“Freaks Out”
Una Roma di supereroi profondamente reale
But I’m a creep
I’m a weirdo
What the hell am I doing here?
I don’t belong here.
Con il suo ultimo film, Freaks Out, Gabriele Mainetti torna a mostrarci una Roma allo stesso tempo vera e surreale, in cui accanto a bellezze come il Colosseo, i Fori Imperiali, il Lungotevere, troviamo le rovine e la distruzione causate dalla Seconda guerra mondiale.
Una capitale cupa in alcuni momenti, ma che si accende grazie alla magia del circo. Con i suoi movimenti di macchina avvolgenti, il regista riesce a trasportare dentro le storie raccontate, unendo eventi come l’occupazione nazista e la guerriglia partigiana al soprannaturale.
Anche in questo caso, come con la malavita delle borgate in Lo chiamavano Jeeg Robot (2015), Mainetti utilizza scenari reali per ambientare storie con protagonisti dotati di superpoteri che però vivono ai margini della società, e che nel caso di Freaks Out trovano nell’unione del gruppo la famiglia che non hanno mai avuto.
La prima sequenza, con i suoi toni caldi e luminosi, è dedicata proprio al piacere della condivisione dello spettacolo. Questa immagine, che mostra i talenti e le particolarità di ciascun personaggio, oggetto di ammirazione e non di paura, viene però interrotta all’improvviso dalle esplosioni dei bombardamenti, scuotendo e travolgendo lo spettatore grazie all’utilizzo della macchina a mano che corre insieme alla gente in fuga, mentre il terrore e la morte cominciano a dilagare. Uno schiaffo in pieno viso al pubblico che, proprio come quello all’interno del film, si vede strappato dalla poltrona in cui si stava comodamente immergendo per essere catapultato tra la terra e il fango.
Dalla magia calda del circo si passa così brutalmente all’atmosfera fredda e terribile della guerra.
I protagonisti sono appunto dei freak: Fulvio, uomo lupo dotato di una forza incredibile; Cencio, giovane albino capace di controllare gli insetti; Mario, una calamita umana; e infine Matilde, ragazza dai poteri elettrici, che rischia di fulminare chiunque la tocchi e che quindi per proteggere gli altri da sé stessa deve indossare dei guanti di gomma.
A fare da padre adottivo a tutti loro, abbandonati dai veri genitori, è Israel, proprietario del circo Mezza Piotta, in cui i freak protagonisti possono mostrare la loro diversità senza paura di ritorsioni, ma anzi essere apprezzati per ciò che sono.
Nell’Italia occupata dai nazisti invece ogni forma di devianza o viene eliminata o può diventare al massimo uno spettacolo spesso umiliante. Nel migliore dei casi resta comunque sottoposta a un controllo censorio dall’alto che impone entro quali limiti può essere mostrata.
Per fuggire da tutto questo il gruppo decide di procurarsi i biglietti per andare in America. Le cose però non vanno come sperato e inizia così un viaggio in cui, come in ogni classico racconto di formazione sui supereroi, bisogna imparare a gestire il proprio dono.
In realtà i due personaggi principali di Freaks Out si rivelano essere Matilde e Franz, il villain.
Dopo l’iconico Zingaro di Lo chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti conferma il suo debole per i cattivi, a cui concede lo stesso spazio e approfondimento dato agli eroi positivi.
Antagonisti che sono allo stesso tempo oppressori e oppressi: Franz infatti, proprio come i freak protagonisti, è dotato di una caratteristica che lo rende un’attrazione da circo. Nato con sei dita per mano, è costretto a prendere parte a spettacoli di pianoforte per i membri altolocati delle gerarchie naziste.
Lui vorrebbe essere un rispettabile membro dell’esercito tedesco, proprio come il fratello, e invece oltre a essere usato come fenomeno d’intrattenimento, in un’occasione si ritrova anche a essere ridicolizzato come un clown.
Il suo è un personaggio profondamente sofferente, che non accetta la malformazione che lo rende un diverso, detesta il suo talento e ricerca invece una normalità, che in realtà non ha nulla di normale, ovvero la società di superuomini tanto agognata dal nazismo.
Alle sue capacità musicali si unisce anche una dipendenza dall’assenzio che gli permette di vedere il futuro, anche se nessuno crede alle sue premonizioni.
L’idea di riuscire ad aiutare il suo amato Führer e avere finalmente il riconoscimento che si merita, causano una megalomania che si scontra con un odio nei confronti di chi è ora, sfociando in una violenza che riserva non soltanto agli altri, ma a volte anche contro sé stesso.
Questo focus sulle sue fragilità ovviamente non toglie nulla alla crudeltà che lo contraddistingue, pronto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo: trovare un gruppo di freak dotati di superpoteri da utilizzare come armi viventi per evitare la disfatta del dominio nazista e vincere la guerra.
A caratterizzare le opere di Mainetti è anche l’importanza data alla colonna sonora:Franz, infatti, nei momenti in cui si perde tra i fumi dell’assenzio e vede il futuro, sente Creep dei Radiohead e Sweet Child of Mine dei Guns N’ Roses, riarrangiate poi al pianoforte.
Ma accanto a questi brani che fanno parte della memoria musicale mondiale e rispecchiano lo spirito internazionale del film, c’è spazio anche per una canzone profondamente radicata nella nostra storia nazionale e in particolare in quella della Resistenza, Bella ciao.
Nonostante alcuni personaggi rimangano un po’ delle macchiette, il racconto permette di affezionarsi a ciascuno di loro. Ed è proprio nell’insieme che il film ha il suo punto di forza, nel suo procedere veloce verso un obiettivo, che di volta in volta cambia e si evolve. Il tutto forse si dilunga un po’ troppo, ma non dispiace più di tanto.
Finché non si arriva a una spettacolare battaglia finale, come nelle migliori tradizioni fantasy, resa ancora più memorabile dal fatto che si mescolano la guerriglia partigiana – con i suoi personaggi a volte scontrosi ma divertenti, spesso mutilati a causa della guerra, anche loro freak –, alla potenza visiva della magia, con degli ottimi effetti speciali.
Un racconto d’avventura e di formazione, ma anche di vendetta alla Tarantino. In particolare, l’utilizzo del fuoco non può che ricordare un film dalla stessa ambientazione storica come Bastardi senza gloria. Ma anche Roma città aperta, nella celebre sequenza con protagonista Anna Magnani, a cui rinvia la scena in cui Matilde insegue il furgone dove stanno portando via Israel.
Tutto il film procede quindi secondo una narrazione incalzante, che, anche quando risulta un po’ prevedibile, rimane comunque molto piacevole, proprio per il suo essere prevedibilmente rassicurante.
Freaks Out è un inno al cinema e alla sala cinematografica come luogo di condivisione in cui tutto, dagli effetti visivi a quelli sonori – e di conseguenza le emozioni –, viene amplificato. Un amore per la magia del grande schermo che è evidenziato già dalle prime sequenze dedicate allo spettacolo circense, in cui Mainetti si sofferma sulle facce incantate degli spettatori, sorprese dai trucchi e trasportate in un mondo che permette di evadere dalla realtà e dalle sue brutture.