Bulgakov e Stalin
scrivere sotto una dittatura
«Michail Afanas’evic Bulgakov?». «Sì, sì». «Adesso le parlerà il compagno Stalin». «Cosa? Stalin, Stalin?»
In una Russia sulla soglia del realismo socialista, culturalmente egemonizzata ed artisticamente in balia di una censura pressante, dove fermenta il comunismo più gretto e scompare la libertà di opinione, vive e scrive Michail Afanas’evič Bulgakov.
Egli intrattiene con Stalin un rapporto altalenante; servilismo ed accondiscendenza da una parte, audacia e rischio dall’altra.
Una testimonianza di questa ambiguità di fondo è costituita dalle lettere, la più importante delle quali, datata 28 marzo 1930, è stata scritta quando Bulgakov pare meditasse perfino un suicidio, camminando per le strade munito di una pistola. (come testimonia lo studioso V. Lakšin)
Questa vede uno scrittore disperatamente sincero alla ricerca di un “Miserere” dal grande dittatore: fu l’eccezione che conferma la regola, dato che Stalin in persona rispose, telefonando.
Il 17 Aprile, ventiquattro ore prima della risposta staliniana, si erano svolti i funerali di V. Majakovskij, che si era tolto la vita il 14, alle ore 10.15, presso lo studio al passaggio Lubjanskij, a Mosca. Il fatto aveva suscitato impressione e scalpore, essendo un poeta riconosciuto all’unanimità come appartenente al popolo; in tre giorni circa centocinquantamila persone avevano reso omaggio alla salma del poeta.
In un momento storico così delicato, il suicidio di un altro letterato avrebbe forse incrinato la popolarità e l’immagine del regime.
Ritornando al contenuto della lettera, Bulgakov concepiva due vie d’uscita dalla situazione critica in cui era intrappolato: l’espulsione dal paese o l’assunzione al Teatro d’Arte di Mosca, come fosse una sorta di compromesso di una vita artistica e di un’arte vitale, tra l’arte e la vita. Egli, per ovvie ragioni, non prese neanche in considerazione la possibilità di continuare liberamente a scrivere.
La risposta si fece attendere circa tra settimane.
Il 18 Aprile 1930 Stalin telefonò personalmente a Bulgakov, al quale negò il permesso di abbandonare l’URSS, optando per la seconda scelta, promettendo un lavoro al Teatro d’Arte: il giorno seguente Bulgakov si recò al teatro moscovita dove fu subito assunto in qualità di aiuto-regista.
Nonostante questa telefonata che illuse profondamente lo scrittore,non nacque mai un rapporto più umano tra i due interlocutori.
L’11 marzo 1940, il giorno dopo la morte di Bulgakov, dalla segreteria di Stalin telefonarono alla vedova per accertarsi dell’avvenuto decesso dello scrittore: si tratta di burocrazia noiosa, una pratica da archiviare: scrittore e dittatore, per il resto della vita, non vennero mai più in contatto.