Ilenia Giambruno
pubblicato 8 anni fa in Letteratura

Ambizione, potere e follia nella Scozia medievale

il dramma umano di Macbeth

Ambizione, potere e follia nella Scozia medievale

(I, 1)
Fair is foul, and foul is fair:
Hover through the fog and filthy air.
La brughiera scozzese, lampi, fulmini, nebbia e un’aria fosca e oscura, presaga di una storia altrettanto cupa: comincia così Macbeth (1606), il dramma storico più breve, e tuttavia più intenso, di William Shakespeare.
Potere, cupidigia, ambiguità e infine follia sono alcuni tra i temi attorno a cui ruota la tragedia del signore di Glamis, nonché futuro Cawdor e successivamente Re di Scozia, titoli predettigli da tre Streghe nella brughiera.
Leale servitore di re Duncan, Macbeth appare, dalle scene del primo atto, un uomo buono, poco incline alla malvagità, valoroso e forte in battaglia. Ma egli è un essere umano, con i suoi timori, le sue paure e le sue debolezze -tra cui il desiderio di potere. E proprio in queste rimarrà intrappolato, vittima di se stesso, del carattere fermo della moglie Lady Macbeth e delle parole delle Streghe che lo condurranno, infine, a sedere sul trono del Re di Scozia, ma all’alto prezzo di un distacco dalla realtà che rasenta la follia, dovuto alla crisi in cui sprofonda, conseguenza quasi inevitabile del contrasto tra la brama di potere della razza umana e la natura del protagonista, too full o’ th’ milk of human kindness (Lady Macbeth, I, 4).

La purezza e la nobiltà d’animo di Macbeth vacillano dopo esser stato proclamato signore di Cawdor, realizzando una delle profezie delle streghe e macchie di “neri desideri” (sic.) spuntano nel suo animo. Già Glamis, ora Cawdor e infine re. Così è stato predetto, così sarà. Ma Duncan è ancora re. Duncan è ancora vivo, e oscuri sentimenti si annidano nel cuore del barone.

Macbeth (I, 4) [aside]:
[…] Stars, hide your fires;
Let not light see my black and deep desires.
The eye wink at the hand, yet let that be
Which the eye fears, when it is done, to see.

Con dubbi, incertezze e timori Macbeth rivela -attraverso una lettera- la profezia alla Lady sua moglie che, più risoluta nei propositi e più convinta del marito, prende in mano la situazione dando piccola vita all’idea del regicidio:

Lady Macbeth (I, 5):
[…] ‘Thus thou must do,’ if thou have it;
And that which rather thou dost fear to do,
Than wishest should be undone. Hie thee hither,
That I may pour my spirits in thine ear,
And chastise with the valour of my tongue
That impedes thee from the golden round,
Which fate and metaphysical aid doth seem
To have thee crown’d withal.

Del proposito di Lady Macbeth continua a non essere convinto Macbeth stesso il cui animo, come un pendolo, oscilla tra il desiderio del trono e la fedeltà al re. Vorrebbe ucciderlo, e al medesimo tempo non vorrebbe; ha paura del proprio lato oscuro e dunque segue la propria coscienza; eppure eccolo, il momento dopo, ritornare con la mente all’omicidio.
Ambizione e indecisione; umanità e crudeltà caratterizzano Macbeth, che, poco a poco cede alle pressioni della moglie, convincendosi che la strada del regicidio è l’unica percorribile per salire sul trono di Scozia e realizzare la profezia delle Streghe.
Ma è pur sempre una sicurezza che a tratti appare e scompare: If we should fail?, le domanda, ancora dubbioso, ma ormai persuaso nell’oscuro progetto a cui vorrebbe prender parte, senza tuttavia sporcarsi le mani. Non falliranno i due partners in crime, adesso uniti più che mai, ma il cui rapporto si spezzerà esattamente dopo l’omicidio del re, proprio a causa dei due caratteri in fondo inconciliabili: la Lady decisa e bramosa di potere; Macbeth dilaniato dai dubbi e confuso e sconvolto per aver commesso il più terribile i delitti. L’atto segna chiaramente un punto di svolta per la tormentata persona di Macbeth, che cambia radicalmente.
Da persona incapace di compiere anche la benché minima azione malvagia, a causa della sete di potere (e con la sua conseguente conquista), Macbeth si trasforma, scena dopo scena, amplificando i suoi dubbi e le sue incertezze fino a sconfinare nella paranoia. Diventato ormai sospettoso per paura che qualcuno scopra che dietro l’omicidio di Duncan si nasconde proprio lui, il suo più fedele servitore, si evolve in un tiranno sanguinario, dando vita ad una scia di (più o meno) immotivate uccisioni, che lo condurranno sempre più fuori dalla realtà: uccide la moglie e il figlio di Macduff, poi il suo amico Banquo e infine, sebbene indirettamente, si rende responsabile anche della morte di lei, la risoluta e forte Lady Macbeth che, preda della follia e ormai non più in grado, forse, di sostenere il peso delle colpe di cui si è macchiata con il marito, si suicida.
Sebbene esagerato dalla finzione letteraria e teatrale e molto diverso dalla reale figura storica di Macbeth, il Macbeth di Shakespeare, con il suo animo contrastato, è una figura perfettamente caratterizzata dal punto di vista psicologico e ben lontana dall’essere la somma di un dualismo manicheo tra ciò che è bene e ciò che è male; ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Macbeth, piuttosto, è incerto, confuso e diviso tra ambizione e lealtà; fedeltà e desiderio di comandare.
Una complessità caratteriale, questa, che lo rende, alla fine, un personaggio estremamente umano.


 

Bibliografia:
W. Shakespeare, Macbeth, a cura di R. Rutelli, Marsilio Editori, Venezia, 2004.