Riflessioni su “Intermezzo” di Sally Rooney
Riflessioni su "Intermezzo" di Sally Rooney
Qual è il segreto di Sally Rooney? Me lo sono chiesta spesso. A un certo punto, non lo nego, ho avvertito quasi un moto di repulsione nei confronti di questo suo ultimo libro, Intermezzo (tradotto per Einaudi da Norman Gobetti), giunto in Italia a soli due mesi di distanza dalla sua apparizione in pompa magna – con tanto di code interminabili fuori dalle librerie in attesa dello scoccare della mezzanotte – sul mercato librario inglese.
La copertina era stata già svelata con largo anticipo e così pure la trama, divulgata tramite una sapiente campagna di marketing volta a stuzzicare e alimentare la curiosità del lettore. Pochi accenni, personaggi appena tratteggiati, tra le righe l’invito implicito a conoscerli, a saperne di più.
Insomma, questo nuovo libro mi appariva indigesto: era stato troppo acclamato, troppo pubblicizzato, stava diventando «di tendenza» – e quando qualcosa diventa “fenomeno di massa” mi sembra che venga spogliata della sua individualità e unicità, dunque mi ispira un istintivo ribrezzo, un senso di distacco.
Curioso che Sally Rooney susciti tutto questo hype, considerando che è proprio ciò che lei, come scrittrice outsider, cerca di combattere: non è una fanatica dei social network né delle mode, nei suoi libri decostruisce l’idea di «normalità», si pone contro il capitalismo imperante, ci narra di sentimenti fluidi, tortuosi e complessi, parla senza censure di violenza, malattia e abnegazione. Per questo motivo ho deciso di darle ancora una possibilità, perché in fondo sogno un mondo popolato di «personaggi di Sally Rooney»: giovani sagaci e disillusi, studiosi, testardi e sconfitti, cerebrali al limite del cervellotico, capaci di sprofondare nelle loro riflessioni contorte sino allo sfinimento.
Forse anch’io mi sento un po’ un personaggio di Sally Rooney: qualcuno che tra la cosa giusta da fare e quella sbagliata, sceglie sempre quella sbagliata, che però per lui è irrevocabilmente giusta ed è quindi fedele ai suoi ideali con un’ostinazione che sfiora il parossismo. Dunque ho iniziato a leggere Intermezzo – vincendo l’avversione per la copertina blu elettrico diventata ormai un trend estetico immancabile nel feed Instagram – e, come accade sempre con i libri di Rooney, non ho più smesso.
Intermezzo non è un libro generazionale, come dicono, è un libro universale che riesce a sviscerare la grammatica invisibile delle relazioni umane. Sono pochi gli avvenimenti in questo romanzo – e tentare di riassumerli a grandi linee sarebbe un errore – poiché la bellezza della scrittura di Rooney esula dalla pura trama, riesce a insinuarsi nelle crepe, nei “non detti”, nel mezzo di azioni quotidiane e scontate, fino a riuscire a narrare i pensieri più intimi e inconfessabili, trasformando così persino il “disagio di vivere” in epifania.
Intermezzo rappresenta un’evoluzione rispetto ai libri precedenti dell’autrice, poiché per la prima volta i sentimenti assumono un valore curativo e lo stile si adegua al sentire del personaggio. Viene utilizzato ad esempio il flusso di coscienza, inteso nel senso woolfiano di stream of consciousness, per esprimere la dissociazione mentale sperimentata da Peter dopo la morte del padre. Per un’irlandese come Sally Rooney confrontarsi con la tecnica del flusso di coscienza (e quindi con quel mostro sacro della letteratura che è James Joyce) non deve essere stato semplice. Questa nuova modalità stilistica al principio disorienta: la sintassi appare spezzata, frammentata, sembra affaticare inutilmente la lettura o addirittura semplificarla, finché, ecco, non ci si accorda finalmente alla narrazione come a un respiro.
La scrittura di Rooney è come una vibrazione con cui si deve entrare in risonanza: è una continua intersezione di punti di vista nella quale i personaggi si guardano l’un l’altro e spesso, così facendo, smentiscono le reciproche impressioni.
Per la prima volta i protagonisti e le principali voci narranti sono due uomini, caso inedito per l’autrice che aveva esordito nel 2017 con Parlarne tra amici, narrato alla prima persona da una protagonista femminile, Frances, che ripercorreva dei fatti accaduti nel suo recente passato, per poi proseguire con la narrazione alternata al presente di Persone normali (2019, entrambi tradotti da Maurizia Balmelli), in cui si avvicendavano le voci di Marianne e Connell; per poi approdare all’esperimento apparentemente più corale di Dove sei, mondo bello (2022), in cui, tuttavia, lo scambio di mail (tra l’altro lunghissime) tra le due protagoniste femminili, Alice ed Eileen, rivestiva un ruolo predominante.
