Intervista a Peppe Millanta
Innanzitutto, grazie per questa piccola chiacchierata. Il tuo Vinpeel sta viaggiando parecchio e viene nominato per tantissimi premi – molti dei quali alla fine vinti. Appena prima di pubblicarlo, ti saresti aspettato un riscontro del genere?
No, ma ammetto di averlo sperato, nonostante all’inizio fossi un po’ spaventato. Nella fase della scrittura, anche grazie al mio editore, sono stato libero di sbizzarrirmi con la mia fantasia, senza freni. Ma più si avvicinava il momento dell’uscita, più venivo assalito da qualche dubbio. Si tratta infatti di un romanzo forse un po’ strambo rispetto a quello che esce di solito. Ha una ambientazione sui generis, nomi fuori dall’ordinario, una struttura non proprio canonica, dei personaggi che sarebbe difficile calare in qualsiasi altro contesto. Però dall’altra parte mi facevo coraggio perché sentivo che l’argomento poteva essere caro a molti, che la forma narrativa usata nel suo piccolo poteva farsi notare, e soprattutto che si trattava di un racconto “genuino”, sentito, e non scritto a tavolino. Il libro ha poi fortunatamente trovato sin da subito la sua strada per arrivare ai suoi lettori, soprattutto attraverso il passaparola, cosa che mi rende davvero contento. I numerosi messaggi ricevuti su facebook da persone che non conoscevo, che a poche settimane dall’uscita semplicemente mi ringraziavano, sono state un qualcosa di emozionante come poche cose mi sono successe.
Una domanda difficile: come spiegheresti cosa sono Vinpeel e il suo mondo, se dovessi spiegarlo a un bambino?
Una domanda non difficile, ma difficilissima! I bambini tra l’altro sono spietati, e si accorgono subito se stai mentendo. Direi loro che Vinpeel è un ragazzino testardo, e che la sua testardaggine è proprio ciò che lo salverà. Direi loro che è importantissimo intestardirsi per i propri sogni, perché sono la cosa più preziosa che abbiamo. Ma direi loro che ancora più importante è imparare ad ascoltarsi dentro, per capire qual è questo benedetto sogno, ciò per cui siamo davvero disposti a lottare. Spesso, a malincuore, trovo lo spaesamento di fronte alla domanda “Cosa ti piace?”. E dietro il “Non so” che a volte incontro avverto l’abisso, il deserto, e sempre tanta, tanta, sofferenza. Perciò spiegherei Vinpeel e il suo mondo dicendo che si tratta della storia di un ragazzino testardo, che ha avuto il coraggio di ascoltarsi dentro e di capire qual è il suo sogno, e di cercare di conquistarlo anche quando tutto intorno a lui remava contro.
Chi sono gli scrittori che ti hanno ispirato? Chi sono invece quelli che ti sono piaciuti di meno, o perfino che detesti?
Ho avuto tanti, tantissimi maestri. Non per forza narratori tra l’altro. Credo che una canzone di Chico Buarque de Hollanda abbia la stessa potenza di molta letteratura, così come un dialogo di Pinter abbia molta più drammaticità. Volendo però rimanere nell’ambito della narrativa, sicuramente Buzzati. Iniziai a scrivere per colpa sua, verso i 14 anni, dopo aver rubato un suo libro in biblioteca (ora lo posso dire che il reato è prescritto). Anche l’incontro con Marquez fu spiazzante e splendido, con la possibilità di far entrare la fantasia in un testo senza filtri. Ma ci sono anche Calvino, Boris Vian, Queneau, (giuro, tra poco smetto…) Manuel Scorza, i racconti di Cortazar (ancora poco poco e smetto, davvero!), Faulkner con i suoi giochi narrativi, Steinbeck che scrive sentenze e parabole splendide come se fosse una Bibbia (gli ultimi e finisco, sul serio!), Agota Kristoff, il Tristram Shandy di Sterne (ok, basta! Perdono, ma potrei andare avanti per ore quando parlo di cose che mi piacciono).
Detestare nessuno. Dietro ogni scrittura c’è uno sforzo, c’è sudore, c’è lavoro. E solo per questo credo vada rispettata. L’unica cosa che “detesto” (anche se si tratta di un termine con cui non ho molta dimestichezza) è la scrittura sciatta, buttata lì, non sofferta né ragionata. Lo scrivere per lo scrivere. Ma non farò nomi. Mi sono già salvato la fedina penale per il libro di Buzzati, non vorrei stuzzicare troppo la fortuna!
Tu scrivi, suoni, racconti. Hai già in mente un altro romanzo? Pensi che continuerai a scrivere?
Ho sicuramente in mente altre storie, altri personaggi, altre suggestioni, che però non so ancora che forma avranno: canzone, soggetto per il cinema, testo teatrale, romanzo. Continuerò sicuramente a inventare storie fino a quando nella mia testa si formeranno immagini. In fondo siamo animali narrativi. Abbiamo talmente bisogno di raccontarci e di raccontare storie, che continuiamo a farlo anche mentre dormiamo attraverso i sogni, senza smettere mai. La domanda più che altro è vedere se qualcosa di quello che scriverò sarà abbastanza dignitosa per essere pubblicata.
Intervista a cura di Federico Musardo
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