Viaggio in India con Moravia e Pasolini
Due reportage pubblicati nel 1962 ci narrano il volto di un Paese dal fascino esotico: l’India. Alberto Moravia è inviato del “Corriere della Sera”, Pier Paolo Pasolini collabora per “Il Giorno”, entrambi scrivono dello stesso luogo, eppure ne risultano due narrazioni molto diverse, per certi versi opposte.
È il gennaio del 1961 quando, in occasione del centenario della nascita del poeta indiano Tagore, i due maggiori quotidiani italiani del tempo – “Il Corriere della Sera” e “Il Giorno”- inviano in India in qualità di corrispondenti due tra le penne più brillanti del Novecento: Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. I due scrittori sono incaricati di approfondire la condizione sociale del Paese in seguito alla recente dichiarazione di Indipendenza e all’insediamento del presidente Nehru, considerato da molti come il nuovo Gandhi.
Ne risulteranno due resoconti lucidi e accurati, di grande valore letterario, che manifestano l’interessante dialogo tra diversi punti di vista. Tuttavia sotto molti aspetti i libri appaiono anche complementari: l’oggettività realistica di Moravia sembra sposarsi perfettamente con la soggettività esasperata di Pasolini. Un’idea dell’India di Moravia e L’odore dell’India di Pasolini sono la fotografia di uno sguardo sul mondo, un manifesto di pensiero. Rappresentano due ritratti indimenticabili della società e della cultura indiane da una prospettiva italiana.
Ciascun autore, a modo suo, cerca di offrire la propria interpretazione di un continente immenso e contraddittorio: cinquant’anni dopo queste speciali “guide di viaggio” appaiono ancora più attuali che mai, nel restituirci soprattutto il lato umano e immortale di un’esperienza senza precedenti.
Il viaggio in India durò circa un mese e mezzo; presto i due furono raggiunti anche da un’altra raffinata intellettuale della letteratura italiana: la scrittrice Elsa Morante, moglie di Moravia. L’itinerario seguì tutte le principali tappe del continente indiano: Bombay, Aurangabad, Ajanta, Ellora, Delhi, Agra, Gwalior, Orchha, Khajuraho, Varanasi, e infine Calcutta. Si trattava di un’autentica avventura letteraria: lo sguardo di tre scrittori su una realtà ancora poco conosciuta in Occidente, un diario narrativo camuffato da reportage giornalistico.
Ma l’India di Moravia e Pasolini è anche un viaggio mistico, la missione di tre amici accomunati dal medesimo atteggiamento intellettuale, dalla stessa percezione amplificata dell’esistenza. I due scrittori non vogliono semplicemente visitare l’India, intendono appropriarsene, farne il proprio personaggio letterario: “Eravamo disponibili, allegri, curiosi come scimmie,” scrive Pasolini “con tutti gli strumenti dell’intelligenza pronti all’uso, voraci, goderecci, spietati”.
Un’idea dell’India di Moravia
La critica tende ad evidenziare il parallelismo tra le due opere, evidente fin dalla scelta dei rispettivi titoli. Un’idea dell’India di Alberto Moravia è rappresentativo della ricerca documentaristica dello scrittore, del suo stile realistico e sempre attinente ai fatti. L’intento di Moravia – evidente già dal prologo – è cogliere “che cos’è l’India” nella sua più pura essenza. Ne emerge quindi un resoconto oggettivo, che non indulge mai in sentimentalismi, e tuttavia ci fornisce un ritratto carico di pietas. Moravia analizza a fondo il concetto di “spiritualità indiana”, indulge nella descrizione dei templi, e cerca di trarre un’interpretazione filosofica di questo nuova concezione della religione parlando del “trauma del politeismo” vissuto dall’uomo occidentale.
L’India di Moravia viene messa a fuoco attraverso l’obiettivo di un telescopio: lo scrittore osserva, ma non giudica, come viene testimoniato dalla descrizione dettagliata dell’incontro con il Presidente Nehru, in cui i dialoghi sono riportati come sotto dettatura. Il libro-reportage dell’autore degli Indifferenti rispecchia appieno il suo schema di pensiero: raccontare al lettore le cose quali sono.
Fin dal principio del proprio resoconto Moravia ammette l’impossibilità di descrivere l’immensità del Continente Indiano:
L’India è l’India. Neppure io so veramente cosa sia l’India. La sento, ecco tutto. Anche tu dovresti sentirla.
Quando scrive questo libro Moravia ha 54 anni, ha ormai perso il fervore degli entusiasmi giovanili; il suo intento non è di certo descrivere le sensazioni del viaggio.
Voglio dire che dovresti sentire l’India come si sente, al buio, la presenza di qualcuno che non si vede, che tace, eppure c’è.
L’odore dell’India di Pasolini
Il reportage di Moravia appare più freddo, calcolato, analitico: vi si sovrappone la cronaca intrisa di percezioni soggettive di Pier Paolo Pasolini, in cui l’India si rivela in un turbinio di colori, sapori, profumi irresistibili. La narrazione di Pasolini è intimistica, passionale, carica di impressioni. Non parla mai della situazione politica dell’India, o nello specifico della religione, non tratta di filosofia orientale: eppure tutti questi dati emergono comunque, tra le righe, nella toccante descrizione di un popolo innocente, puro, intriso di spiritualità. L’India di Pasolini è passionale, sentita nel profondo da un viaggiatore curioso e inesperto che spalanca stupefatto il suo sguardo verso un mondo nuovo.
L’odore dell’India è un libro ricco di percezioni e aneddoti, come la storia di Revi, il ragazzino orfano che sembra simboleggiare l’anima di un Paese intero. Un bimbo sporco, povero e smarrito che Pasolini e la Morante fanno adottare da un monaco, per non abbandonarlo alla miseria. Il salvataggio di Revi è come una goccia versata nell’oceano, dimostra l’impossibilità di dare aiuto a una Nazione intera. Il racconto di Pasolini è tutto racchiuso entro gli estremi inconciliabili dell’amore e dell’impotenza.
Viste a distanza le masse indiane si fissano nella memoria, con quel gesto di assentimento, e il sorriso infantile e radioso negli occhi che l’accompagna. La loro religione è in quel gesto.
Gli scritti di Moravia e Pasolini sull’India ci permettono di comprendere il significato che questo Paese ha incarnato nelle menti dei due letterati-viaggiatori. Il consiglio è di leggere entrambi i libri: si tratta di grandi prove letterarie che ci forniscono una testimonianza inedita sul continente indiano, mostrandoci tutte le infinite declinazioni del viaggio.
Alcune immagini descritte dagli autori possono anche essere sovrapposte: i due infatti concordano nel sottolineare la povertà e il forte senso di spiritualità di un popolo minato dalle sofferenze. Da questo punto di vista, si nota un senso di continuità. Il risultato è un grande libro di viaggio, inteso nel senso più ampio e profondo del termine: la capacità di comprendere il vario e multiforme spettacolo della natura umana.