Come nasce un personaggio
Vanesia, scomposta ed irrimediabilmente utopistica, l’umanità caracolla con un cavaliere mancego e un fido scudiero.
Il don Chisciotte è la storia di un uomo di campagna che dopo aver scoperto libri di avventure cavalleresche si identifica esse a tal punto da perdere il senno, scambiando la finzione letteraria per realtà. A rafforzare le tinte di tale personaggio fu creato Sancho Panza sempliciotto e forse un poco ingenuo che non sempre arriva a comprendere i voli di fantasia del fedele compagno. Ed infine Dulcinea, la dama a cui Don Chisciotte perde la testa, il fulcro delle sue eroiche imprese. Chi sono questi personaggi?
Don Chisciotte, un vero Hidalgo
Il personaggio di don Chisciotte, è il più famoso personaggio nella famosa opera di Cervantes.
Cervantes lo inventò ma finse che fosse esistito, così come spesso molti autori fanno.
Qualcuno lo ha voluto identificare don Alonso Chisciano con don Alonso Quintana, zio di Catalina di Salazar, che abitava a Esquivias ma si tratta esclusivamente di ipotesi.
Don Chisciotte anzitutto è l’ uomo di ogni tempo e di ogni dove , come ogni lettore lo intende, ed il dramma del povero cavaliere folle è dramma di ogni sognatore.
Ma questo eroe è per così dire “Un tipo”, distinto in maniera del tutto vivace, diverso dalle figure di gentiluomini campagnoli a lui contemporanei.
Nobiluomini ben vestiti, spada al fianco, quasi solenni nel passo, ostentanti nell’ozio della passeggiata o della lettura, fra tavernieri ossequiosi e goffissimi servi fedeli .
Questo nobile coltiva l’arte di essere “Hidalgo” ; ed essere vero hidalgo, nella Spagna del Cinquecento comporta un grande numero di precise caratteristiche.
Prima di precisare il comportamento da tenere bisogna ben tener in mente che l’ hidalgo è nobile. Una nobiltà di sangue ,senza dubbio alcuno, ma anche come caratteristica d’animo e, in maniera non minore di professione.
Sangue puro e fede cristiana.
L’Animo è elevato,e quest’uomo che disdegna la volgarità vive dei proventi delle sue terre. Una professione redditizia ma oziosa e nella Spagna del Cinquecento, non se ne vedono molte.
Erede di una grandezza ormai in decadenza dal punto di vista dei costumi, egli tuttavia non si piegherà mai ad un lavoro , ignorando il significato della parola compromesso. Vive del suo, se può vivere, alle volte persino a stento. Figlio di antiche stirpi gloriose, lontano da una vita oblomoviana egli spenderà il suo tempo a leggere e alle volte passeggiare.
Generalmente questo personaggio è un malato di solitudine. Ma cosa tiene uniti queste due caratteristuche di grandezza e assurdità? Un impastato di fierezza, illusioni e cocciutaggine, come anche il suo autore Cervantes ne delineava i limiti :
“ . . . un gentiluomo di quelli con lancia nella rastrelliera, scudo antico, ronzino magro e can da seguito.”
L’ Hidalguìa è qualcosa tra fegato e sentimento
“…amico Sancio, ch’io nacqui per favore del Cielo in questa età di ferro per far rivivere quella dell’oro: quegli son io cui son riserbati i pericoli, le grandi imprese, gli strepitosi avvenimenti”
Questa è la voce di Don Chisciotte , di un sognatore, perchè nel sogno trova il suo parametro di esistenza. Per descriverla ancora meglio, basti notare la risposta di Sancho :
“Signore, io non so perchè mai vossignoria voglia mettersi a sì tremendo cimento; adesso è notte, qua non si trova anima viva, e noi possiamo andare per un’altra strada e schivare il pericolo, a costo di camminare tre giorni senza trovare una goccia d’acqua per bere; e poichè non v’è chi ci vegga, meno vi sarà chi ci accusi codardi e poltroni.”
