Il femminismo di Alice Munro
"La vita delle ragazze e delle donne"
Quello di Alice Munro è un femminismo maturo, che non alza mai la voce. Le protagoniste dei suoi libri sono esclusivamente donne; le ha raccontate sotto ogni sfumatura: donne ingenue, smaliziate, deluse, ambiziose, corrotte. Ha mostrato i lati più reconditi dell’animo femminile, senza mai tuttavia etichettarsi come scrittrice di genere né indugiare su aspetti del femminismo classico quali il matrimonio e la maternità. I suoi racconti non parlano esclusivamente di donne, piuttosto trattano ogni argomento della vita: l’amore, la morte, la delusione, la malattia, il lutto, il tutto filtrato attraverso uno sguardo femminile.
Con La vita delle ragazze e delle donne Alice Munro lancia una rivendicazione, ma lo fa passo passo attraverso gli occhi di una bambina che diventa adulta e, crescendo, si afferma assoluta sovrana della sua coscienza.
Si tratta dell’unico romanzo dell’autrice premio Nobel 2013, universalmente riconosciuta come la regina del racconto breve.
La leggenda narra che il libro sia stato scritto a tavolino in seguito al rifiuto dell’editore Jack McClelland di pubblicare la prima raccolta di racconti della Munro, Danza delle ombre felici. Malgrado la bocciatura McClelland riconobbe il talento della giovane e la incoraggiò a continuare, suggerendole di dedicarsi a un’opera di più ampio respiro: solo grazie a un romanzo, infatti, uno scrittore avrebbe potuto affermarsi nel mare magnum del mercato librario, altrimenti le sue opere avrebbero venduto poco – o meglio dire, pochissimo. Come è noto, Alice Munro ha sovvertito ogni regola affermandosi in primo luogo grazie ai racconti, ormai conosciuti dal pubblico di tutto il mondo.
Tuttavia anche la sua opera prima, pubblicata per la prima volta nel 1971 e ora riedita in Italia da Einaudi, merita considerazione; innanzitutto per la peculiarità che la contraddistingue: il romanzo è suddiviso per capitoli che si aprono come diversi quadri nella vita della protagonista. Sembra trattarsi di una lunga successione di racconti che tuttavia segue un unico filo conduttore. Ogni brano contiene un istante epifanico, un tassello insostituibile in grado di determinare il percorso di crescita: accade sempre un evento da cui non si può tornare indietro e che cambierà irreparabilmente il corso delle cose.
Del è un personaggio che cresce riga dopo riga e affascina con il suo punto di vista astuto e irriverente su quanto la circonda; ma non è la sola protagonista di questo romanzo che, infine, travalica i confini dell’autobiografia per farsi narrazione corale. Parlandoci attraverso lo sguardo di una bambina che diventa adulta l’autrice dà voce a tutte le donne: sono prettamente femminili infatti le co-protagoniste di questo libro e sono tutte, in egual modo, affascinanti.
Inizialmente ci vengono presentate le due simpatiche zie zitelle, che vezzeggiano la bimba e la viziano, tuttavia si eclissano una volta terminata l’età dell’infanzia perché tra loro e Del si erige una barriera invisibile: le donne, schiave della vita domestica, rimangono invincibilmente legate al mondo antico delle tradizioni, delle storielle religiose, dei riti; mentre Del cresce, apprende, sviluppa una propria personalità che la rende ai loro occhi una sconosciuta. Poi c’è la madre di Del, vero filo conduttore del romanzo, una donna dalle vedute troppo moderne per la sua epoca che, proprio per questo motivo, si sente esclusa dal mondo in cui vive. Mentre le zie, fanatiche religiose, la criticano per i suoi grilli per la testa, la madre di Del vende enciclopedie porta a porta facendo i chilometri da sola in auto. È una donna che crede nel potere della cultura, e proprio per questo motivo viene vista come un tipo bizzarro nella cittadina provinciale di Jubilee. È proprio lei la prima a parlare di emancipazione: «È in arrivo un cambiamento nella vita delle ragazze e delle donne» afferma, con l’intuito sagace che la contraddistingue.
A fare da sfondo agli avvenimenti è un immaginario paesino di provincia, liberamente ispirato a Wingham, la cittadina dell’Ontario dove Munro è cresciuta. La storia di questo paesino canadese, affacciato sulle rive del fiume Wawanash, diventa epopea e viene riscritta attraverso le vite dei suoi abitanti.
Quel che volevo era ogni singola cosa, ogni strato di conversazione e pensiero, pennellata di luce su una corteccia d’ albero come su un muro, ogni odore, ogni buca, dolore, fessura, illusione, tenuti immobili, insieme: in un’inestinguibile radiosità.
Sono queste esistenze minuscole ad acquisire un’importanza rilevante nella narrazione. Quanto colpisce la placida sottomissione di Naomi, migliore amica di Del, che infine si rassegna alla scelta di un matrimonio riparatore. E infine non c’è personaggio che commuova più della misteriosa insegnante Miss Farrell, comparsa tutt’altro che irrilevante nel corso della storia, che pone fine alla propria solitudine annegandosi nelle acque del Wawanash.
Munro spoglia il mondo adulto dai suoi tabù, guardandolo con gli occhi di una bambina. Si tratta di un mondo infantile ribaltato, dove la sessualità appare come il pensiero dominante e allo stesso tempo rappresenta un innominabile peccato. Il mondo adulto della finta perfezione, del finto controllo, dove in realtà tutto è il contrario di tutto. E il matrimonio, presentato come una rassicurante condizione, è una prigione che ingabbia le donne riducendole a condurre una vita non più autonoma di quella di un animale domestico.
È la condizione femminile degli anni ’40, alla quale la giovane Del infine si ribella segnando la svolta della sua generazione. Alla fine del romanzo ci appare una giovane donna pronta a prendere in mano il proprio destino, a cambiare città e incamminarsi verso un futuro ancora sconosciuto ma pieno di aspettative.
La protagonista si svincola dalla logica ristretta della provincia; si sente chiamata a una vita diversa dalla condizione di moglie e madre – che nella cittadina di Jubilee sembra essere il destino ineluttabile per ogni individuo di sesso femminile. Ciò che si esemplifica, infine, è il racconto di una ribellione, di uno sradicamento. La ragazza muove il passo decisivo, di non ritorno: abbandona i luoghi dell’infanzia, pur sapendo che una parte di lei resterà legata ad essi per sempre, tuttavia l’ambizione la conduce altrove.
Del, voce della storia, rivela in tutte le sue contraddizioni il conflitto interiore vissuto da ogni ragazza, in bilico tra desiderio di evasione e un bisogno, altrettanto insopprimibile, di stabilità.
Alice Munro ci consegna questa prospettiva straordinariamente moderna del femminile attraverso il racconto del distacco dall’infanzia, della lacerazione che conduce all’età adulta.
La vita delle ragazze e delle donne è anche un meraviglioso spaccato di ciò che furono gli anni ’40; un malinconico ritratto del passato, uno specchio della memoria, e infine il ricordo confortante di un tempo dove tutto si è già compiuto per non ritornare più.