Federico Musardo
pubblicato 10 anni fa in Letteratura

La leggenda del Golem

un mistero della Praga magica

La leggenda del Golem

La genealogia culturale di questa leggenda è lunga e complessa ed altrettanto complesso è sintetizzarne le evoluzioni nella storia letteraria. Al verso 16 del Salmo 138 incontriamo la parola per la prima volta, un sostantivo che dovrebbe tradursi con “cosa informe, ravvolta in sé stessa” in quanto richiama il verbo “avviluppare, piegare” (in ebraico “gelem”). Nel 1808 Jacob Grimm narra la ormai popolare leggenda del golem magicamente vivificato dal Rabbi Löw di Praga, golem che diviene minaccioso nei confronti del suo creatore che ormai ha perso il controllo di ciò che ha creato. Tuttavia tale leggenda entra nella recente letteratura per mano di Meyrink, scrittore austriaco di lingua tedesca vissuto nel secolo scorso. Gustav Meyrink ( pseudonimo di “Meyer”) racconta che fu sul punto di suicidarsi fino a quando un libraio gli diede un opuscolo:

“Presi il fascicolo e cominciai a sfogliarlo. Contenuto: spiritismo, occultismo, stregoneria. Questi argomenti, che fino ad allora avevo conosciuto solo per sentito parlare, a tal segno risvegliarono il mio interesse, che riposi la rivoltella nel cassetto…”

Terminata la vita da banchiere egli decise di scrivere; il suo lavoro più celebre è il citato Der Golem ( 1915), seguito e preceduto da scritti che ruotano intorno alla sfera occulta e mistica. Nel saggio Praga Magica di Angelo Maria Ripellino è descritta la tendenza diffusa di questi autori boemi a indagare i volti nascosti dell’esistenza umana, soprannaturali, leggendari; egli descrive una Praga alchimistica, che raggiunge il massimo fulgore al principio del XVII secolo, ai tempi di Rodolfo d’Asburgo. Una città in cui si annidano “angoli bui, passaggi misteriosi, finestre cieche, sudici cortili, bettole rumorose e locande chiuse”.

Teatro principale de Il Golem di Meyrink, romanzo piuttosto esoterico su cui mi soffermo, è appunto il ghetto di Praga, un bizzarro labirinto di viuzze sudice, “brutte viuzze malate, che attraversavano la pancia di una casaccia, scartando poi all’improvviso da un lato, per sbattere infine come pipistrelli su un muro cieco.”

In questo ambiente degradato appare una figura evanescente eppure suggestiva:

Non so proprio da dove cominciare,» disse il vecchio esitando, «la storia del Golem è difficile formularla. Come prima diceva Pernath: di sapere esattamente qual era l’aspetto di quello sconosciuto, e tuttavia di non riuscire a dipingerlo. Ogni trentatré anni all’incirca si ripete nelle nostre viuzze un avvenimento, che in se stesso non ha proprio niente di particolarmente allarmante e tuttavia riesce a propagare uno spavento per il quale non si possono trovare né spiegazioni né giustificazioni. Succede cioè ogni volta che un uomo assolutamente sconosciuto, privo di barba, dalla faccia gialla e tratti mongolici, provenendo dalla via della Vecchia Scuola, vestito di stinti abiti fuori moda, con un’andatura inciampicante in modo specialissimo e uniforme come se ad ogni attimo dovesse cadere in avanti, attraversa il quartiere ebraico e d’un tratto si rende invisibile. Di solito svolta in un vicolo, e scompare.

Mastro Pernath, dal passato dimenticato, restaura oggetti logorati dal tempo; quel giorno un individuo porta alla sua bottega un libro antico, il libro Ibbur, ed egli lo sfoglia preso da un’ansia di conoscenza, incominciando a perdere il contatto con la realtà, misticamente. Da lì, continua la leggenda.

[…] ecco lo spettro, che nelle sembianze, nell’andatura, nel contegno, in tutto potrebbe essere l’inequivocabile personificazione dell’anima della massa […] 

 

L’immagine in evidenza proviene da: https://horrorpedia.com/2015/02/20/the-golem-how-he-came-into-the-world/