I Florida di Apuleio e il mistero dell’excerptor
I Florida sono, nella forma attuale, 23 excerpta (ovvero estratti) di orazioni varie, tenute da Apuleio, principalmente a Cartagine. La varietà tematica è caratteristica di questi componimenti: lungi dall’essere una sorta di “erudition de paccottille”, costituisce un esempio della raffinata intelligenza di Apuleio nel fare uso del discorso figurato, λόγος ἐσχηματισμένος, attingendo ad un vastissimo repertorio di vocaboli, immagini e luoghi comuni che lo legano, appunto, al suo pubblico.
Se l’esordio, quindi il primo frammento, sembra avere le caratteristiche proprie del discorso epidittico (perché questa era l’unica oratoria possibile nel II secolo d.C.) il quarto, ad esempio, comincia ex abrupto con un elogio del flauto. Il quinto frammento contiene un’allocuzione al pubblico, nuovamente tipica del contesto oratorio, mentre quello successivo un excursus sull’India; l’andamento persiste fino a quello che parte della critica considera l’ultimo componimento. Al di là del problema contenutistico, i Florida presentano incongruenze anche nella trasmissione testuale e questo ha suscitato nei secoli un vivo dibattito. La ripartizione sistematica del testo in excerpta è piuttosto recente, mentre i manoscritti mostrano una suddivisione in quattro libri. Questo primissimo contrasto riguardo a genesi e organizzazione del testo pone già un importante terreno di confronto tra gli studiosi che, a partire dal XVII secolo hanno tentato di porvi rimedio. Il filologo tedesco Goldbacher, nel 1867, ipotizzò che i Florida fossero gli excerpta di una più ampia raccolta delle orazioni apuleiane, redatti durante gli anni dell’Impero congiunto di Marco Aurelio e Lucio Vero. Quanto al genere, la raccolta originaria era, a suo avviso, costituita da una silloge mista prevalentemente dedicata ad orazioni di argomento filosofico. Inoltre numerosi indizi si prestano ad avvalorare la tesi che l’opera fosse una redazione stenografica di conferenze d’Apuleio; d’altra parte non sembra possibile che l’autore abbia rielaborato e pubblicato il proprio testo dal momento che manca una cornice e per la disomogeneità della raccolta. Quindi Goldbacher non rinunciava alla possibilità che vi potesse essere un escertore, un librarius, tardo (ad esempio il Gaio Sallustio delle note a margine) che si fosse occupato di organizzare passi diversi per genere e stile.
Qualche tempo prima, nel 1861, il filologo Bernhardy aveva posto il problema dell’affinità tra Florida con certi scritti di Luciano e li aveva ricondotti al genere epidittico delle laliai. A questo giudizio diedero credito Erwin Rohde ma soprattutto il filologo inglese Stock che, nel 1911, cercò di stabilire una gerarchia sulla base del grado di verisimiglianza tra Florida (intesi come laliai) e le laliai vere e proprie di Luciano, giungendo a distinguere quelle certe, dubbie e i frammenti troppo brevi per essere sottoposti a giudizio. Tuttavia il contributo più sistematico è stato senza dubbio quello di Mras, nel 1949, che procedette ad un confronto tra loci similes di autori greci, ad esempio Luciano, e di alcuni passi dei Florida. Dalla disamina dei testi, concluse che l’opera di Apuleio era sostanzialmente una silloge di laliai, selezionate da un excerptor. La questione, però, è aperta: sebbene i tre testi giunti integri (IX, XVI, XVIII) appartengano senza dubbio al genere, per altri aspetti le perplessità permangono. È il caso, ad esempio del frammento X che, in virtù del suo contenuto cosmologico, non sembra riconducibile ad una lalia e pone, con la propria presenza, un problema circa l’omogeneità della raccolta per come fu intesa da Mras.
In conclusione, si può dire che i primi Florida non furono una raccolta solo di laliai in senso stretto, bensì è probabile che includessero anche discorsi filosofici ed epidittici (o, con termine equivalente, prolaliai, esordi). Dunque, l’idea migliore pare quella di operare una sintesi tra la teoria di Goldbacher e quella di Mras, nel senso che si può considerare verosimile la presenza di un escertore, che era maggiormente interessato alle laliai rispetto al resto dell’eventuale raccolta in questione. Ad oggi il mistero è ancora fitto: benché si concordi sulla presenza dell’escertore, nessuno ha saputo dargli con certezza né una grafia, né un nome, né un volto.