Eleonora Reggiori
pubblicato 4 anni fa in Recensioni

“Esercizi di fiducia” di Susan Choi

Lasciati cadere, lettore, ti prendo io

“Esercizi di fiducia” di Susan Choi

Sarah non ha fatto nulla del genere, oppure ha fatto tutto, anche ciò che attribuisce ad altri. Karen non sapeva nulla, oppure sapeva tutto tranne la piega che prende questa storia adesso. Sarah la racconta per rivelare una verità nascosta – o per nascondere il vero sotto una falsità plausibile, scombinando la realtà storica con la logica del sogno fino a renderla irriconoscibile.

Secondo Sarah, la vicenda la fa passare per una bella o una brutta persona? Vista in un modo, è una stronza crudele ed egoista. Vista in un altro, potrebbe essere convinta di salvare qualcuno.

Ma la verità o falsità del racconto di Sarah, la purezza o la disonestà dei suoi motivi per essere veritiera o falsa – queste non spetta a noi determinarle né ipotizzarle. Ci scusiamo per la digressione.

La prima uscita del 2021 della collana BigSur è Esercizi di fiducia, l’ultimo romanzo della statunitense Susan Choi, finora inedita in Italia. Già finalista al premio Pulitzer, con questo libro nel 2019 ha vinto il National Book Award. Online si legge che è proprio Esercizi di fiducia ad averla consacrata agli occhi della critica.

Credo che scriverne sia particolarmente complesso, perché tutta la narrazione si basa su un equilibrio molto precario e ben riuscito; l’impressione è che volendo analizzare più a fondo, il castello di cristallo che Choi ha sapientemente costruito crolli su sé stesso, rivelando i propri meccanismi anche al lettore più disattento. Tutta la retorica sugli spoiler, demonizzati sia che si parli di serie tv o di libri, mi lascia di norma abbastanza indifferente, eppure per questo libro più che per altri è senz’altro vero che troppe anticipazioni potrebbero guastare l’esperienza di lettura.

Sono gli anni Ottanta, in una cittadina imprecisata degli Stati Uniti – più piccola di Los Angeles o New York, però –, in una scuola che gli studenti stessi chiamano, con una certa boria, CAPA, più estesamente «Citywide Academy for the Performing Arts». Gli studenti che la frequentano sono diversi, ci dice la voce narrante della prima parte, e sono anche felici di essere diversi da qualsiasi altro studente liceale, sulla base di un privilegio che li ha portati a misurarsi con il canto e il ballo, oltre che con la geometria e la storia.

Il fatto che Choi scelga di ambientare il suo romanzo in una scuola nella quale si studi anche teatro risulta tanto più significativo se lo si colloca in un discorso più generale a proposito dell’economia del libro. La cosa più stupefacente di Esercizi di fiducia è il modo – originalissimo e convincente – in cui Susan Choi riflette sullo statuto del personaggio. Sarah e David, per quanto a un primo sguardo possano sembrare i protagonisti, sono più personaggi di quanto non siano persone. Se apparentemente questo potrebbe apparire come un difetto della scrittura, in Esercizi di fiducia è anzi un risultato straordinario. Gli «esercizi di fiducia» di cui parla il titolo non sono solo una materia tra le tante insegnate alla CAPA, dal momento che coinvolgono il lettore, chiamato più e più volte a dare una propria interpretazione del romanzo. Deve scegliere a chi e a cosa credere, decidere quali piani della narrazione prendere per reali e quali no, capire quali personaggi sono reali e quali invece sono stati creati a loro volta dalla penna dei personaggi di Susan Choi. Secondo me il miglior atteggiamento con il quale affrontare questo libro è, però, più che la decodifica, l’abbandono. Esattamente come quando – a chi non è mai successo? – l’esercizio richiesto è quello di buttarsi all’indietro, rigidi, fiduciosi che ci sarà qualcuno a bloccare la caduta.

