Chi testimonia per il testimone?
la storia di Witold Pilecki
Era il maggio del 1901 quando il giovane Witold aprì gli occhi al mondo ed era sempre di maggio, ma del 1948, quando lo stesso bambino, diventato uomo e generale dell’esercito polacco, scomparve.
Ma chi era Pilecki? Un intellettuale polacco che cominciò in giovane età a frequentare le organizzazioni clandestine polacche bandite dai russi e che prese parte ad operazioni militari contro i bolscevichi nella guerra combattuta tra polacchi e bolscevichi negli anni 1919-20. Come molti polacchi della sua generazione, era fortemente patriottico e cattolico, in linea con le ideologie del tempo. Dopo la caduta di Varsavia e la formazione di un nuovo governo polacco in esilio a Parigi, insieme a vari ufficiali dell’esercito e numerosi civili, nel novembre del ’39, Pilecki, collaborò alla formazione di un’organizzazione di resistenza militare clandestina: il TAP (Tajna Armia Polska, Esercito Segreto Polacco), basata su principi patriottici e cristiani che non si appoggiavano a partiti politici. Tra i suoi valori e meriti spicca il più grande ed utile ai fini della storia: si offrì volontario come prigioniero ad Aushwitz per svolgere la sua missione segreta in favore della Resistenza Polacca; il 22 settembre 1940, in seguito al suo arresto avvenuto a Varsavia, arrivò ad Aushwitz sotto il falso nome di Tomasz Serafiński. Le fonti ci raccontano che il generale dovette fare il modo che il suo volto venisse emaciato, prima dell’arresto, pur di non essere riconosciuto. Pilecki, nonostante le condizioni del campo, riuscì a formare una nuova organizzazione interna che prese il nome di ZOW (Zwiazek Organizacji Wojskowych, Unione delle Organizzazioni Militari) sul modello del TAP. La ZOW era basata sul principio delle cellule, da lui chiamate “cinquine”, le quali operavano indipendentemente l’una dall’altra, così da essere difficilmente rintracciabili dai tedeschi. Il primo rapporto di Pilecki fu inviato nell’ottobre del 1940 e fu ricevuto dal governo polacco, questa volta in esilio a Londra, nel marzo del 1941; di fatto fu la sua organizzazione a fornire alle autorità polacche informazioni sul trattamento inflitto ai prigionieri di guerra sovietici ad Aushwitz e sull’inizio dello sterminio di massa degli ebrei a Birkenau.
Nell’aprile del 1943, Pilecki, riuscì a scappare da Aushwitz insieme ad altri due detenuti ed avviò una personale battaglia affinché il campo fosse attaccato per liberare i prigionieri, ma questa, come la storia tristemente ci insegna, restò una causa non perorata dalle altre forze. A conclusione della guerra, come molti polacchi, si oppose al regime ateo e comunista imposto dall’Unione Sovietica alla Polonia e, per questo motivo, nel 1945 intraprese una missione per creare dei contatti con organizzazioni della resistenza anticomunista in Polonia.
Arriviamo così all’8’maggio del 1947 quando fu arrestato e torturato dalla polizia segreta polacca, riferendo in seguito che Aushwitz era stato un “gioco da ragazzi” rispetto al trattamento che ricevette dai suoi compatrioti addestrati dai sovietici. Accusato di spionaggio e di preparare attacchi armati contro membri della polizia segreta polacca, fu processato da un tribunale militare ed infine giustiziato il 25 maggio 1948. Nel 1990 la Procura Generale Militare aveva chiesto un’istanza di revisione del processo, il proscioglimento di Pilecki ed un nuovo giudizio sulle prove materiali. L’accusatore di Pilecki, il Viceprocuratore militare Czesław Łapiński, che fino al 1984 ha esercitato le sue funzioni di Pubblico Ministero, nel 2003 si è trovato ad essere sotto processo e, in un’intervista rilasciata a Piotr Lipiński, dichiarò:
Considero il procedimento contro di me senza fondamento, perché questi patrioti, tra i quali Pilecki, hanno comunque violato le norme dell’epoca. […] Sostengo che Pilecki fosse una spia. Da un punto di vista morale mi sento in imbarazzo perché devo dimostrare per la seconda volta la colpevolezza di persone condannate allora.
Piotr Lipiński, Intervista a Czesław Łapiński, 9 maggio 2004.
Vi saluto attraverso le ultime parole scritte dal capitano Pilecki con le quali aveva concluso il suo ultimo rapporto da Aushwitz:
Vorrei dire quale sia stata la mia impressione, non dei migliori o dei peggiori, ma del genere umano tutto, quando sono tornato a vivere sulla Terra. La differenza è troppo enorme fra quello che era importante per noi e quello che la gente considera importante, quello che la fa gioire o la preoccupa. Ma questo non è tutto…Una certa tendenza a farsi scivolare le cose addosso è divenuta fin troppo appariscente. Mi ha colpito il lavoro distruttivo per cancellare il confine fra verità e menzogna. La verità diveniva così elastica da coprire quanto poteva essere coperto. Il confine fra onestà e ambiguità veniva diligentemente cancellato. Bisogna lottare contro la menzogna, la mendacia, l’interesse personale spacciato come idee, verità o perfino una nobile causa. (Marco Patricelli, Il volontario, Laterza, Bari p.269)
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