Culturificio
pubblicato 3 anni fa in Letteratura

La Madonna del futuro: una riflessione tra arte e vita in un racconto antico e moderno

La Madonna del futuro: una riflessione tra arte e vita in un racconto antico e moderno

La Madonna del futuro compare per la prima volta su «The Atlantic Monthly» nel marzo 1873. Diviene un racconto molto popolare, tanto che verrà spesso ristampato nelle raccolte di Henry James – consiglio la lettura dal volume Racconti italiani, edito da Einaudi (1991).

La struttura de La Madonna del futuro si avvale di un narratore esterno che descrive una visita giovanile del narratore interno nella Firenze dell’epoca. Mentre è intento ad ammirare le sculture di Palazzo Vecchio, questi conosce l’americano Theobald, un artista che non ha mai venduto un solo quadro in vita sua e che mostra un febbricitante entusiasmo per la storia del luogo e il suo patrimonio artistico. Il giorno seguente, il narratore lo incrocia di nuovo, stavolta alla Galleria degli Uffizi, e va con lui a Palazzo Pitti. È lì che, quando mostra un genuino entusiasmo per La Madonna della Seggiola di Raffaello, Theobald sfodera, da buon americano con radici puritane, una visione idealista e quasi metafisica dell’arte.

I due uomini decidono quindi di incontrarsi ogni giorno per i successivi quindici e il narratore continua a stupirsi della passione mostrata da Theobald, della sua conoscenza e del suo profondo impegno nel mondo dell’arte, a dispetto di quanto afferma la signora Coventry, patrona americana residente a Firenze da lungo tempo. La donna è convinta infatti che Theobald sia solo un sognatore senza talento in cui le persone hanno smesso di credere già da tempo. A differenza sua, un altro personaggio della storia, donna Serafina, crede ancora in Theobald: lei è la sua modella, avanti con l’età, ma vista da lui come giovane e bellissima. Alla rivelazione da parte del narratore riguardo la sua “maturità”, Theobald ne esce sconfitto e profondamento sconfortato.

Qualche giorno dopo, tornando nell’appartamento di Serafina per incontrare Theobald, il narratore la trova intenta ad intrattenere un altro uomo, un creatore volgare e pretenzioso di oggetti-spazzatura. Questi, a differenza di Theobald, è promotore di un’arte orientata al consumismo moderno, senza filtri o abbellimenti, che rappresenta la realtà nuda, cruda e selvaggia. Dopo un duro scontro con la realtà, Theobald si ammala e, nonostante le cure dell’amico, muore senza prodotto la sua “Madonna del futuro”, un misto dei maggiori capolavori rinascimentali italiani.

Come accade in questa storia e in altre sue opere, James ha sempre posto molta attenzione al tema dell’arte, scrivendo di artisti, del loro successo, della loro reputazione e delle débâcle. Theobald è un aspirante pittore con un’enorme riverenza per il mondo dell’arte e per i maestri del Rinascimento italiano in particolare: oltre ad essere ben informato sulla storia e sui dettagli tecnici, ha una visione romantica dell’arte, descritta in termini così entusiastici e appassionati da proiettare il lettore in un regno quasi religioso e trascendentale, in opposizione alla visione più scettica e materialista del narratore. Ci sono, tuttavia, due problemi sulla posizione di Theobald: il primo è la sua mancanza di vera forza creativa, il secondo l’aver vissuto «nella negazione», in uno stato di sterilizzazione artistica.

La sua Madonna ideale infatti è in gestazione da ben due decenni, eppure non è riuscito a realizzarne neanche una bozza, e questo si riflette nella relazione con Serafina, la modella scelta per la sua rappresentazione: potrebbe forse essere stata una Madonna simile a una vergine al momento del loro primo incontro, ma oramai è soltanto una donna anziana attorniata da “gentiluomini in visita” (il che potrebbe implicare una sua sottintesa condizione di prostituta).

Ciò che rende la storia ammirevole e letterariamente curiosa è soprattutto il pathos nella caratterizzazione di Theobald e la sua tragedia nella sconfitta di un sogno non realizzato, scena bellissima quanto crudele. La signora Coventry ha ragione: Theobald ha raccontato a tutti del suo grande progetto di voler sintetizzare tutti i capolavori della scuola italiana nella sua Madonna, eppure, il fatto che il narratore si entusiasmi di fronte ai suoi sogni rende questo personaggio tenero e simpatico, nonostante si tratti di una persona chiaramente illusa. Fin dalle prime righe del racconto, James anticipa ai lettori che Theobald è destinato alla “mediocrità fatale”; la sua disfatta artistica e la rovina fisico-spirituale sono come il prodotto di una forza esterna, divina e spietata che richiama e riecheggia la sacra arte rinascimentale italiana, composta da meraviglie irraggiungibili, non ripetibili e portatrici di estreme conseguenze, se sfidate e imitate. Vista dagli occhi dell’artista americano, Firenze sembra infestata e leggermente inquietante:

È come se i fantasmi del passato fossero all’estero nelle strade vuote. Il presente sta dormendo; il passato aleggia su di noi come un sogno reso visibile.

In generale, tutti i critici pongono il tema dell’idealismo e del realismo dell’arte al centro di questo racconto giovanile. James sembra voler avvertire il pubblico del pericolo implicito nel cambiamento che l’arte stava affrontando. In questo senso, il martirio di Theobald e la sua arida carriera segnano uno spartiacque tra la figura di un artista obsoleto destinato al fallimento per il suo eccessivo idealismo e la nascente commercializzazione di un’arte destinata a un sempre maggiore successo. James, per il “buon artista”, desiderava un equilibrio tra queste due filosofie, ma aveva già intuito che stava nascendo una corrente di artisti – simboleggiata nel racconto da un pretenzioso creatore di statuette – destinata a cambiare per sempre il mondo dell’arte.

Attraverso questo personaggio, orientato al consumismo moderno, James prevede il destino della società odierna, improntata a una filosofia di vita animalesca, sensuale, in cui il possedere equivale al vivere, dove l’arte viene contaminata dalla sporcizia morale del consumismo. Per non calcare i passi di Theobald né quelli del venditore di statuette, è quindi necessario trovare un equilibrio molto difficile: qui sta il gioco della vita che pende dalle nostre labbra una volta terminato il racconto. Questo racconto ancora coinvolge e sconvolge, crea dubbi e discussioni. Al di là del fallimento dell’artista impotente, infatti, traslando e applicando il concetto alla vita umana, James sembrerebbe incitarci all’agire, al trasformare le idee in realtà e al sottolineare come la perfezione assoluta sia presente soltanto nella nostra mente. La vita non è l’arte o, almeno, ormai non lo è più; l’arte a cui Theobald si rivolge è già sepolta e sedimentata nella bellezza dei capolavori dei secoli che furono. Adesso invece, rassegnandoci al beffardo gioco dell’esistenza, James pessimisticamente conclude con un’ultima, criptica frase:

Gatti e scimmie, scimmie e gatti; tutta la vita umana è lì!

di Gaetano Di Stefano