Chi è oggi Don Giovanni?
Il mito riletto nel XX secolo
I miti antichi si perdono nei tempi, risalgono spesso ad origini indefinite e hanno funzione collettiva legata alla morale, alla sacralità. I miti letterari moderni, identificati tradizionalmente con Faust e Don Giovanni (ma qualche critico ammette pure la storia di Tristano e Isotta), trovano un’origine ben definita. Nel caso appunto del Don Giovanni identificabile con l’opera di Tirso de Molina (El Burlador de Sevilla y convidado de piedra) composta nel 1630, in una Spagna immersa in un fervente clima religioso: lo stesso autore è un uomo di chiesa che vuol dare ai giovani una lezione di morale sull’importanza del matrimonio. Anche le altre due versioni più celebri del mito, Dom Juan di Molière e Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni di Da Ponte, seppur con qualche differenza a livello strutturale e narrativo, basano sempre la condanna del personaggio sulla sfida all’istituzione sacra del matrimonio e dunque a Dio.
Ma cos’è successo oggi al mito di Don Giovanni?
Secondo Axel Preiss (Le mythe de Don Juan, Bordas, Paris 1991) dopo il Romanticismo a Don Giovanni non resta più nulla dell’eroe, e proprio a metà dell’Ottocento si crea l’aggettivo “dongiovanni” (meglio designato dal francese con gli aggettivi donjuanisme e donjuanesque): una denotazione ironica, caricaturale, totalmente esclusa dall’ambito letterario, una figura ormai in mano all’immaginario collettivo che la deforma come uomo dal costume sessuale frivolo e spensierato, vittima dei propri eccessi.
Ma è soprattutto la psicanalisi a voler rileggere, ma in un certo senso ancora deformarne, la figura: si cerca infatti in Don Giovanni (ma anche nel suo valletto Leporello) una figura ascrivibile alla nostra società. Ed è qui che Don Giovanni, come mito letterario, muore, incapace di essere interpretato da una società che non gli appartiene. Nel XX secolo il cambiamento della concezione religiosa, del matrimonio, e i nuovi rapporti tra i sessi, non permettono più la comprensione dell’aspetto eroico, oltraggioso e assolutamente immorale del personaggio.
Con il cambiamento dei rapporti tra i sessi, gli autori del XX secolo creano un Don Giovanni sempre meno virile e che addirittura teme la forza femminile: gli scrittori moderni vorrebbero “vendicare” le figure femminili tradizionalmente marginalizzate nell’opera.
Secondo Aurélia Gournay (Don Juan en France au XXe siècle : réécritures d’un mythe, 2013) nelle reinterpretazioni novecentesche le donne sono principalmente predatrici che chiedono a Don Giovanni di dimostrare le proprie “qualità sensazionali” di seduttore. Sparisce il Don Giovanni conquistatore, sono le donne stesse ad offrirsi a lui, dimostrando il loro diritto ad una sessualità libera. Stanco di dover essere all’altezza delle loro aspettative, Don Giovanni si rivolge ad una nuova figura, quella della prostituta, una figura cui gli scrittori pongono particolare interesse: essendo per definizione una donna totalmente disponibile ai desideri degli uomini, è la sola che Don Giovanni non riuscirà mai davvero a possedere, a “far sua”.
Fino a giungere a una totale reinterpretazione con l’opera di Marcel Prévost( 1922) Le Don Giovanne, in cui Don Giovanni diviene un personaggio femminile, nella quale si afferma una completa libertà di costumi, contro la morale borghese. Ma anche questa volta (nonostante anche la figura della Statua del Commendatore abbia ormai perso valore) la protagonista subirà una condanna: vecchia, incapace di sedurre, non trovando più un senso alla propria vita, si suicida.
Ma nel 1976 Michel Foucault, in Storia della sessualità I, Volontà di sapere, fa di Don Giovanni l’interprete delle perversioni della moderna società e ne riscopre un lato ancora eroico: in rapporto alla cultura occidentale, Don Giovanni si fa nemico di valori preimpostati passati e presenti e in quanto libertino e “perverso” rovescia e mette duramente in discussione tutto questo sistema morale basato sull’ordine sociale e su una sessualità ammessa ancora esclusivamente a livello coniugale.