La poesia immagine del nuovo secolo di Guillaume Apollinaire
tra ordine e avventura
E tu bevi questo alcool che brucia come la tua vita
la tua vita che bevi come fosse acquavite.
Questo distico, forse uno dei più noti di Apollinaire, chiude Zone, il lungo poema in testa alla raccolta Alcools, pubblicata nel 1913 alle porte della Prima guerra mondiale. Già dal titolo dell’opera è evidente il motivo dell’ivresse, lo stato di ebbrezza, che simboleggia la condizione dell’uomo moderno. L’alcool è metafora della vita: entrambi scorrono brucianti e consumano il poeta, lasciando una scia inebriante di ricordi.
Questi ultimi, come scrive nel componimento Cors de chasse, sono come «corni da caccia / il cui rumore muore nel vento». Gli echi lancinanti sono prodotti soprattutto dagli amori passati, presenti in tutta la poetica di Apollinaire: l’amore è vera e propria acquavite, una fiamma intensa carica di sofferenza e di malinconia, sorgente di perenne e tormentata bellezza.
È infatti dalla condizione nostalgica di malaimé, di non amato, che scaturiscono i versi più celebri, come testimonia la poesia Le pont Mirabeau: «venga la notte, suoni l’ora / i giorni se ne vanno io resto ancora».
L’autore, da sempre vittima del tormento amoroso, unisce al dolore per l’abbandono da parte della donna amata l’impotenza davanti alla fuga del tempo, che nega ogni permanenza tranne quella della pena. Il fiume che scorre diventa emblema della vita che rifluisce nel passato, mentre il ponte è l’eterno punto di incontro tra il poeta e la memoria di giorni lontani. Infatti, quando tutto cambia, gli oggetti e l’ambiente circostante custodiscono e condividono il ricordo con l’artista, facendo scaturire al suo passaggio una miriade di colori, odori e sensazioni.
Questa onnipresenza del passato fa sì che il senso di nostalgia non si trasformi mai nel tentativo disperato di rincorrerlo: Apollinaire propone una soluzione tra le due dimensioni e dal contrasto nasce una concezione dolce, estremamente lirica del rapporto tra l’uomo e il tempo. L’equilibrio, seppur fragile, si situa tra l’attenzione verso il passato e una sincera passione per il presente: da questa conciliazione nasce lo spirito di novità e di libertà che protende verso il futuro.
L’armonia tra innovazione e modernità è ciò che più contraddistingue la figura di Apollinaire e che permette di collocarlo perfettamente a cavallo tra il XIX e il XX secolo: diviso fra l’amore per la propria intimità e quello per la realtà in movimento, fra tradizione e sperimentalismo, Apollinaire si situa nel cuore delle contraddizioni presenti nella transizione dal simbolismo all’avanguardia.
La sua forte e complessa personalità, ricettiva ed estrosa, si mostra fin da subito tesa tra due poli opposti: se da una parte Apollinaire si trova infatti proiettato verso il progresso per ampliare la propria immaginazione poetica, dall’altra avverte il rischio di una dispersione della propria intimità e identità personale e rifiuta di rompere del tutto con l’antichità.
Apollinaire è complice e primo fruitore delle trasformazioni estetiche di inizio secolo, oggetto imprescindibile dei suoi testi: la bellezza della città industriale, l’elettricità, i mezzi di trasporto e una vasta gamma di suoni e luci sono in grado di restituire all’uomo un’energia nuova.
In Zone, Parigi è il punto di partenza e di ritorno dell’io poetico in un movimento incessante tra luoghi distanti del pianeta: tra Praga, Coblenza, Roma e Amsterdam, Apollinaire viaggia, posando contemporaneamente il suo sguardo su piani spazio-temporali diversi. La velocità del mondo moderno viene restituita, dal punto di vista formale, da una sorprendente mobilità verbale e da un passaggio quasi cinematografico tra una scena e la successiva. L’eliminazione della punteggiatura e il predominio della paratassi, insieme alla mescolanza di registri e di campi semantici, conferiscono al poeta la sua voce originale e lo pongono a stretto contatto con la realtà più concreta e attuale, superando sia la metafisica simbolista che i canoni classici.
L’estetica del simultaneismo, di moda all’epoca, viene così evidenziata dalla coesistenza di «Ordine» e «Avventura» (come citato nell’ultima poesia di Calligrammes, La Jolie Rousse): l’ordine del mondo presente e la percezione di esso sono possibili solo attraverso «l’infinito e l’avvenire».
La vita di Apollinaire è predisposta sin dall’inizio all’avventura: al di là del culto del cosmopolitismo, accelerato da un’effervescente apertura verso il mondo, il poeta rivendica il suo stato di apolide e di meticcio. La figura dell’emigrante, individuo senza radici perennemente alla ricerca delle proprie origini, è al centro di tutta la sua produzione poetica e porta in primo piano la questione dell’identità artistica formatasi a partire dall’esperienza personale.
Nel meraviglioso poema L’Emigrant de Landor Road, ispirato dalla partenza dell’amata Annie per l’America, l’autore traccia l’itinerario fisico e psicologico di un uomo che, in un presente disperato, proietta in un paese e in un futuro lontani tutte le proprie speranze. Ma la possibilità di una rinascita, accompagnata fin dall’inizio da cattivi presagi, condanna l’emigrante a un drammatico destino, dove il viaggio non è che una tragica epopea e l’avvenire una mera riscrittura del passato:
guardò a lungo le rive morenti
solo delle barche di bambini tremavano all’orizzonte
Un piccolo bouquet che galleggiava all’avventura
coprì l’oceano di un’immensa fioritura. Avrebbe voluto questo bouquet come la gloria
giocare in altri mari tra i delfini
e si intesseva nella sua memoria
un arazzo senza fine
che rappresentava la sua storia.
La bellezza delle immagini, unita alla musicalità del verso, mostrano la concezione totale dell’arte di Apollinaire: con la raccolta Calligrammes (1918) e la creazione degli ideogrammi, il poeta dimostra di voler unire la scrittura alla pittura e al disegno, come testimonia il primo titolo a cui aveva pensato «Et moi aussi je suis peintre». Composti tra il 1912 e il 1917, i calligrammi diventano l’unico modo per raccontare le atrocità della guerra senza incontrare i limiti della censura e costituiscono la parte più sperimentale della produzione di Apollinaire, affrancando la scrittura dalle norme accademiche e spingendo la forma verso una nuova libertà. Questa capacità di incarnare l’esprit nouveau e di mettere in discussione il linguaggio poetico influenzarono la nascente avanguardia surrealista di Breton, che lo riconobbe come maestro e lo definì «il lirismo in persona»: la voce di Apollinaire, sebbene legata a certi aspetti della tradizione, diventò espressione del nuovo secolo e lasciò in eredità alle successive generazioni di poeti una visione più complessa e articolata del rapporto tra l’uomo e la realtà.