In Intermezzo, invece, siamo chiamati a calarci nei pensieri e nelle vite di Peter e Ivan Koubek, due fratelli con una decina d’anni di differenza, che si trovano a fronteggiare il comune lutto per la morte del padre che, anziché avvicinarli, li divide.
In apparenza Peter e Ivan non potrebbero essere più diversi: la loro differenza viene rimarcata sin dalla prima pagina con l’antitesi «Bellezza e Intelligenza», come disse di loro una vecchia zia.
Peter è bello, spigliato, a suo agio nella sfera sociale dove veste perfettamente i panni del giovane avvocato di successo; mentre Ivan ha l’apparecchio, è un giocatore prodigio di scacchi, in pubblico appare goffo e trasandato, molto nerd e, di conseguenza, molto poco socievole. Queste differenze, in apparenza inconciliabili, si appianano con il procedere della narrazione e, più entriamo in relazione con i due protagonisti, più ci rendiamo conto di quanto la nostra prima impressione fosse sbagliata e di quanto, in realtà, i due fratelli siano simili. C’è una costante in tutti i personaggi di Sally Rooney: hanno un’intelligenza sopra la media, tendono a riflettere più del necessario prima di agire, sono spesso “ragazzi prodigio” in seguito frustrati dalle difficoltà della vita che vuole appianare il loro talento in una deludente normalità. Ivan e Peter, i due protagonisti di Intermezzo, non sfuggono a nessuna di queste caratteristiche. Completa il quadro un terzetto variegato di personaggi femminili: Sylvia, Naomi e Margaret, che stanno sullo sfondo, ma non troppo, in quanto sono coinvolte in relazioni difficili con i fratelli. Peter è diviso tra due donne, Sylvia e Naomi: la prima è senza dubbio il grande amore della sua vita, ma, dopo un incidente, non è più la stessa; mentre la seconda è una ragazza più giovane, una studentessa universitaria, con cui non ha apparentemente nulla in comune, ma della quale si è invaghito senza ritorno. Incapace di compiere una scelta e assillato dal fantasma della solitudine, Peter si trova a mettere in discussione il concetto stesso di monogamia tradendo pericolosamente quella «normalità sociale» cui ha sempre aderito, convinto di essere nel giusto.
Ivan, invece, si innamora – corrisposto – di Margaret, una donna più grande di lui e, di fatto, ancora sposata con un uomo problematico.
Nei brillanti dialoghi tra i personaggi si svela la vera essenza del libro: Intermezzo è come una partita a scacchi interamente giocata sulla complessa grammatica dei sentimenti, nella quale non ci sono vincitori né vinti. I sentimenti non obbediscono a nessuna logica, non possono sottostare in alcun modo a regole razionali. L’astratto prevale sul concreto, il pensiero ha il sopravvento sull’azione. Gli scacchi sono un elemento centrale nella trama, rappresentano la passione che cementa il legame tra i due fratelli e assumono anche un valore simbolico. Sally Rooney in un’intervista ha rivelato il segreto del titolo: Intermezzo è infatti una mossa scacchistica, in tedesco nota come “Zwischenzug”, che rappresenta un’azione inaspettata, una possibile minaccia, un ostacolo, proprio come il lutto che i suoi protagonisti si trovano ad affrontare. Rooney racconta di aver scoperto il gioco degli scacchi durante la pandemia poiché il marito – John Prasfika, un insegnante di matematica – si era appassionato alle partite di scacchi online nel periodo del lockdown. Pur non giocando attivamente, Rooney ha iniziato a guardare i tutorial di YouTube con lui e, da brava scrittrice, ha adattato quel genere di ragionamento matematico alla letteratura, facendone una forma d’arte. Anche la vita, in fondo, è un susseguirsi di mosse inaspettate in cui spesso agiscono strategie e forze inattese. Trasfigurando la superficie della scacchiera sul palcoscenico dell’esistenza, Sally Rooney ha scoperto molti punti di contatto tra l’eleganza matematica e l’imprevedibilità del destino. Ossessionata dai giochi di parole, la cervellotica Rooney – ex studentessa geniale e campionessa di debate – ha trovato in Intermezzo il titolo perfetto, poiché ha una valenza duplice: rappresenta una mossa inattesa negli scacchi, mentre in musica viene a designare un interludio. Da questo abile ragionamento, squisitamente astratto, prendeva forma la sostanza stessa del libro: una lunga meditazione che anticipa l’azione. La conclusione sembra scontata, ma in verità non lo è affatto: «Bisogna pur vivere», nonostante il male, il dolore, la malattia, il lutto.
Proprio le riflessioni, acuminate e lucenti come diamanti, conferiscono alla trama una valenza simbolica: Sally Rooney è abile nel far risuonare le ragioni e i torti, ma anche la solitudine e i rimpianti dei suoi protagonisti. Su questo terreno, quello strettamente individuale dell’ansia e della solitudine, Peter e Ivan Koubek si rivelano molto simili, quasi in simbiosi.
