Avviso ai naviganti
Annie Proulx
Avviso ai naviganti è un libro che ho trovato veramente molto, molto difficile da recensire, per tutta una serie di motivi. Su tutte, le credenziali notevoli con cui il libro si presenta: vincitore del National Book Award e del Premio Pulitzer, dal romanzo è stato tratto un film con Kevin Spacey nel ruolo del protagonista, Quoyle.
Non è il solo testo dell’autrice ritenuto adatto per il grande schermo: dal racconto Gente del Wyoming è stato tratto il soggetto per I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee, con Heath Ledger e Jake Gyllenhaal (Leone d’oro alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia: consigliato).
Premetto che ho letto il libro nell’edizione minimum fax, con la traduzione italiana di Edmonda Bruscella, e non in lingua originale. Ci sono autori, specialmente statunitensi, che nella traduzione italiana perdono tanto dello stile scarno ed essenziale che viene loro riconosciuto dagli estimatori (penso ad Hemingway, su tutti, che se letto in traduzione italiana perde molto del suo impatto stilistico sul lettore, a prescindere dall’abilità dei traduttori); il motivo è da imputare principalmente alla differente varietà lessicale e sintattica delle due lingue e, in parte, alla tendenza generalizzata ad evitare la ripetizione in italiano, percepita dagli scriventi come indice di scarsa padronanza del lessico, se non addirittura come errore.
Anche con la coscienza di questi filtri che potrebbero aver distorto la mia percezione delle qualità stilistiche di Annie Proulx, per me sussistono delle perplessità nell’aderire al giudizio positivo dei più. Non posso mettere in dubbio la capacità che viene universalmente riconosciuta alla scrittrice di aver saputo riprodurre in modo magistrale i luoghi, la lingua e i costumi degli abitanti di Terranova, ma non essendoci mai stato non posso neanche darne conferma; in ogni caso sussistono altri aspetti del romanzo che mi lasciano perplesso.
L’elemento che più salta all’occhio è l’uso, veramente massiccio, del discorso diretto. Il discorso diretto è uno strumento molto delicato che può mettere in risalto un’interazione particolarmente significativa tra i personaggi o, se sfruttato minuziosamente, può ipercaratterizzarli fornendo ad ognuno una voce propria, personale e riconoscibile; se abusato, però, rischia di portare la narrazione ad appiattirsi.
Lo stesso rischio si corre impiegando in maniera diffusa altri elementi di stile, come lo spezzamento della sintassi attraverso un uso eccessivo del punto fermo: spezzare la narrazione in questo modo crea nel lettore un sentimento di sospensione, una tensione che cresce man mano che si avvicina alla distensione del periodare e quindi alla sua risoluzione; per questo molti autori sfruttano questo espediente quando vogliono imporre un ritmo serrato alla narrazione, magari per rappresentare sulla pagina un succedersi rapido di eventi. Quando, però, il punto fermo è impiegato troppo spesso in punti diversi della narrazione, e specialmente in quei tratti dove non sembra rispondere a nessuna esigenza narrativa in particolare, questo uso rischia di rendere la lettura faticosa e dare al lettore l’impressione di una generale piattezza narrativa. Un buon esempio di questi due diversi modi di gestire la pagina è rappresentato dall’intero capitolo 12, dove la narrazione offre una lunghissima sezione di testo costituita da un uso larghissimo del punto fermo (pagine 166-8 dell’edizione minimum fax), seguita da una lunga sequenza costituita quasi interamente di discorso diretto (168-70) che conclude il capitolo.
Venendo a questioni che riguardano la gestione dei contenuti piuttosto che della forma del testo, il mondo che ci presenta l’autrice sembra essere fondato su un sistema che poggia sulla metafora della navigazione: lo spazio in cui agiscono i personaggi si caratterizza come un mare, la loro capacità di adattarsi ad esso coincide metaforicamente con la loro capacità di navigare al suo interno, con il filo che lega gli eventi e le vite dei personaggi rappresentati, a livello simbolico, da dei nodi, in particolare dalle figure e le descrizioni di diversi tipi di nodo tratte dal Grande libro dei nodi di Clifford Warren Ashley («Dell’arte di annodare. Il grande libro dei nodi si propone come uno strumento prezioso e divertente per tutti gli appassionati di nautica, alpinismo, speleologia ma anche giardinaggio e bricolage. Riccamente illustrato con immagini a colori»; traggo la descrizione da Google Books) che aprono i diversi capitoli del libro. Attraverso la chiave della metafora nautica si può seguire il percorso di Quoyle che si presenta come un vero e proprio inetto: nello scrivere, nel costruire rapporti sociali e soprattutto nella navigazione (campi in cui migliorerà progressivamente nel corso della narrazione); secondo questa chiave la caduta in acqua del protagonista (al cap. 26) si può interpretare come una sorta di rito di iniziazione, se non un vero e proprio battesimo. È l’autrice stessa che decide di non lasciare dubbi quando, appena due capitoli dopo, Billy Pretty affermerà rivolgendosi a Quoyle, in riferimento a questo evento, con una frase che non lascia adito a dubbi: «Ormai sei stato battezzato».
Ma uno scrittore che voglia dare spessore alla sua narrazione non dovrebbe spiegare così apertamente il significato degli eventi cruciali del romanzo: è auspicabile infatti coinvolgere il lettore in un’interpretazione attiva del libro, piuttosto che mettergli davanti la spiegazione dell’opera fatta e finita.
Giunto a questo punto, mi risparmierò di andare in fondo anche alla questione che riguarda le particolari similitudini, le metafore e in generale le figure retoriche sfruttate dalla scrittrice: non riporterò ovviamente l’ultimo paragrafo del romanzo, mi limito a constatare il gusto a mio avviso dubbio delle immagini che vi si affastellano l’una di seguito all’altra; allo stesso modo trovo decisamente banale la citazione del Grande libro dei nodi che apre il capitolo finale:
Ci sono molti nodi vecchi, che nessuno ricorda più, e sino a quando sorgeranno nuove necessità, ci saranno nuovi nodi da inventare.
Aver utilizzato toni così forti è qualcosa che merita una spiegazione da parte mia, a partire dall’uso così frequente della prima persona e del giudizio personale, che per quanto possibile cerco di limitare nelle recensioni (ma che ho scelto di adottare per sottolineare come si tratti del giudizio di un signor nessuno a fronte di milioni di lettori e tantissimi critici di professione). Il problema di Avviso ai naviganti è soprattutto il peso delle altissime aspettative (ripetutamente tradite, nel mio caso) di cui la piena acclamazione da parte di pubblico e critica sovraccarica un romanzo che, in fondo, non sembra in grado di sostenerne il peso: non un romanzo pessimo, semplicemente un romanzo che nella posizione in cui si ritrova finisce, di contro, per pagare il peso di non essere che un romanzo normale.
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