Camilla Gazzaniga
pubblicato 1 anno fa in Recensioni

“Questo amore” di Yann Andréa

come il ricordo riscrive la vita

“Questo amore” di Yann Andréa

L’amante di Marguerite Duras comincia con l’immagine dell’attraversamento di un fiume. È il Mekong, chi l’attraversa ha quindici anni e mezzo e vive con la madre e con i fratelli nell’Indocina francese. Il fiume viene passato su un traghetto, leggendo si capisce che si tratta di una metafora: quando lo si attraversa si entra in un modo e si esce in un altro. La ragazza del traghetto porta un cappello da uomo color rosa, un dettaglio che Duras ricalca perché quel copricapo fa da cornice a un volto. Un solo elemento, un gesto semplice per accennare all’ambiguità dell’immagine, per trasformarla del tutto. Un cappello maschile che, se indossato, rende un volto scarno, che la natura ha segnato in modo fatale, un’altra cosa. Questo volto tornerà in altre storie, colpito da un invecchiamento precoce, da un accelerare del tempo, con lineamenti secchi e ingrati, gli occhi cerchiati. Un invecchiamento sentito da Marguerite Duras come una premonizione di quello che sarebbe stato poi; come difatti è diventato – «Presto fu tardi nella mia vita. A diciott’anni era già troppo tardi. Tra i diciotto e i venticinque anni il mio viso ha deviato in maniera imprevista». E l’attraversamento di un fiume, un viaggio come se ne fanno tanti, qui separa un prima da un dopo.

L’amante di Marguerite Duras comincia da questa immagine ma non solo. C’è un incipit allusivo, appena accennato, quasi fosse una parentesi estranea al testo che subito dopo tratterà d’altro. «Un giorno, ero già avanti negli anni, in una hall mi è venuto incontro un uomo. Si è presentato e mi ha detto: “La conosco da sempre. Tutti dicono che da giovane lei era bella, io sono venuto a dirle che la trovo più bella ora, preferisco il suo volto devastato a quello che aveva da giovane”». C’è dunque un uomo in questo incipit, ma non è l’amante di quella storia, il giovane cinese molto ricco nell’Indocina francese degli anni Trenta. Quest’uomo è un altro e guarda, molti anni dopo, al volto prematuramente devastato della ragazza con il cappello rosa da uomo – di Marguerite Duras che si rivela.

Lui si chiama Yann Andréa – o per meglio dire, Yann Lemée, prima di incontrare lei –, e per questo si è voluto qui riportare l’incipit de L’amante, ancor prima di scrivere di Questo amore, pubblicato tre anni dopo la morte di Duras, nel 1999, e in Italia riedito da Fveditori nella traduzione di Lamberto Santuccio. Quando si incontrano la prima volta, lui ha già letto ossessivamente lei, e lei ha già scritto molto ed è anche regista; è il 1975, lei è nella stessa città di lui per la proiezione di un film che ha diretto, India Song. Ha sessantuno anni, lui ventitré. Quell’incontro è come l’attraversamento del fiume: ogni fatto, ogni persona che lo precede viene meno, nulla può più ritornare così come è stato; Yann da quel momento le scrive lettere su lettere, anche più volte al giorno, non si aspetta risposta, la legge ancora più selvaggiamente, legge solo lei e i suoi romanzi, abbandonando gli studi, qualsiasi altro tipo di attività. Arriva poi l’estate del 1980, Yann decide di telefonarle dopo aver ricevuto per posta i suoi ultimi scritti; quell’estate diventerà un libro, L’Été ’80, una raccolta delle cronache settimanali che Duras scrive per il quotidiano Libération. Sarà dedicato a Yann che ormai porta il cognome Andréa; è Duras a ‘ribattezzarlo’, gli toglie il nome paterno scegliendo quello della madre, forse per l’assonanza della a ripetuta, forse per la continuità del suono “an” dal nome, Yann. Un qualcosa che lo faciliterà nell’essere ricordato dai lettori, che lo accosta a lei, che per lo stesso motivo aveva eliminato il cognome paterno, Donnadieu, e scelto quello di un piccolo paese del Lot-et-Garonne, il paese di Duras – e che, naturalmente, suggerisce il simbiotico stare, la dipendenza di lui nei confronti di lei, e poi del tutto reciproca.

