Saraceni, Turchi e Mori
l’invalicabile distanza nell’immaginario ariostesco.
Se il Vangelo di Giovanni si apre con “In principio era il verbo”, Italo Calvino non ha nessun dubbio su come racchiudere in un verso, la grande creazione del Furioso:
“In principio c’è solo una fanciulla che fugge per un bosco”.
La follia di Orlando e l’amore di Ruggiero sono un frammento irrisorio di quella smisurata universalità che noi tutti conosciamo con il nome di “materia cavalleresca”. L’unica cosa che conta è lo sviluppo, nel luogo e nel tempo.
“Il tempo in cui si svolgono le gesta dei cantari è insomma un concentrato di tutti i tempi e le guerre, soprattutto di quelli della sfida tra Islam ed Europa cristiana, da Carlo Martello a Luigi IX il Santo.”
E’ lo stesso Calvino che ci procura le coordinate, per affrontare questo tempo vastissimo. Il tempo di una sfida, come in una partita di scacchi:
L’essere «di fé diversi» non significa molto di più, nel Furioso, che il diverso colore dei pezzi in una scacchiera. I tempi delle Crociate in cui il ciclo dei Paladini aveva assunto un valore simbolico di lotta per la vita e per la morte tra la Cristianità e l’Islam, sono lontani.
Così parla Italo Calvino raccontando L’Orlando Furioso, con una tendenza a mettere in rilievo l’uguaglianza, facendo poco riferimento a quella materia carolingia che verte tra il binomio “Mondo Cristiano” e “Mondo Pagano”.
Tra il bisogno di evasione e le avventure di questi paladini si evincono fasi dibattimentali riguardanti la diffida al mondo Ottomano nell’età contemporanea all’autore.
L’opera sovente fa riferimento a scontri e battaglie contro il mondo dei cosiddetti “infedeli”. Lo scontro con il mondo Arabo, Ariosto e i suoi contemporanei lo conoscono, dal tempo delle crociate sino al rinascimento stesso, ove i Turchi sono avvertiti come una minaccia.
Il poema, apprezzato già dai contemporanei, risente della realtà in cui è nato e continua a circolare. Il Re Agramante, l’amore tra il Saraceno Ruggiero e la cristiana Bradamante, Angelica e la sua passione amorosa per un soldato saraceno che porta Orlando alla pazzia, non sono punti lontani dalla contemporaneità ariostesca.
Una Cristianità e un “Dio giusto” da salvaguardare, che per l’Ariosto sembrano giustificare la battaglia contro gli Infedeli (Orlando Furioso, XVII 5-6):
Or Dio consente che noi siàn puniti
da populi di noi forse peggiori,
per li multiplicati ed infiniti
nostri nefandi, obbrobriosi errori.
Tempo verrà ch’a depredar lor liti
andremo noi, se mai saren migliori,
e che i peccati lor giungano al segno,
che l’eterna Bontà muovano a sdegno.Doveano allora aver gli eccessi loro
di Dio turbata la serena fronte,
che scórse ogni lor luogo il Turco e ’l Moro
con stupri, uccision, rapine ed onte:
ma più di tutti gli altri danni, foro
gravati dal furor di Rodomonte.
Dissi ch’ebbe di lui la nuova Carlo,
e che ’n piazza venia per ritrovarlo.
Egli fa riferimento alla materia carolingia, quindi alle guerre contro i Mori ma anche alla figura degli Ottomani a lui contemporanei. Ma su una cosa non ci sono dubbi , (XVII 73) si fa riferimento ai Turchi del tutto somiglianti a dei cani. La loro cultura quindi, è una cultura barbara , una vera punizione divina per i seguaci della fede di Cristo.
L’Orlando furioso è un’immensa partita di scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo, una partita smisurata, che si dirama in tante partite simultanee. La carta del mondo è ben più varia d’una scacchiera, ma su di essa le mosse d’ogni personaggio si susseguono secondo regole fisse come per i pezzi degli scacchi.
Come già accennato, Calvino evidenzia la volontà dell’autore del Furioso di accostare i due diversi eserciti, focalizzandosi su alcuni punti.
La descrizione dell’esercito, la figura del paladino Ruggiero /Rinaldo, i riti religiosi, rappresentante della fede ed infine un libro sacro, spoglio di un giudizio di valore. Qui la superiorità della fede non si evince, in questo momento sembra davvero che “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori” siano in sostanza i medesimi.
