René Char e la poesia degli istanti possibili
Come mostrare, senza tradirle, le cose semplici disegnate tra il crepuscolo e il cielo? Con la virtù della vita ostinata, nel ciclo del Tempo artista, tra la morte e la bellezza.
Di momento in momento, testo del 1949, racchiude l’essenza della produzione poetica di René Char, e forse anche della sua vita: «cose semplici», luce e «crepuscolo», la «virtù» di una «vita ostinata», un «Tempo artista», e infine, il connubio indissolubile di «morte e bellezza».
Questi ultimi due elementi appaiono vicini ma in un ordine ben preciso, per dimostrare che la bellezza vincerà sulla morte. L’autore lo scrive nei suoi Feuillets d’Hypnos, frammenti poetici scritti durante la guerra, distrutti per evitare che cadessero nelle mani del nemico e poi fatti rivivere e pubblicati nel 1946: la Bellezza è una Rose de Chêne, capace di riunire in sé la fragilità della rosa e la forza della quercia. Effimera e longeva, salda e vulnerabile, la Bellezza di Char è promessa di speranza e di nuova luce, unica vera fonte di ricchezza.
Spesso definito poeta pessimista, a causa da un lato del suo stile lapidario e frammentato, dall’altro di alcune immagini cupe, Char è in realtà «fort d’avenir malgré tout» (come scrive Greta Rau nella sua opera René Char ou la poésie accrue): il poeta resistente avanza, progredisce, spera. È complice del futuro, iniziatore di nuovi progetti e creatore di una nuova e disillusa armonia. Lungi dal piegarsi passivamente alle leggi della storia con attitudine fatalista, egli crede di poter intervenire sul presente facendosi portavoce di un’umanità disincantata che però non rinuncia alla sua libertà. Per Char la scrittura è un’attività necessaria, urgente: in tutte le sue opere mostra impaziente la volontà di trasmettere la sua parola, come se l’istante successivo fosse già troppo tardi e impedisse al lettore di capire l’essenza della poesia. Commune présence è una prova di fraternità e un voto di appartenenza che mette in luce tutta la potenza comunicativa dell’autore:
Hai fretta di scrivere / Come fossi in ritardo sulla vita / Se così fosse segui le tue sorgenti / Affrettati / Affrettati a trasmettere / La tua parte di meraviglioso di ribellione di bene / Effettivamente sei in ritardo sulla vita / La vita inesprimibile / La sola in fin dei conti alla quale accetti d’unirti (traduzione di Giorgio Caproni).
La vita è inesprimibile, ma il poeta è «occhio vorace», «la parte di specchio più densa dell’universo, la più utile e la meno apparente»: la sua missione non si limita a quella di osservatore ma gli impone di essere protagonista della realtà nelle sue contraddizioni. Egli è prima di tutto un uomo, e come scrive Giorgio Caproni,
Char vuol essere, e riesce ad essere, – è – il poeta dell’uomo, e per di più dell’uomo posto ancora al centro dell’universo come uomo libero, però con un’arma in mano, questa volta, ch’egli deve tener sempre pronta senza mai abbandonarsi a facili illusioni.
I testi poetici di Char sono un inno alla vita e una testimonianza di umanesimo reale, disincantato e autentico che mostra il cuore di un uomo e il suo desiderio di dialogo: «non esiste altro che il mio simile» scrive l’autore in La bibliothèque est en feu. Anche quando la solitudine sembra dominare i suoi versi, la ricerca dell’altro – che sia un compagno di Resistenza, un amico o la donna amata – lo risveglia dal suo torpore e fa scaturire in lui la poesia. Come scrive Jean Roudaut, quella di Char è una poesia «de la rencontre», tesa a rinnovare il legame tra l’uomo e il mondo e tra gli uomini tra loro.
Nel magnifico poema Allégeance, che chiude l’ultima sezione di Fureur et Mystère, protagonista è l’amore del poeta, che camminando solo per le strade della città cerca «il suo pari nell’augurio degli sguardi» e va domandandosi chi lo abbia mai amato.
Attraverso di lui si esprime non solo la voce di René Char, ma quella di ognuno di noi: è un sentimento universale che si riversa «dans les rues de la ville» spogliandosi di tutti i personalismi e identificandosi «con chiunque». Una dolcezza infinita e nostalgica coglie il lettore durante la scoperta del poema, insieme alla consapevolezza che in tempo di libertà affiorano la solitudine, la riflessione e (il bisogno di) un «obbligo di fedeltà». Il tempo è diviso, si accumula, i limiti di ogni spazio vengono superati e non resta che «il vento della vita che varca la soglia di sempre prima che la notte divenga introvabile»: la dedica Marthe è testimonianza di un amore puro, autentico, quello che aspira alla libertà dell’altro.
Non t’entrerò nel cuore per limitarne la memoria. Non tratterrò la tua bocca per impedirle di schiudersi sull’azzurro dell’aria e sulla sete di partire. (…) Ci uniremo senza accostarci, prevederci. Come potrei dimenticarti dal momento che non ho nulla da ricordarmi di te: tu sei il presente che si accumula.
Nelle forme libere per eccellenza; il frammento, il poème en prose, l’aforisma, Char dà forma alla sua estetica del movimento: in lui vediamo la magia dell’istante e la potenza del vento, il bagliore del fulmine e la limpidità dell’acqua. Questa frenesia della natura, partecipe dello stato d’animo umano, esprime un’instabilità non fine a sé stessa, ma tesa verso una nuova armonia: il poeta non aspira alla perpetua inquietudine, ma a una serenité crispée, una serenità contratta e riconquistata duramente. Non sempre risulta facile per il lettore comprendere le metafore oscure e le antitesi inattese del poeta: spesso nei suoi testi domina l’unione degli opposti, una «alliance des contraires» che Char eredita dalla filosofia eraclitea. Il paesaggio poetico non offre tuttavia antitesi infeconde, incomprensibili, ma richiede lo sforzo di «s’établir à l’extérieur de soi», osservare al di là di ciò che è visibile, per scoprire una continuità, un’alternanza e una reciproca appartenenza degli elementi dissimili. Le parole e le immagini che Char predilige tendono all’impatto sorprendente, alla vertigine dell’ossimoro possibile: come scrive Jean-Pierre Richard in Onze études sur la poésie moderne,
l’intero sforzo poetico consiste nel dimostrare che l’impossibile è in realtà possibile, e per fortuna anche vivibile, a patto che ne si questioni l’enigma attraverso le vie dell’immaginazione. Perché quest’ultima è per sua essenza stessa votata alla conciliazione e al superamento.
L’ermetismo di Char è fedele alla natura delle cose, all’universo e all’essere umano: le emozioni non si traducono in immagini dai contorni definiti, ma sfumati, in scintille abbaglianti alternate a notti cupe e insonni. Tale è il rischio della poesia; che riesca ad esprimere con «furore e mistero» ciò che altrimenti resterebbe ineffabile: la complessa autenticità dell’animo e la bellezza dell’aurora.