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pubblicato 6 anni fa in Interviste

Intervista a Fernanda Fischione, traduttrice de La Fila (Not, 2018) di Basma Abdel Aziz

Intervista a Fernanda Fischione, traduttrice de La Fila (Not, 2018) di Basma Abdel Aziz

Abbiamo chiacchierato con Fernanda Fischione, traduttrice de La Fila (Al-Tabuur , 2013), romanzo della scrittrice egiziana Basma Abdel Aziz pubblicato quest’anno da Nero-Not in edizione italiana.

Com’è la lingua di Basma Abdel Aziz? In traduzione sembra chiara e piana, senza grandi sperimentalismi formali, come se oltre al contenuto fosse kafkiana anche la lingua. È lo stesso nell’originale?

Non c’è stata una manipolazione pesante durante l’editing. Solamente verso la fine del libro, su indicazione dell’autrice, abbiamo deciso di seguire l’edizione americana e abbiamo inserito una pagina della cartella clinica di Yahya che nell’originale non compare (un semplice elenco di nomi e numeri), per questioni di omogeneità formale e comprensibilità del testo. Traducendo, ho cercato di non infiorettare lo stile dell’autrice e di mantenerlo “asciutto” com’è in lingua originale. La narrazione vera e propria è in arabo standard, i dialoghi invece sono in dialetto egiziano: questo fa capire dov’è idealmente ambientato il romanzo anche senza i nomi dei luoghi.

Lo stile del romanzo è molto scientifico, anche come approccio. Nella letteratura araba contemporanea è abbastanza frequente che vengano scritti romanzi da scrittori e scrittrici che di mestiere fanno altro, e il background medico di Basma Abdelaziz emerge nella struttura, nel tema e nello stile de La fila.

Pur trattandosi di un romanzo non sperimentale, che resta sempre nell’alveo del realismo egiziano, occorre comunque riconoscere che il minimalismo consapevole e “clinico” che caratterizza lo stile dell’autrice è abbastanza insolito nel panorama della narrativa araba contemporanea.

Negli Sciagurati Eventi de La Fila vediamo un’eco della Primavera Araba. Anche il controllo della stampa, e molto altro, sembrano provenire da una realtà che poi è trasfigurata in una distopia. Secondo te, quanto è stata importante la storia dell’Egitto e dei paesi arabi per la creazione dell’immaginario del romanzo?

La provenienza dell’autrice ha influito sicuramente tanto nel romanzo.  Lei ha consegnato il manoscritto all’editore [la prima edizione è del 2013] poco dopo quegli eventi che conosciamo con il nome di Primavera Araba. Allora le cose non erano ancora come le vediamo oggi: nel 2012 l’Egitto era ancora in una fase incerta della sua storia recente, era l’anno delle elezioni che portarono alla breve presidenza di Mohammed Morsi, e i militari non erano ancora tornati al potere. Non bisogna quindi leggere il romanzo proiettandolo oltre la data in cui è stato scritto, quando c’era meno chiarezza su eventi storici quasi contemporanei alla stesura, anche se naturalmente c’è la tentazione di leggerlo come una sorta di profezia su quanto sarebbe successo poco dopo.

Come collocare La Fila in relazione alla letteratura egiziana contemporanea, un mondo quasi certamente sconosciuto al lettore italiano?

La Fila è in qualche modo speculare ad altre produzioni dello stesso periodo storico – c’è stato un grande revival della distopia, per esempio Mohammad Rabie con Otared (2014), in shortlist per l’IPAF (International Prize for Arabic Fiction) nel 2016. Distopia e fantascienza sono abbastanza frequenti. Penso a Ezzedine Choukri Fishere, Ahmed Nagi, Ahmed Khaled Tawfiq, sempre egiziani.

Quanto sono importanti per questo romanzo autori come Orwell e Kafka?

Orwell è un classico libro che in Egitto si trova facilmente in tutte le bancarelle. Quindi è plausibile che l’abbia tenuto presente. Anche se editorialmente certe analogie servono per associare un libro sconosciuto a qualcosa di noto [tra i pareri della critica, La Fila è considerato “kafkiano”], non bisogna forzare i rapporti. C’è certamente un’atmosfera perturbante, vicina alla realtà ma mai perfettamente aderente, un qualcosa che ti turba dal profondo. Non conosco la biblioteca della scrittrice, ma queste analogie potrebbero anche non essere volute. Il fatto che non vengano citati i nomi dei luoghi porta sicuramente a un’angoscia impalpabile: sai dove ti trovi, sia per i dialoghi [in dialetto egiziano] che per elementi extra-testuali, ma non viene specificato. Questo, per chi conosce la lingua, è un ulteriore elemento perturbante.

La Fila ti è piaciuto? Consiglieresti questo romanzo?

Ritengo che il romanzo sia veramente valido, anche solo dal punto di vista della lingua, semplice, lineare e ben dosata. L’intreccio del romanzo, poi, è secondo me particolarmente ben congegnato: non è molto frequente trovare romanzi arabi con una trama coesa e coerente, che catturano il lettore dalla prima all’ultima pagina, ma La fila sotto questo aspetto mi sembra molto ben riuscito. E naturalmente lo consiglierei a chiunque voglia saperne di più di come si vive non solo in Egitto, ma anche in altri angoli del Mediterraneo a noi insospettabilmente vicini.

Cosa pensi del fatto che questo romanzo, interpretabile anche come una critica sociale, sia stato scritto da una donna? In una società fortemente patriarcale, questo ha influito sulla scrittura, o ancora sulla ricezione del libro?

Non ho mai pensato a questo romanzo come a una produzione “femminile” o femminista. La scrittrice siriana Ghada Samman sostiene che per lei non ha molto senso concentrarsi sull’oppressione delle donne in seno alle società arabe, dal momento che tutti – uomini e donne – sono oppressi e privati dei diritti umani più basilari; secondo lei occorre una liberazione dell’individuo arabo dall’oppressione su tutti i fronti, non solo una liberazione sessuale. Secondo me, per Basma Abdelaziz la questione si pone più o meno negli stessi termini: l’umanità viene prima del genere. Il fatto che sia una donna ma che scelga di non porre l’accento sulle questioni di genere (cavalcate da tante pubblicazioni perché quello della donna araba oppressa è un cliché che evidentemente continua a vendere bene) la rende ancora più preziosa proprio per la questione femminile. Basma Abdelaziz dimostra infatti (se ce ne fosse ancora bisogno) che le scrittrici donne possono emanciparsi anche dalla gabbia della scrittura femminile e produrre bei romanzi, non solo letteratura di stampo sociologico.

 

Intervista a cura di Federico Musardo

 

L’immagine in evidenza proviene da: https://not.neroeditions.com/basma-abdel-aziz-la-fila/