Questo amore è uno scritto urgente, un debito di sentimento, una prova di sopravvivenza dopo la scomparsa di Duras per chi è vissuto solamente con lei e per lei – anche in un senso fortemente pratico: lui trascrive quello che lei detta, quando non è più in grado di scrivere da sola. Viene pubblicato tre anni dopo il 3 marzo del ’96, il giorno della morte, in una scrittura che sembra la sua, e non stupisce che sia stata interiorizzata, che di essa venga salvaguardato, in qualche modo, un prosieguo.

Questo amore è tremendamente umano, non intende sopportare, non vuole subire oltre il tollerabile; a volte i due si insultano, Yann la abbandona, poi ritorna e restano insieme. Il libro riporta ogni cosa, confessa che talvolta sia per l’una che per l’altro è stato più un sopravvivere insieme, che un vivere. C’è il topos dell’attraversamento del fiume che torna, il Mekong viene nominato come passasse lì, fuori dall’appartamento, a Parigi, a Trouville, ovunque si trovino loro. C’è anche il volto, qui come in L’amante – che viene scritto proprio in questo loro tempo –, un viso la cui materia viene definita, come altrove, ‘distrutta’. È un viso corrotto dal bere, è la faccia dell’alcool, cenno premonitore durante la giovinezza. E la morte per Duras arriva inevitabilmente per il troppo bere, è il doloroso leitmotiv che riguarda tutta la vita che i due passano insieme, quella che resta a lei. Nel 1989 era uscito M.D., altro scritto di Yann Andréa in cui viene ripercorso il periodo ospedaliero che Duras dovette sopportare rischiata la morte, sempre per la malattia dell’alcool. Lo stare insieme è duro, impossibile, i due non si sopportano più, finisce. E poi ricomincia:

Ci diamo appuntamento al Nautica, un bar vicino alla stazione. Arriva. È truccata. Uno spesso strato di fondotinta, un rossetto rosso acceso, molto forte. Una puttana. Sorride. Ha cento anni, mille anni. Ne ha anche quindici e mezzo e attraverserà il fiume, e la splendida macchina del Cinese la condurrà attraverso le risaie fino al liceo Chasseloup-Laubat di Saigon.

Per la maggior parte, Questo amore è un libro ‘senza corpo’, perché Duras è morta tempo prima, e soprattutto perché lo scritto mira a essere resoconto, o ancora di più sopravvivenza, di chi scrive e insieme di chi è raccontato. Questo amore è soprattutto per le parole, per il loro ruolo di reinventare il vissuto, di ripetere senza mai esaurirsi. Amore per la scrittura che diventa un’entità terza, che rende l’amore come palpabile, lo porta al visibile, alla materia; come sostiene Andréa nel suo scritto, la dimensione del Noi non può mai essere un Uno, un amore totale, in ogni istante, in cui la separazione con l’altro viene meno, ma l’io insieme al tu dà come risultato tre, e si realizza attraverso la scrittura. In Questo amore Duras è viva e morta allo stesso tempo, perché la scrittura, la letteratura, significano rifare tutto come se non fosse mai stato fatto, sono l’unico sguardo possibile verso l’eterno.

Questo amore è una storia anche per gli altri, dal momento che non conta mantenere il segreto o eclissare certi dettagli personali; tutte le storie si somigliano, l’amore si somiglia, ovunque nel mondo. Yann Andréa si sarebbe lasciato morire qualche anno dopo, a sessantuno anni – gli anni che aveva lei quando si sono incontrati la prima volta; la storia, questo amore, ricomincia a partire da questo diario e con altre parole, con lettori nuovi, con noi che a nostra volta ne parliamo affinché si sappia, affinché si reinventi, e così l’incantamento riparte ogni giorno.

«Ho voluto dirti che ti amavo. Gridarlo. È tutto». Marguerite Duras in dialogo con Yann Andréa in C’est tout, il libro della scomparsa, pubblicato poco prima del 3 marzo ’96.