“L’animale morente” di Philip Roth
Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l’avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con l’auto-distorsione. Ed è quello che hai fatto, che ti ha ridotto alla disperazione.
Volevo iniziare a parlare dell’opera di Roth in questo modo, citando questo passo: questa frase rappresenta la quintessenza del romanzo stesso, il nucleo fondatore da cui si articolano tutte le parole ed i pensieri che seguono un preciso leitmotiv della narrazione.
L’animale morente (2001; Einaudi 2002) è infatti un romanzo che si sviluppa sulla corporeità, sulla pragmaticità della carne umana, che non può essere scissa dall’entità dell’essere, dal sé, dalla mente che rappresenta il contorno e lo scheletro del corpo. I due protagonisti della vicenda, il professore David Kepesh e la studentessa Consuela Castillo, sono l’emblema icastico di questo binomio materialità-spiritualità. David è un professore universitario di origine americana, il professor Desiderio, se così vogliamo definirlo, in quanto è un personaggio che non suona nuovo all’orecchio del lettore, ed è ossessionato dalle donne e dal sesso, un contemporaneo maestro dell’ars amatoria: le sue studentesse sono tutte uguali, nessuna spicca e nessuna fa differenza per lui, indistintamente ne preferisce una a un’altra, le desidera e le oggettifica.
Tutte tranne Consuelo Castillo, ovviamente. La sua ossessione per la giovane ragazza si trasforma presto in un’amore malato, un desiderio d’appartenenza feroce e verace, che lega i due in maniera indissolubile e peculiare. Roth riesce a farci comprendere come David ami ogni minimo particolare di Consuela, ogni parte di lei e del suo essere, ma soprattutto il suo corpo: quest’ultimo infatti rappresenterebbe la trasposizione del loro intricato desiderio, l’intarsio perfetto fuso in un’unica carne, l’elemento sessuale che si trasforma in strumento grazie al quale appagare entrambi.
Con l’avanzare della narrazione, il lettore si rende conto che il desiderio di David non è fine a sé stesso, perché si trasforma in un qualcosa di diverso, che somiglia di più all’amore. Un amore disturbato, auto-distruttivo, un amore che non può coesistere in due corpi così diversi e così contrastanti. Il lettore però, a un certo punto, potrebbe chiedersi se David sia davvero innamorato di Consuelo, della sua identità, o se lo sia semplicemente del suo corpo, della sua materialità carnale che rappresenta al contempo un’individualità storico-politica.
Difatti sappiamo che Consuelo è una ragazza cubana, fuggita dalla sua terra natia a causa della dittatura di Castro: è questo ciò che interessa davvero a David? Il fascino dell’esotismo politico-esistenziale? Il diverso da sé e dalla comune storia americana, la vicenda esistenziale di una ragazza cubana che della vita sa poco e nulla? Leggendo il romanzo, alla luce di alcune considerazioni, mi viene da pensare che David ami Consuelo in quanto prodotto finale di una serie di avvenimenti caratteristici: il vissuto politico, l’esilio, la corporeità sensuale, la sua malattia.
L’ultima parte del romanzo è, a questo proposito, estremamente straziante: ti devasta e ti lacera, come una lama nell’arteria. Consuelo è infatti malata, scopre di avere un tumore al seno: il suo corpo è in via di disfacimento, i suoi seni non esisteranno più, dovranno essere asportati. È senza capelli, sfinita dalla cure, e il suo corpo, che è stato un mezzo ed uno strumento dell’eros per tutta la narrazione, ora sta scomparendo. Ed è qui, in questo momento narrativo, che David viene portato all’esasperazione: quel corpo che ha tanto bramato, desiderato, sfiorato, sta per svanire nell’oblio. In questi attimi tragici, capiamo che in realtà l’attaccamento morboso di David al corpo di Consuelo e al sesso non sono semplici espressioni di una tendenza alla sessualità senza inibizioni, ma si tratta di un attaccamento alla vita stessa: un’ancora materiale alla quale aggrapparsi per sentirsi vivi, per non precipitare nell’abisso dell’esistenza, in un vuoto che non ha mai fine.
Per David, il sesso è la maniera migliore per conoscere una persona, poiché in qualche modo il corpo rappresenta lo specchio dell’anima, dell’io interiore: non si tratta di una fine ma dell’inizio di tutto, la via per sfuggire alla morte e non farsi fagocitare dallo scorrere del tempo. David, per tutto il racconto, si nutre dei corpi giovani delle donne per anelare all’immortalità sessuale, per esorcizzare la sua anima vecchia e stanca.
Il sesso non è semplice frizione e divertimento superficiale. Il sesso è anche la vendetta sulla morte. Non dimenticartela, la morte. Non dimenticarla mai. Sì, anche il sesso ha un potere limitato. So benissimo quanto è limitato. Ma dimmi, quale potere è più grande?
Questo è il dramma dell’Animale morente: un corpo, un’entità, un’individualità che vengono sacrificati, dati in pasto al supplizio in maniera ingiusta e agonizzante. E così come si è ammalata Consuelo, anche David subirà le conseguenze di questo male: lui stesso verrà trascinato in un questo turbinio mortifero, perché in fondo ama questa donna, ama l’idea che si è creato di lei, il suo corpo che ha vissuto per così tanto tempo, un corpo che è stato un espediente per allontanare la dipartita quanto più possibile.
Consuelo è stata come un parassita che in sordina si è introdotto nel corpo di David, nella sua mente, nella sua introspezione, fino a farlo morire con lei. Sono due anime complicate, drammatiche, irrisolte, che non si lasciano scampo, ma che si trascinano l’una con l’altra nella fatalità del loro destino già scritto.