Goethe legge Tasso
Affinità intellettuali dalla corte di Weimar a quella di Ferrara; Torquato Tasso un "Werther potenziato".
Se la pazzia e la prigionia del Tasso mantengono sempre una patina di mistero romantico, questo vale anche per sua personalità, gremita di oscurità e interrogativi.
L’ombra più inquietante però è il carattere di Torquato Tasso, che nel continuo alternarsi di squilibrio e razionalità non riesce a stagliarsi in nette definizioni.
Tasso è un autore del tutto fuori dal suo tempo, lontano da disquisizioni filosofiche ed accademismo cinquecentesco.
Citando il De Sanctis “cerca l’epico, e trova il lirico, cerca il vero o il reale; e genera il fantastico; cerca la storia e s’incontra con la sua anima”.
La sua inclinazione lirica, con forme che vanno dall’elegia sino all’idillio lo resero famoso in tutta Europa già nel Settecento, non come poeta ma come uomo. La sua natura incompresa ed il suo genio ribelle misero in luce la sua insoddisfazione . Un genio insoddisfatto, un uomo romantico del tutto ante litteram. Moltissimi versi e buone prose contraddistinguono il suo percorso artistico, sino ad approdare ad un capolavoro assoluto. Ripensamenti e sprazzi di follia.
Nella “Storia dell’età barocca in Italia”, lo stesso Croce asserirà:
“Torquato Tasso rimane in perpetuo quale fu sentito dai contemporanei, e quale fu accolto dall’anima popolare, cuore che parla ai cuori, fantasia che parla alle fantasie; e il suo poema, dal ritmo vivace, vibrante, rapido, concitato, prorompente da un animo commosso, variamente commosso ma sempre commosso, ha chiara l’impronta dell’opera geniale, prodotta da una forza demoniaca che s’era impossessata del suo autore, spesso fuori della sua consapevolezza e contro i suoi propositi. Nacque, quel canto, da un sogno di gloria e di amore, di prodezza e di voluttà, di nobile e severa gioia e di delicata malinconia, sublime e tenero, ricco d’impeti e insieme di languidi abbandoni, virile e femminile insieme […]“
Il Tasso catturò l’interesse del Genio leopardiano, ammaliandolo da questa genialità vittima del suo stesso talento. Un poeta che per sorte e sofferenza gli è del tutto affine.
La sua evocazione trapela nella canzone “Ad Angelo Mai” :
“Amor, di nostra vita ultimo inganno,
T’abbandonava. Ombra reale e salda
Ti parve il nulla, e il mondo
Inabitata piaggia.”
Questo male interiore che non lascia scampo sia all’uomo che al poeta, avvolgono Tasso con immensa tristezza.
Lontano dal reale, ed in balia di solitudine e desiderio, il poeta della Liberata si rifugia nel fantastico come meta lontana; un’ oasi nel deserto. Ma è Wolfgang Goethe a nutrire una vera passione per il poeta della corte di Ferrara, tanto da comporre un dramma sulla sua esistenza. Con il Tasso però, il poeta del Faust aveva in comune anche alcune esperienze di vita, che egli stesso appunta:
“Io avevo dinanzi la vita del Tasso e la mia propria; e mettendo insieme quelle due cosi strane figure con le loro caratteristiche, ne venne fuori il personaggio del Tasso: al quale, come contrario prosaico, misi di fronte Antonio, per il quale non stentai molto a trovare il modello.
Gli altri rapporti di corte, di vita e di amore erano del resto simili a Weimar come a Ferrara, e io posso dire con diritto di quel mio dramma: esso è il midollo delle mie ossa e carne della mia carne. “
Goethe vive alla corte di Weimar, dove svolge essenzialmente incarichi diplomatici e amministrativi; il poeta italiano invece si trovava presso gli Este con un’ unica incombenza: fare poesia.
Una tipica situazione per l’intellettuale del Rinascimento. Un’ anima quella del Tasso, ricca di plurimi e inquietanti aspetti del vivere, che lo stesso poeta tedesco scruta attorno a se.
A causa delle mansioni diplomatiche, il tempo da dedicare all’otium per Goethe scarseggia e cosi compirà un viaggio in Italia. Tale viaggio segnerà il percorso artistico del nostro Goethe e tramutare in maniera determinante la sua tragedia sul Tasso iniziata sei anni prima. Per tutto il suo viaggio la tragedia rimase in stallo ai primi due atti.
Nel soggiorno a Roma in particolare, iniziò per l’intellettuale tedesco l’allontanamento con la poetica sturmeriana e l’avvicinamento al classicismo. Un’ arte scevra da ogni accidentalismo, pura essenza delle cose ed avulsa da ogni fine extra-esterico.
Goethe elaborerà una tragedia con un ritratto innovativo del Tasso, puntando su quel dualismo di vita attiva e meditativa, dove il poeta vede sprofondare intorno a sé tutti i suoi miraggi ed i suoi desideri. Torquato si trova ora senza padronanza del suo tormento che lo straziano in un dualismo di Eros e del Thanatos, ma improvvisamente lo sdegno della sua donna lo farà precipitare.
E se l’uomo ammutolisce nel dolore, a me concesse un Dio di dire come soffro .