Gianmarco Canestrari
pubblicato 7 anni fa in Letteratura

Alle origini dei diritti

Brevi riflessioni a settant’anni dalla Costituzione italiana

Alle origini dei diritti

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

Piovevano come apocalittiche queste parole pronunciate dal Sommo Poeta nel Canto sesto del suo Purgatorio. E sembravano essere la fotografia della situazione italiana così devastata e travagliata dall’assenza di un forte ed unico potere politico che la governasse e la indirizzasse in ogni suo ambito.

C’è chi guardava all’Italia con sguardo commiserevole e chi invece vedeva in tale situazione la conseguenza diretta del suo asservimento alle potenze straniere (al tempo di Dante alla Germania), quasi a sottolinearne il carattere inerme e debole.
Tutto ciò, tra alterne vicende che in molte occasioni sfociarono in veri e propri episodi di dura ed efferata violenza, e che hanno dei punti – chiave in detronizzazioni, lotte per il potere, regicidi, era però destinato a durare relativamente “poco”: nel 1948 dopo lunghe assemblee e interminabili, ma costruttivi, confronti fra le varie forze politiche, entrò in vigore la tanto attesa Costituzione della neo-nata Repubblica Italiana.

Quest’anno ricorre il 70esimo anniversario che ricorda quel memorabile giorno. Ma una celebrazione così importante non può eludere le questioni fondamentali che ne sono alla base: a cosa serve veramente una Costituzione e quali sono i suoi obiettivi?

La nostra Costituzione è la legge fondamentale dello stato italiano che regola i fini e i principi che sono alla base dell’organizzazione e del funzionamento dello stato. Il fine più grande della Carta costituzionale, come a volte è chiamata, è soprattutto il garantire i diritti e i doveri di tutti i cittadini dello stato. Quindi è qualcosa che ci riguarda tutti da vicino e alla quale dobbiamo porre molta attenzione.

Essenzialmente parlando essa è composta di 139 articoli e 18 “disposizioni transitorie e finali” (utili alle origini per gestire nel miglior modo il passaggio dal vecchio sistema statale al nuovo di tipo repubblicano). Oltre a tali disposizioni finali il testo è diviso in tre sezioni riguardanti i grandi principi fondamentali su cui si regge la Repubblica, i diritti e doveri dei cittadini e una parte dedicata all’organizzazione (l’ordinamento) interna dello stato. Non è da poco ricordare come la nostra Costituzione nacque con lo scopo di restaurare l’apparato statale dopo la fine del fascismo e della seconda guerra mondiale: nel 1946 infatti si andò a votare per la scelta del nuovo ordinamento, il quale poteva essere o monarchico o repubblicano.

Inutile dire che la scelta degli italiani ricadde sulla seconda forma di governo dalla quale, grazie al lavoro dell’Assemblea costituente, uscì la nuova Costituzione che avrebbe dovuto organizzare e dare corpo al nuovo apparato statale. È bello sapere che è grazie alla Carta costituzionale che i nostri diritti sono garantiti, così da essere vissuti in piena libertà e responsabilità.

Tutto ciò è però possibile proprio in virtù dei caratteri che sono alla base della Carta stessa: la rigidità, la laicità, la democrazia ma soprattutto la circostanza di essere stata votata e scritta (uscendo così dall’oscurità e dall’incertezza che caratterizza le leggi orali, carenti di uniformità).

Stando al primo dei dodici principi fondamentali, l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro: è grazie al lavoro che l’uomo si afferma sia professionalmente che personalmente ed è sempre attraverso la pratica lavorativa che si fa crescere il Paese.

Proprio perché democratica, la Repubblica afferma la sovranità popolare. Ma cosa significa? Significa che è il popolo che decide le forme politiche di rappresentanza attraverso l’esercizio del voto. Non si partecipa passivamente alle decisioni autocratiche di un monarca, ma si è attivamente protagonisti dell’avventura politica del proprio paese. E questo chiama in causa il principio dei diritti-doveri (sanciti dall’articolo secondo), in base ai quali l’essere umano (che è cittadino) si vede riconosciuti i propri diritti inviolabili, i quali sono connaturati ad ogni uomo (sottolineandone così l’universalità).

Ma i diritti sono accompagnati ai doveri che il cittadino deve svolgere nei confronti della comunità a cui appartiene come il pagamento delle tasse, il rispetto delle leggi, il partecipare attivamente alle decisioni politiche che riguardano il Paese (attraverso il voto) e così via.
Ci verrebbe da chiedere: sono pensabili questi diritti e doveri senza libertà e uguaglianza? Ovviamente no. Ecco perché il terzo articolo afferma l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge senza nessuna distinzione legata al sesso, alla razza, alla lingua o alle ideologie (siano esse religiose o politiche). Lo stato deve infatti far di tutto per rimuovere qualsiasi ostacolo alla piena realizzazione di tale principio. E questo lo si fa garantendo a tutti una piena responsabilità all’interno della società di appartenenza, cosicchè qualsiasi cosa si faccia possa andare a beneficio dell’intera comunità (articolo quarto).
Con gli articoli settimo ed ottavo, lo stato regola i rapporti con due realtà ben consolidate ed afferma allo stesso tempo la laicità che lo caratterizza: si stabiliscono i rapporti sia con la Chiesa cattolica, in quanto realtà che rappresenta la maggioranza degli italiani, sia con le altre confessioni religiose non cattoliche che abitano il suolo italiano. Lo stato intende così “dare casa” a tutte le forme del sentimento religioso che riguardano da vicino i cittadini evitando discriminazioni verso le minoranze. Questo è importante, non solo nei rapporti diplomatici con le diverse Chiese, ma anche perché cerca di tutelare gli effetti positivi che la civiltà, il più delle volte figlia della religiosità, ha messo in atto da un punto di vista culturale, artistico, monumentale, paesaggistico e storico. Tale patrimonio è quindi pubblico, fruibile e accessibile da tutti. Che cosa possiamo concludere allora da questa disamina storico-strutturale sulla Costituzione? Che è giusto ricordare e celebrare l’anniversario dalla entrata in vigore della nostra Costituzione, perché è grazie ad essa che oggi siamo quello che siamo: essi liberi, indipendenti, facenti parte di una comunità più ampia che ci ingloba, ci rappresenta e che ci garantisce quei diritti e quei doveri reciproci che fondano l’essenza stessa dell’umanità. È grazie alla Carta costituzionale se tutto l’essere umano, con i suoi principi, le sue convinzioni, le sue attività, è “preso in cura” da parte della comunità politica, che è poi quella società che lo accoglie e lo protegge lungo tutto il suo percorso esistenziale. Il nostro deve essere allora un grazie a chi ha dato la vita per affermare quei principi che ci caratterizzano come individui, come nazione, come comunità che accoglie, rispetta, incontra e cresce proprio perché include tutti senza distinzioni di nessun genere.

È questa allora la vera essenza del messaggio costituzionale: non si può essere mai felici, liberi, integrati o pienamente autonomi o affermati se non si vedono garantiti quei valori o quei diritti che fondano e “fanno parlare di se” le persone nel loro incontro proficuo che avviene proprio all’interno della società, dello stato.