La logica del nostro Sancho, è una logica che si crea sul responso degli altri. Non si pone limiti di pusillanimità perchè nessuno lo ha mai giudicato un codardo. La sfera di moralità dell’ autore don Chisciotte non si riversa in tale personaggio, per tale motivo il suo è spesso un dialogo che a tratti sfiora il comici con la tipicità della conversazione tra sordi. Sanchio non può capire, per un fatto di nascita e coraggio non è lui l’ Hidalgo.
Sancho Panza, il dormiglione
Sancho non è hidalgo, ma è proprio il concetto della parola che gli sfugge. Perchè? Perchè è un uomo preoccupatissimo di soddisfare i suoi bisogni primari.
Prima stanco, poi affamato, alle volte assetato.
“Dormi tu che nascesti per dormire…” E con questa atroce offesa Don chisciotte crede di averlo toccato nel vivo.
“Non s’arrabbbi, signor padrone..” risponse un Sancho accomodante.
D’essere nato per dormire Sancho lo sa e non ci trova nulla di vizioso.
Più avanti è lo stesso autore a ribadire quale sia per Sancho l’unica ragione che lo spinge ad assecondare il folle Don Chisciotte:
“ Andava Sancho Panza sulla sua cavalcatura come un patriarca, con le bisacce, con l’otre e con una gran voglia di vedersi governatore dell’isola che il suo padrone gli aveva promessa”
I sogni di gloria e smagliante eroismo li lascia a don Chisciotte, il buon Sancho. affronterà tormenti e pericoli per avere la sua isola, ma ciò che gli pesa e che non capisce proprio sono le nottate insonni.
“se il suo padrone non lo avesse chiamato, non lo avrebbero potuto svegliare i raggi del sole che lo ferivano nel viso, né il canto dei molti uccelli che giocondamente salutavano il nascere del nuovo giorno. “
Ma di Sanci ne è pieno il mondo, uomini pacifici talvolta persino dal cuore grande , dal ventre ampio e con il sogno di riempirlo.
Ma talvolta i don Chisciotte, risultano un po’ stonati tra gente di tal fatta. Le nobili veglie dei cavalieri erranti hanno il difetto di far apparire persino squallidi i sonni beati di tanti Sanci dormiglioni.
Dulcinea, la bella inesistente.
Dulcinea è un personaggio inesistente. Se comparisse del resto, dovrebbe farlo come Aldonza Lorenzo, che è la fanciulla ribattezzata da don Chisciotte, Dulcinea del Toboso.
Tra questa Aldonza , ragazza impudica e chiassosa e Dulcinea la parentela è un pretesto poetico. Dulcinea è esclusivamente una idea di femminilità, nata dalla inventiva dello scrittore. Non c’è, non esiste.
Eppure la vicenda di don Chisciotte le riguarda. E’ per lei che l’eroe della Mancia affronta i più grandi pericoli, a lei si rivolge nei momenti di cruccio e trepidazione. Invocando lei affronta il suo primo nemico, per lei si prende smacchi e vittorie.
“Essa combatte in me, in me riporta vittoria; ed io vivo e respiro in lei, e da lei mi viene vigore ed assistenza.”
Non c’è poema o canzoniere, per sublime e rarefatto che sia, che possa battere quest’opera realistica ed umoristica nell’idealizzare una donna privandola quasi totalmente di un corpo. Facendo accettare al lettore l’amore assurdo di un eroe che spasima, la pazzia del protagonista così vincente e grande ci contagia. Lei, Dulcinea, è più viva di molti altri personaggi. Più che eterno femminino, siamo dinnanzi alla glorificazione dell’amore, unico mezzo possibile che l’uomo ha per vivere.
“Un cavaliere errante senza amore è come un albero spoglio di fronde e privo di frutti, è come un corpo senz’anima..”