Il libro si apre, appunto, con Sarah e David, non ancora sedicenni ma già capaci di un amore totalizzante che sembra del tutto fuori contesto, esagerato. Il tono della narrazione della prima parte del romanzo stride in modo particolare con la giovanissima età degli studenti del CAPA e, di primo acchito, si avverte una distanza tra la maturità della scrittura, dei temi, e la giovanissima età dei protagonisti. Attorno a questi studenti – che viene dato per scontato siano diversi – gravitano una serie di personaggi dai nomi quasi banali, quasi delle macchiette. Un po’ come spiriti e guide, indirizzano Sarah e David, anticipano cosa serberà il futuro e la sensazione è che sappiamo come andrà a finire. Non confermeremo mai questa nostra impressione, però, perché la prima parte della storia si conclude a pagina 159, e lì riparte tutto da capo.

Il libro potrebbe ricordare, in qualche modo, Un dolore così dolce (Neri Pozza, 2019). Entrambi sono romanzi di formazione che pongono al centro della vicenda il teatro, con protagonisti un ragazzo e una ragazza e affrontano, in ordine sparso: scoperta sessuale, discorsi sull’importanza del gruppo, dell’amicizia e del desiderio, le dinamiche di potere, le aspettative e le conquiste di un periodo delicatissimo della vita di ognuno. Se però Un dolore così dolce restava, tutto sommato, alla superficie delle cose, dando un’immagine convincente dell’adolescenza ma certo non memorabile, quello di Susan Choi è tutt’altro libro.

In Esercizi di fiducia è stato preso un trauma, e lo si è decostruito, osservandolo da lontano, da fuori, e poi da vicino, lo si è preso per quello che era, nella sua semplicità, per dargli tridimensionalità attraverso punti di vista diversi e opposti. Per parlarne in termini visivi – credo, forse, più immediati – nella costruzione del libro ho visto una similitudine con gli obiettivi iniziali del cubismo analitico: come negli intenti di un Braque o un Picasso c’era l’analisi totale della realtà, condotta da diverse prospettive, con un atteggiamento quanto più scientifico possibile, così l’idea alla base del libro è quella di presentare un unico evento, però problematizzandolo, così da portare il lettore a un lavoro, anche faticoso, di interpretazione. Non che sia sempre possibile arrivare a un’interpretazione univoca, ma questa è forse la parte più convincente del romanzo.

Susan Choi ha scritto quindi un libro denso, impegnativo, e non solo dal punto di vista della costruzione. Quello che viene proposto come un libro sull’adolescenza e sui sentimenti a mio avviso non potrebbe essere più distante da questa definizione. I temi del Movimento Me Too vengono qui ripresi e guardati da un punto di vista non banale né patetico né, tantomeno, voyeuristico. Il fatto che Esercizi di fiducia giochi continuamente sul doppio livello realtà/finzione comporta anche che la colpevolezza, vera o presunta, non sia mai strillata, ma sempre indagata.

Raramente leggo recensioni prima di recensire io un libro – è più un rito che una vera paura di venire influenzata da pareri esterni – eppure ho visto che a Esercizi di fiducia è stato rimproverato di usare un linguaggio troppo disturbante, di reggersi su una storia troppo debole, di avere un tono esagerato per quello di cui alla fine si parla, cioè di ragazzini. Non è così, ma posso capire perché determinate critiche vengano mosse, soprattutto se la lettura si è interrotta prima di arrivare alla seconda parte. In questo, è importante che il titolo stesso venga preso in parola: la lettura è, credo, sempre un atto di affidamento. Io ti voglio dare fiducia, scrittore, non sarò incredulo e ascolterò cosa hai da dire. Il patto stretto con Choi, però, implica che la si ascolti fino alla fine. Girata l’ultima pagina non tutto avrà un significato, ma – come lettore – il proprio esercizio di fiducia potrà dirsi concluso.