È considerevole soffermarci sulle intenzioni del poeta. I Saraceni sono il frutto di una materia cavalleresca, lo sa Ariosto come i suoi contemporanei. Sono frutto della materia poetica, sono ormai dei vecchi nemici che non rappresentano più una vera e propria minaccia. Qui Ariosto sembra far trapelare che la figura del Saraceno sia molto vicina alla personalità di Saladino, nonostante la sconfitta arrecata al mondo cristiano durante le crociate, è spesso osannato per clemenza e munificenza. Molte notizie in campo letterario già sono pervenute a noi grazie al Boccaccio (Decameron I,3 ).
Il Saladino conobbe costui ottimamente essere saputo uscire del laccio il quale davanti a’ piedi teso gli aveva; e per ciò dispose d’aprirgli il suo bisogno e vedere se servire il volesse; e così fece, aprendogli ciò che in animo avesse avuto di fare, se così discretamente, come fatto avea, non gli avesse risposto. Il giudeo liberamente d’ogni quantità che il Saladino richiese il servì; e il Saladino poi interamente il soddisfece; e oltre a ciò gli donò grandissimi doni e sempre per suo amico l’ebbe e in grande e onorevole stato appresso di sé il mantenne.
Nella novella sull’allegoria dei tre monoteismi, Saladino è rappresentato dal poeta di Certaldo come un sapiente. Ciò potrebbe andare ancora a disgiungere la figura dei Saraceni, che si rifanno ad una tradizione ben più nobile rispetto a gli Ottomani.
La figura di Ruggiero a tal proposito è interessante. Ruggiero è un ibrido, ma avendo una lunga tradizione Cristiana alle spalle non è trattato come nemico. E’ un Saraceno valoroso anche per il suo Autore, ma arriva un momento in cui anch’ egli dovrà scegliere: confertirsi o morire.
Nel poema la conversione di tale personaggio sembra puntare soprattutto sull’amore, su una tradizione, questo contrasto ormai di civiltà. Si supera il divario costruito dall’autore sino ad ora, il padre di Ruggero era Cristiano ed è stato ucciso dalla famiglia di Agramante. Sarà proprio Ruggero a dare l’inizio alla casata degli Este.
La valutazione di Ariosto quindi non è del tutto priva dalle paure contemporanee; un mondo di vizi lontano da quello delle virtù Cristiane che è frutto del suo tempo. Lo stesso Borges in “Ariosto e gli Arabi” :
L’Orlando è adesso una ridente terra
che apre le sue disabitate miglia
di oziose e innocenti meraviglie
che sono un sogno che nessuno sogna.Dalle islamiche arti tramutato
in sola erudizione, in mera storia,
sta solo, nel suo sogno. (Ché la gloria
è una delle forme dell’oblio.)Poi vetro fatto pallido l’incerta
luce d’un altra sera tocca il libro
e nuovamente arde e si consuma
l’oro che ne abbellisce la coperta.
Ed è con la conversione che il mondo Cristiano nell’immaginario di Ludovico Ariosto ha la supremazia. La supremazia qui non è più religiosa ma del tutto culturale. L’apertura al mondo Saraceno è solo in chiave di un rinnegamento. E la supremazia cristiana si evince in primis dall’abbraccio a chi volge verso Cristo.
Ruggiero ha una tradizione ed una cultura Cristiana ed i suoi antenati prima di lui. Se sino a questo momento egli era un Saraceno ora non lo è più, il Cristianesimo “guarisce” ogni colpa.
Viene abbandonato il dolore, ove una Fede salvifica cura ogni male.
La fine, come del resto l’inizio che li aveva tanto accomunati, rende gli uomini , la materia cavalleresca e il fantastico privi di ogni giudizio.
il palazzo è deserto di quel che si cerca, e popolato solo di cercatori. Atlante ha dato forma al regno dell’illusione; se la vita è sempre varia e imprevista e cangiante, l’illusione è monotona, batte e ribatte sempre sullo stesso chiodo. Questi che vagano per androni e sottoscala, che frugano sotto arazzi e baldacchini sono i più famosi cavalieri cristiani e mori: tutti sono stati attratti nel palazzo dalla visione d’una donna amata, d’un nemico irraggiungibile, d’un cavallo rubato, d’un oggetto perduto.
*Le citazioni quando non sono espressamente dichiarate vengono da “Orlando Furioso di Ludovico Ariosto ” raccontato da Italo Calvino.