Un Saba sconosciuto
L'eutanasia tra le pieghe della sua poesia
Da sempre avvezza alle polemiche indissolubilmente legate alle questioni della vita, dell’esistenza, in senso più ampio, mi sono avvicinata a quella disciplina definita bioetica, cioè quella materia che si occupa delle questioni morali legate alla ricerca biologica o alla medicina.
Questa mia quanto meno bizzarra inclinazione fa si che mi riduca ad osservare questioni bioetiche praticamente ovunque.
Tempo fa leggendo (e rileggendo) una poesia di Saba mi sono soffermata a pensare : e se stesse parlando di eutanasia?
Con eutanasia in questo caso non parlo di ciò che comunemente si identifica nella mente come l’atto del cosiddetto “staccare la spina”, parlo dell’origine greca del termine, letteralmente la buona morte.
Nella poesia I vecchi, uno dei sei componimenti della raccolta Sei poesie della vecchiaia, ho avuto l’impressione che il nostro poeta si abbandonasse ad un intimo desiderio, ad una richiesta quasi impronunciabile, celata dai giri di parole, dai ricami che ci allontanano, solo apparentemente, da quello che credo sinceramente sia il punto focale dell’opera.
L’autore trasmette la stanchezza di chi non se la sente di continuare a resistere, di chi non sopporta più il peso dei farmaci, di chi rinuncia a curarsi, rinuncia alla festa che viene promessa in cambio da chi lo vorrebbe vedere ancora, e per sempre, lottare.
I buoni amici ti concedono tutto, ma non la morte. Già, sarebbe imperdonabile a quanto pare decidere di aver vissuto abbastanza, di aver visto a sufficienza, di essere pronti a smettere di lottare.
Leggendo queste righe mi coglie un profondissimo senso di empatia nei confronti di un uomo che sembra voler trasmettere un pensiero che risuona come un tabù, una serie di suggestioni enigmatiche e totalmente prive di univocità, che lasciano come un certo senso di amarezza difficile da cacciar via.
Vi lascio, infine, la poesia, affinché possiate in tal modo condividere o dissentire.
I vecchi
I vecchi dei villaggi hanno ( se l’hanno)
il tabacco. Hanno il vino rosso. A pochi
passi il temuto cimitero. Ed io
( non quello temo, ai vinti unico pio)
avrei dovuto guarire, sottrarmi
un farmaco letale, caricarmi
di pesi sempre più gravi ( ed è questa
-lo so- la legge della vita); darmi
promettevano in cambio, essi, una festa;essi, i miei buoni amici. Perché tutto
ti concedono i buoni, e non la morte.
Il Canzoniere – Sei poesie della vecchiaia, 1953-54