Camminando tra le strade piovose di Dublino, Peter «mescola memoria e desiderio» e pensa:
Un tempo credeva che la vita dovesse approdare a qualcosa, che tutti i dubbi e i conflitti irrisolti portassero infine a un apogeo. (…) Un irrazionale attaccamento al significato.
Ivan parla con Margaret, nella cui presenza intravede un senso di salvezza, e confessa:
C’è da impazzire a pensare alle cose che in passato avresti potuto fare in modo diverso. Ma a volte penso che in ogni caso non avevo tutto questo potere sulla mia vita. Cioè, non è che mi potevo inventare di punto in bianco una personalità nuova. Le cose mi sono successe e basta.
E lei, una donna più matura, adulta, lo asseconda e, inaspettatamente, risponde:
È vero che c’è da impazzire a pensare alle cose che avresti potuto fare in modo diverso. Anche a me a volte sembra di impazzire quando ci penso.
Tutti i personaggi attraversano una crisi – una crisi che assume molte forme e sembra originata da questo nostro tempo presente, così caotico, informe, frammentato, in balìa di funesti presagi, quali guerre nucleari e catastrofi climatiche. La crisi che l’autrice focalizza nelle sue pagine nasce dall’individualità che non riesce a concepirsi davvero tale se non attraverso la relazione con l’altro. Potremmo definire Intermezzo come un «romanzo di relazioni», poiché si fonda sulle dinamiche dei rapporti umani – rete salvifica e vitale, necessaria al nostro essere al mondo – sino ad approdare alla ricerca più elevata, quella spirituale:
Credi in Dio?
È una domanda frequente nei libri dell’autrice – a partire da Parlarne tra amici, la cui scena cardine si svolge in una chiesa – e qui echeggia con più forza dinnanzi all’abisso incolmabile del lutto. La morte ha già fatto franare ogni certezza, rivelando il vuoto, il nulla, il baratro che soggiace sotto le fondamenta, illusoriamente stabili, della vita. La risposta alla domanda c’è e non c’è, ma in ogni caso è consolatoria: «Se c’è un Dio sono sicura che ti ama molto» dice Margaret a Ivan e poi, nel finale, il discorso viene ripreso di nuovo dai due protagonisti, Peter e Ivan, insieme, mentre riflettono sul Natale ormai imminente.
Le relazioni che i due fratelli, orfani di padre, intessono con queste donne hanno quindi una funzione terapeutica. Se c’è una costante, nella scrittura di Sally Rooney, è l’analisi dell’empatia: i suoi personaggi entrano in empatia l’uno con l’altro in una maniera così estrema e profonda che commuove. L’empatia umana diventa una forma di preghiera a cui anche noi che leggiamo non possiamo fare a meno di aggrapparci: forse è anche questo che chiediamo oggi alla letteratura? Una forma di comprensione e di assoluzione?
In quest’ultimo libro viene messa in luce, in modo particolare, l’ossessione dei protagonisti per lo sguardo esterno – lo sguardo sociale e giudicante – che merita una riflessione più approfondita. Margaret teme il giudizio negativo della gente: cosa diranno della sua relazione con un uomo più giovane? La gente mormora, le daranno della scostumata.
Allo stesso modo Peter si chiede tormentosamente come venga percepita, agli occhi altrui, la sua complessa vita sentimentale. C’è una dimensione interiore della vita e una dimensione esteriore: quale delle due è più vera? Noi lettori abbiamo la possibilità di vedere oltre la superficie, quindi potremmo dare una risposta; ma la questione che si pone è complessa.
Quanto conta lo sguardo degli altri nelle nostre vite? Rooney coglie attraverso la sua scrittura una dinamica cruciale nella società contemporanea: la necessità dell’approvazione altrui, l’importanza della reputazione. L’individuale viene inserito nel sociale, da questa intersezione si genera l’attrito e, dunque, la spaccatura che è alla base della trama del romanzo. Ciò che i personaggi cercano – ciascuno a proprio modo – è una forma di salvezza, e questa avviene solo attraverso l’incontro con l’altro, la relazione, che però rappresenta anche l’insidia. Nella dicotomia arcaica tra Eros e Thànatos, il desiderio assicura il trionfo della vita sulla morte.
Intermezzo narra il tempo buio del lutto, un “tempo senza tempo” in cui tutto appare assurdo e precario e, proprio a partire da quella lacerazione, ricostruisce, parola dopo parola, un senso.
Dunque, qual è il segreto di Sally Rooney? Credo sia la capacità di mostrare la vulnerabilità, la fragilità, i cortocircuiti delle persone. La scrittrice irlandese, considerata il nuovo fenomeno della letteratura contemporanea, narra un’epica quotidiana che ci commuove nel profondo, perché la ricerca dei suoi personaggi è, in fondo, anche la nostra – ed è una ricerca sempre soggetta al fallimento, ma non per questo meno efficace.