla per enigmi e svela il suo enorme potere di rimandare chi morde al posto da cui è venuto.
In un giardino di rose il piccolo principe versa le sue lacrime; lo ferisce la vista di tanti fiori simili al suo, così uguali a quella rosa che considerava unica e irripetibile.
Sarà una volpe a cambiare la prospettiva del bambino deluso: chiedendogli di addomesticarla gli insegnerà che creare legami significa avere bisogno di qualcuno; attraverso la pazienza, il ripetersi di riti che diventano preziose abitudini ci si lega indissolubilmente fino a che «tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo».
Questo rapporto implica anche la responsabilità nei confronti di chi si è addomesticato.
I colori, le loro sfumature, tutto quello che ci circonda acquista un nuovo significato proprio in virtù dei legami che abbiamo stretto, non si conosce che quello che si addomestica, ed è un peccato che «gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici».
Sempre la volpe regalerà il suo segreto, che è poi diventato il manifesto di un libro tradotto in più di cinquecento tra lingue e dialetti: «non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi».
Sfilano prima del finale del racconto altri due esseri umani simbolo delle bizzarrie terrestri: un controllore che smista persone che continuano a muoversi senza sapere quello che cercano, mai contente di essere dove si trovano; e un mercante che vende pillole calma-sete per economizzare il tempo e non dover andare in cerca dell’acqua.
Il piccolo principe, che con il suo cuore vede l’essenziale, fa notare al primo che solo i bambini sanno quello che cercano e al secondo che dovrebbe usare il tempo risparmiato per dirigersi con calma verso una fontana.
La parte finale è occupata dal dialogo tra il pilota e il bambino.
Il principe ha bisogno di tornare dalla sua rosa, ha perduto del tempo per curarla e in virtù di questo è diventata preziosa, l’ha addomesticata e ne è responsabile per sempre.
L’aviatore non capisce fino in fondo il bisogno del suo piccolo amico, cerca di trattenerlo, di salvarlo dal serpente che è pronto a morderlo per restituirlo al suo pianeta.
Insieme trovano un pozzo, bevono e danno inizio al commiato, triste ma estremamente sereno: il piccolo principe regala all’aviatore stelle che rideranno ogni volta che penserà a lui guardandole, partirà verso il suo pianeta con la pecora nella scatola e la voglia di rivedere la sua rosa, dopo il morso del serpente cadrà sulla sabbia senza fare rumore.
Il pilota sarà certo che il suo amico è tornato sull’asteroide B612 (il numero va specificato per gli adulti che sono interessati alle informazioni precisamente superflue, «i bambini devono essere indulgenti con i grandi») perché non troverà il suo corpo là dove era caduto, ma resterà con un dubbio sul destino del prezioso fiore: la pecora, priva della museruola che aveva dimenticato di disegnare, lo avrà mangiato?
Mi piace pensare che lo stesso Saint-Exupéry abbia raggiunto il suo piccolo principe per chiederglielo.