Culturificio
pubblicato 9 anni fa in Letteratura

L’urlo di Allen Ginsberg

una nuova religione per i profani del dopoguerra

L’urlo di Allen Ginsberg

Un giorno – una sera, probabilmente – qualcuno cacciò fuori un urlo, un urlo mai sentito prima: lungo, sottile, penetrante, un po’ poco virile ad un primo ascolto, un po’ più simile ad un orgasmo forse, sì: un gigantesco orgasmo di entusiasmo, di libero arbitrio incondizionato, urlato al mondo intero nella sua interezza talvolta in maniera fine come un liquido raggio di luna (Shakespeare, Romeo and Juliet atto I, scena IV) e tal altra in maniera materiale e realista, che in fondo è solo un eufemismo per non dire “volgare”, che è a sua volta un eufemismo per non dire “sporco”, “disturbante”, “senza censure”.
Questo urlo (forse è meglio dire un gridolino? Un ululato? No, meglio un urlo) ha risuonato come un inno, una preghiera, un’invocazione per quei pochi mascalzoni che lo ascoltavano alla Six Gallery di San Francisco una sera del 1955, e sorridevano ed applaudivano compiaciuti quando leggevano evidenti, nei lamenti di quell’urlo, di quell’orgasmo, la loro vita quotidiana, la loro follia urbana in un’epoca che gli avrebbe dato tutto – eravamo appena dopo l’incubo della guerra, in un clima di entusiasmo e ripresa economica – e da cui essi presero tutto effettivamente, compresa la libertà di sodomizzare quel “Brave New World” che sotto ai colori del vincente impero capitalista americano esportatore di pace e libertà, nascondeva una trappola subdola che i beatnik sembravano aver scovato con sorprendente anticipo ma, consapevoli anche di essere un’esigua minoranza di studenti con tendenze sessuali scandalose (“who let themselves be fucked in the ass by saintly motorcyclists, and screamed with joy”) e tendenze politiche forse ancor più aberranti per degli yankee (“who distributed Supercommunist pamphlets in Union Square weeping and undressing”), fecero una rivoluzione privata che tanto privata però non fu, complice il processo che accusò Lawrence Ferlinghetti di oscenità in seguito alla pubblicazione di questo “Urlo” di Allen Ginsberg per la sua5147 casa editrice indipendente, contestando al poema di non avere un oggettivo valore letterario nel contenuto e nella metrica che potesse permettere di accettare un linguaggio così estremo, e che ebbe invece l’effetto contrario: rendere questo lamento moderno un’icona, sia di metrica che di contenuto, dal momento che tra le altre cose “Urlo” è considerato anche la prima dichiarazione di antifascismo americano.
La Beat Generation è stata forse la prima sottocultura, la prima nuova forma di multi-stratificazione in classi che è stata tipica dei tempi più recenti (e che ora sembra anch’essa in via d’estinzione a favore di una gentrificazione totalizzante) in cui i mantra dei poeti e degli scrittori vicini o lontani, vivi o morti, conducevano lontano dalle derive corrosive dell’über-pacifismo e della über-violenza indiscriminate e nichiliste che si sono poi susseguite nei decenni, e che hanno tradito a poco a poco inconsapevolmente quella genesi spenta troppo presto, troppo presto deviata e corrotta, troppo presto privata dei poeti e degli scrittori come guide tra gli uomini, diventati improvvisamente i nemici reazionari e obsoleti della ribellione, a cui i cantanti non hanno potuto sopperire.

“Urlo” è una processione, lunga, ridondante, pedante; una parodia di quelle infinite processioni religiose da paese recitate perlopiù a memoria, navigando alla deriva par cœur, seguendo una formula piatta per giungere alla fine, all’Amen liberatorio: ecco, “Urlo” ne riprende la ritmica da sermone ma non si dirige innocuo verso un “così sia”, bensì sembra torcersi all’infinito senza finire mai.
Questa parata pseudo-religiosa è decisamente blasfema, e in questo senso non meraviglia il processo che ha subito, perché ad un ritmo da preghiera che ricalca le cadenza musicali del jazz – che come il blues, il gospel e gran parte della musica afro nasce come lamento religioso – associa non la fredda recitazione sottomessa e svuotata di ogni significato concreto, ma una nuova inedita lode a tante nuove divinità nascenti; si pensi a N.C., Neal Cassady, Adone (ma soprattutto “cocksman”) di Denver, l’”eroe segreto di questi versi”, il protagonista delle “innumerevoli scopate di ragazze nei parcheggi vuoti e nei retri delle tavole calde, sui sedili traballanti dei cinema, su cime di montagne, in grotte o con ossute cameriere…”.
Un nuovo Olimpo sta nascendo, figlio delle contraddizioni del suo tempo, che in esse sembra ritrovare però lo spirito mitico dei tempi antichi: sembra che i beatnik abbiano veramente sfiorato con un dito una nuova e personale divinizzazione – complici le droghe, chi può negarlo -, ricercandola e ritrovandola nelle loro strade, nelle loro avventure e nei loro occhi, così tutte le altre figure glorificate di questo Olimpo moderno sono elencate nella “Footnote to Howl”, l’ultima sezione nascosta e post-scritta, caratterizzata dall’ossessiva ripetizione della parola “Holy!”, “Sacro”, che da neo-evangelista e predicatore quale si presenta Allen Ginsberg, utilizza per disegnare ed insegnare il nuovo pantheon e la nuova dottrina ai discepoli:

“The world is holy! The soul is holy! The skin is holy! The nose is holy! The tongue and cock and hand and asshole holy! […]
Holy Peter holy Allen holy Solomon holy Lucien holy Kerouac holy Huncke holy Burroughs holy Cassady holy the unknown buggered and suffering beggars holy the hideous human angels!”

Kerouac, Ginsberg e Burroughs.

Kerouac, Ginsberg e Burroughs.

Una specie di panteismo pervade il “sermone” di Ginsberg, tutto è sacro, soprattutto il profano è sacro e puro: è questa la rivelazione scandalosa del poema, una Bibbia aggiornata, dove è chiaro, senza false illusioni che ora a governo della terra promessa c’è il Diavolo, il cui profilo è accuratamente disegnato: il sistema capitalistico, che prende la forma di Moloch, “i cui occhi sono migliaia di finestre cieche”, “la cui anima è elettricità e banche”, “dove siedo solitario! Moloch dove sogno Angeli! Folle in Moloch! Succhiacazzi in Moloch! Senza amore in Moloch!” .
“Urlo” è anche la sacra scrittura dove un miracoloso avvenire politico viene descritto, una “sacra Quinta Internazionale” è preconizzata, anche una “rivoluzione socialista ebrea”. Un delirio, un evidente delirio e una grande provocazione, è evidente. Un delirio; così come tutte le grandi scritture – religiose e non religiose – si sono presentate al mondo, che il mondo spesso hanno governato e che nel mondo ancora oggi resistono.

 

Articolo a cura di Leonardo Passari