“Viaggio in Sicilia” di Ibn Jubayr
Fummo condotti per ampi viali, attraversammo porte e cortili regali, contemplammo alti palazzi, giardini armoniosamente disposti e abitazioni destinate al personale di corte. Uno spettacolo che ci abbagliò la vista e ci confuse la mente.
Dal celebre Milione di Marco Polo, che ha affascinato e sedotto generazioni di lettori, alle traversie immaginarie di Ulisse, di Gulliver e del Candido di Voltaire, la fortuna della letteratura di viaggio non ha età. L’Italia con le sue bellezze architettoniche, artistiche e paesaggistiche fu nel XVIII secolo la meta privilegiata dei viaggiatori europei e dei tanti giovani di famiglia aristocratica alle prese con il Grand Tour nel vecchio continente. Furono molti i poeti e gli intellettuali che raccolsero le loro impressioni per tramandarle ai posteri, dando vita a un ricchissimo genere dove le descrizioni paesaggistiche si alternavano a riflessioni di carattere antropologico e morale.
Viaggio in Sicilia di Ibn Jubayr (Adelphi, a cura di Giovanna Calasso) appartiene invece a un altro genere letterario ed è stato scritto secoli prima del Grand Tour. Il narratore, membro di una famiglia araba di alto lignaggio, è un uomo colto, istruito, di fede musulmana e ciò che lo spinge a intraprendere questo viaggio non è la curiosità di un Ulisse, l’ardimentosa ricerca di nuove avventure o di una crescita spirituale attraverso la contemplazione dell’arte e della natura, ma un dovere eminentemente religioso. Di ritorno dal pellegrinaggio compiuto alla Mecca, la sua imbarcazione viene colpita da una tempesta. Tra burrasche, mareggiate, venti implacabili e naufragi ha inizio il racconto di Ibn Jubayr che, come per miracolo, riesce ad approdare indenne a Messina.
Messina giace addossata a montagne che la circondano con valloni e pendii; il mare le si stende di fronte a mezzogiorno. Il suo porto è il più meraviglioso di tutti i porti dei paesi marittimi. (…) Ma, avvolta nelle tenebre della miscredenza, nessun musulmano vi fissa dimora; gremita di adoratori della croce, stipata di abitanti, quasi non riesce a contenerli.
Qui ha inizio il suo viaggio lungo la costa settentrionale della Sicilia, alla volta di Trapani, passando per Cefalù, Termini e Palermo. Viaggio in Sicilia è per il lettore moderno un viaggio dentro il viaggio, che si dipana non soltanto attraverso i frutteti, i mercati, i porti affollati, i meravigliosi palazzi e le imprendibili fortezze della Sicilia del XII secolo ma soprattutto nella mente di un uomo. All’iniziale diffidenza verso questa terra popolata da adoratori della croce segue in Ibn Jubayr una fascinazione crescente per le bellezze della Sicilia, per i suoi paesaggi, i suoi usi e i suoi abitanti.
Lo stato d’animo di Ibn Jubayr oscilla per tutta la narrazione tra un sentimento di meraviglia e di timore. Sono molteplici gli interrogativi che si pone, mentre coglie le differenze e le inaspettate similitudini tra il suo popolo e quello siciliano, conquistato dai normanni dopo oltre due secoli di dominazione araba. Ma nonostante ciò in tutta l’isola permangono tracce della presenza araba. Non a caso il narratore dedica ampio spazio alla descrizione della corte di Guglielmo II, un uomo che si dice legga e scriva l’arabo fluentemente e che: «somiglia ai sovrani musulmani per il vivere immerso nei piaceri del regnare, per l’ordinamento delle sue leggi, il cerimoniale, la distribuzione dei gradi ai cortigiani, per la magnificenza del regno e l’esibizione dei suoi ornamenti».
Dopo una breve permanenza a Messina i viaggiatori si spostano a Palermo. E anche qui Ibn Jubayr testimonia con un senso di stupore come in una città palpitante di bellezza e di fascino, ricchissima di castelli, monasteri e padiglioni, «le donne cristiane di questa città si vestano alla maniera delle mussulmane. Indossavano vesti di seta ricamate d’oro, splendidamente drappeggiate».
Da Palermo il viaggio prosegue fino a Trapani, dove Ibn Jubayr e il suo seguito sostano in attesa di un clima favorevole per la partenza. Dove lungi dal trovarsi di fronte a un avamposto barbaro, il viaggiatore ritrova tutte le comodità necessarie a una vita considerata “civile”: bagni, mercati, negozi. Ma su questa deliziosa città portuale incombe la minaccia di un mare «che spalanca le sue fauci come per inghiottirla». In tutta la narrazione si percepisce la presenza tangibile della natura, descritta ed evocata ora nei suoi aspetti idilliaci ora nei suoi aspetti più temibili, nelle sue burrasche, nelle tempeste, nelle mareggiate, nei venti capricciosi e imprevedibili, invocati e bramati per favorire il ritorno a casa.
Il senso di smarrimento dell’uomo davanti alla forza primigenia della natura è una costante di questo racconto, che sembra anticipare la cupa meraviglia che aveva spinto Pascal a paragonare l’uomo a una canna pensante scaraventata in spazi immensi e incomprensibili. A Ibn Jubayr non resta che affidarsi «all’Altissimo che ne conosce il mistero». Nelle ripetute invocazioni a Dio, sotto forma di lodi e di preghiera, si percepisce la piccolezza che l’uomo medievale provava nei confronti della maestosità della natura.
La natura infatti è la vera protagonista di Viaggio in Sicilia e per l’autore la vista è il senso principale attraverso cui filtrare ciò che sperimenta. Le descrizioni dell’isola sempre ricche, fascinose e puntuali. È un piacere leggerle, assaporarne i dettagli, coglierne la poesia. Lo stile di Ibn Jubayr è raffinato e squisitamente poetico. Non è un testo che possa essere letto frettolosamente, in modo distratto, va letto invece con calma e attenzione per gustarne appieno la ricchezza della prosa.
Dopo tre mesi di permanenza nell’isola e una nuova, incerta navigazione attraverso le acque della Sardegna e della Spagna, per Ibn Jubayr il viaggio si conclude con il ritorno, tanto atteso e agognato, a Granada. Al termine della lettura il lettore potrà beneficiare del saggio di Giovanna Calasso che fornisce un quadro preciso e puntuale della cultura, della storia e della biografia di questo insolito viaggiatore. La letteratura in fondo è sempre scoperta, ricerca e viaggio verso epoche e terre lontane e verso sensibilità che possano essere per noi lettori specchio, rifugio o raffronto.