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pubblicato 5 anni fa in Cinema e serie tv

Alcuni cenni sul rapporto tra cinema e scrittori

Alcuni cenni sul rapporto tra cinema e scrittori

Sin dagli esordi la letteratura ha influenzato il cinema, rappresentando una fonte di storie e personaggi alla quale attingere ma con l’avvento del cinema nel Novecento anche la stessa letteratura subisce un cambiamento notevole.

Il cinema rappresentava qualcosa di nuovo, un nuovo modo di raccontare, una dimensione dove il fantastico diventava reale ma soprattutto un dispositivo che cambiò la vita dell’uomo.

Si possono individuare all’interno dell’arte cinematografica, quattro importanti ambiti sui quali gli scrittori hanno scritto e raccontato aneddoti: in primis il fenomeno del “divismo” ed in particolare l’alone di magia e spettacolarizzazione che si crea intorno a queste figure; spesso i divi cinematografici attraversano una sorta di parabola del riscatto, da una vita di stenti e miseria, passano a diventare star del cinema, conducendo una vita di sfarzo e fama mondiale fino all’inevitabile affievolimento della stella; si tenta di capire e raccontare il perché di questo decadimento.

Secondo tema a cui gli scrittori si interessano da subito riguarda quello della sala cinematografica, un’esperienza collettiva comune agli spettatori ma contemporaneamente individuale, dove il singolo spettatore si riconosce nello schermo perdendo la cognizione della realtà circostante.

Terzo elemento che attrae il pubblico è senza dubbio il mondo che circonda i mestieri cinematografici, lavori che apparentemente sembrano essere sfavillanti ma che in realtà sono composti da una comunità gerarchica che non risparmia nessuno, dove si vive un’esistenza sacrificata in nome del film e pertanto gli scrittori si interessano di tutti questi retroscena, il cosiddetto “making of”.

Quarto e ultimo tema affrontato dai letterati è la metafora della “vita come un film”, questo costante identificarci nello schermo, l’associare determinate emozioni a delle immagini, tutto questo meccanismo rende la nostra mente simile ad un proiettore che ci fa scorrere davanti agli occhi i nostri ricordi.

È evidente come il cinema possa stravolgere l’esistenza umana, ma come si è giunti a tutto ciò? Per comprendere la portata del fenomeno cinematografico è necessario fare qualche passo indietro nel tempo partendo dalla sua nascita: il cinema nasce come una delle conseguenze della formazione delle masse nel Novecento e rappresenta una fonte culturale finalmente accessibile a tutti, inizia da subito la sua sfida con la letteratura su nuovi piani come quello dell’oggettività o dei ritmi veloci del montaggio.

La situazione è ben differente in America rispetto all’Italia, infatti se mentre all’estero il cinema assume un carattere popolare, rivolto a tutti (basti ricordare che il nome Nickelodeon deriva dal prezzo del biglietto che era, appunto, un solo nickel), in Italia il cinema è sostanzialmente borghese e gode di scarsa considerazione perciò, per legittimare culturalmente il cinema, si iniziano a produrre lungometraggi con soggetti letterari e scrittori di fama.

Colui che condiziona l’immaginario del cinema italiano degli anni’10 fu Gabriele D’Annunzio, egli infatti firmò tutte le didascalie del film di Giovanni Pastrone, Cabiria del 1914, il primo film muto italiano che ottenne grande successo.

Negli anni ’30 invece si entra nel periodo del sonoro perciò vi è la necessità di elaborare dialoghi appassionanti che catturino l’attenzione degli spettatori.

Nel decennio successivo invece nasce il cinema neorealista che porta l’Italia, finalmente, ad ottenere la giusta legittimazione cinematografica grazie ai film di Vittorio De Sica con la presenza costante dello scrittore Cesare Zavattini al suo fianco: nascono capolavori come Ladri di biciclette e Sciuscià dove emerge un paese che risente della guerra ma estremamente vitale, che si reinventa, che non perde i suoi colori, la propria autenticità.

È importante capire che tipo di impatto ebbe il cinema sugli scrittori, quanto cambiò la loro vita poichè essi iniziarono a scrivere di cinema e del mondo che gli ruotava intorno; racconti sui divi cinematografici, sulla conturbante sala cinematografica, luogo di attrazione e repulsione; racconti sullo schermo che sembra guardare gli spettatori e fargli perdere il contatto con la realtà circostante, sugli attori che non riescono a togliersi di dosso il personaggio.

Insomma, il cinema si pone come un dispositivo rivoluzionario che costringe la letteratura a mettersi in gioco, ad uscire dagli schemi tradizionali che le erano stati imposti e fu proprio uno scrittore italiano a rompere la barriera esistente tra la regia e la scrittura: Pier Paolo Pasolini.

Poeta e scrittore di noti romanzi di borgata come Ragazzi di vita e Una vita violenta, egli si cimentò nel ruolo di regista riprendendo le tematiche affrontate nei suoi libri creando film come Accattone e Mamma Roma, non contento però Pasolini volle anche riprodurre in maniera del tutto originale alcuni dei grandi capolavori della letteratura universale come Decameron e Il fiore delle mille e una notte.

Siamo negli anni Settanta e lo scambio continuo tra cineasti e letterati è appena iniziato, nel corso degli anni sino ad arrivare all’età contemporanea questo dare-avere si mantiene costante e lineare; basti pensare a grandi film come Il Gattopardo diretto da Luchino Visconti nel 1963 nato dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa o, sempre di Visconti, Morte a Venezia del 1971 ripreso dal celebre romanzo di Thomas Mann.

In età contemporanea sono addirittura aumentati gli scrittori che si mettono a servizio del cinema come nel caso dell’inglese J.K. Rowling, la quale scrisse l’intera saga di Harry Potter sotto contratto per la Warner Bros, raggiungendo una fama mondiale.

Gli scrittori comprendono sin da subito le meraviglie e le insidie dell’arte cinematografica e sentono la necessità di raccontarla e questo connubio è così potente da restare inalterato tutt’oggi.

di Carola Baudo

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