Federica Nardiello
pubblicato 3 anni fa in Letteratura

Ӧrtlich betӓubt – l’anestesia locale del capitalismo postbellico secondo Günter Grass

Ӧrtlich betӓubt – l’anestesia locale del capitalismo postbellico secondo Günter Grass

Con il romanzo Örtlich betäubt – in italiano Anestesia locale – Günter Grass si erge a portavoce della realtà della sua epoca: la Germania occidentale dei tardi anni Sessanta e le sue profonde contraddizioni. Pubblicato nell’agosto del 1969, il quarto romanzo del futuro premio Nobel riflette con chiarezza l’artificiosa società del benessere, costruita sui resti della guerra, permeata dal nascente capitalismo occidentale e messa in discussione dalla contestazione giovanile.

La vicenda segue i ricordi del protagonista – Eberhard Starusch, insegnante quarantaduenne di storia e tedesco in un liceo di Berlino Ovest – sugli eventi che lo hanno portato due anni prima, nel 1967, a sottoporsi ad un intervento dentistico molto doloroso a causa del suo prognatismo congenito. La narrazione si concentra, in un alternarsi tra rimembranza e oblio, sulle lunghe conversazioni che Starusch sostiene di aver intavolato con il dentista circa la vita che conduceva durante la cura e sul periodo in cui era ingegnere di produzione nel cementificio Krings.

Il resoconto di questi dialoghi, tuttavia, non procede in modo lineare, ma è macchinoso, sconnesso, di difficile interpretazione; Starusch riflette sin da subito l’io frammentato della società dell’epoca, il quale tenta di ricostruire il proprio vissuto attraverso eventi che oscillano tra ricordi e fantasticherie sconclusionate, senza comprendere effettivamente se si tratti di realtà o finzione.

Tuttavia, solo con lo scorrere del romanzo avremo modo di ricomporre i diversi tasselli temporali e di intuirne i nuclei fondamentali: il vissuto personale di Starusch, intrecciato fin dalla giovinezza – quando era a capo di una banda anarchica – con il disastro del nazionalsocialismo; il tentativo del professore di persuadere dal suo progetto Philipp Scherbaum, uno scolaro di diciassette anni il cui intento è risvegliare gli animi dei berlinesi verso la guerra in Vietnam, ormai indifferenti all’utilizzo delle bombe al napalm e assuefatti dalle atroci immagini che ritraggono uomini in fiamme. Il pupillo di Starusch, infatti, programmerà nei minimi dettagli un piano che prevede il rogo del suo cane Max davanti al lussuoso Hotel Kempiski sul Kurfürstendamm di Berlino.

Philipp verrà fortemente sostenuto da Vero (Veronika) Lewand, la sua ragazza, che rappresenta la fazione ideologicamente più estrema della contestazione giovanile.

Sarà coinvolta – soprattutto emotivamente – anche Irmgard Seifert, professoressa di musica collega di Starusch, la quale vive il rammarico di aver esaltato il Führer durante la giovinezza, quando dirigeva il Bund Deutscher Mädel (l’unico gruppo femminile nazista formato da ragazze in età compresa tra i quattordici e i diciotto anni), che non si sente in grado di apportare un effettivo cambiamento nel mondo. Solo i giovani possono. In un dialogo con Eberhard, infatti, Irmgard sostiene che:

Questa generazione nuova, senza pesi sulle spalle […] porrà fine a un incubo che dura da troppi anni. Questi ragazzi vogliono cominciare su basi nuove, non vogliono più essere costretti, come noi, a sbirciare all’indietro, a restare dietro se stessi. […] Possiamo fondare la nostra speranza sull’ardimento intatto e insieme così beneficamente concreto della nuova generazione.

Anche Starusch incarna l’immobilismo tipico della sua generazione. Essendo «della stessa annata della Seifert», la guerra finì quando aveva anche lui diciassette anni: fu all’epoca che sentì il passaggio all’età adulta e che la sua vita anarchica a capo della banda dei Conciatori cessò di esistere. Proprio in quel momento però il suo attivismo verrà trasformato in sterile apatia, adagiata sull’avanzare dell’ideale consumistico della ricostruzione di quegli anni: Starusch si definirà – in un dialogo con Vero Lewand – «un marxista liberale che non sa decidersi».

Si sottintende, dunque, la spartizione in due coppie dei personaggi in questione: quella dei giovani ragazzi pronti alla rivoluzione contro l’insorgere del consumismo, a cui quella dei due adulti disillusi, che la guerra ha reso «freddi e scettici», si sono abbandonati. Il fallimento intellettuale dei quarantenni abbraccia quindi quotidianamente la frustrazione dei diciassettenni, sempre alla ricerca di una svolta capace di sovvertire i vecchi valori.

Per [i professori] il Vietnam è al massimo il risultato di una politica sbagliata o l’espressione necessaria di un sistema sociale corrotto; [Scherbaum] non chiede ragioni, lui vede uomini che bruciano e vuole fare qualcosa contro, fare qualcosa a qualunque costo.

Simbolo dell’inerzia di Starusch è il mal di denti, il dolore causato dal tartaro pietrificato – simbolo del capitalismo che avanza – dolore che sovrasta qualsiasi tipo di azione. Anche quella contro l’ingiustizia del mondo. Palese quando ne parla col suo scolaro:

«Lei col suo mal di denti. E cosa sta succedendo nel delta del Mekong? Ha letto il giornale?»

«Sì Scherbaum, l’ho letto. Cose brutte. Bruttissime. Tuttavia, debbo confessare che […] questa corrente d’aria diretta sempre sullo stesso nervo, questo dolore da localizzare, neanche tanto brutto, ma persistente, mi scopre, mi colpisce e mi compromette più del dolore fotografato, evidente eppure astratto perché non in contatto col mio nervo, di questo mondo».

«Ma queste cose non la rendono furioso, o almeno triste?»

«Cerco spesso di essere triste».

«Non la indigna questa giustizia?»

«Mi sforzo di indignarmi».

Ad anestetizzare quel dolore è il dentista, il più complesso tra la schiera dei personaggi. Starusch, già dall’inizio, si dichiara «a fauci spalancate e di fronte al video che, senza suoni come me, raccontava pubblicità»: dunque in silenzio, distratto dalla televisione – chiarissimo il riferimento al soggiogamento impartito dai media – e da solo con i suoi pensieri. Il dentista è quindi alter ego di Starusch, personaggio nel personaggio, antitesi della visione del mondo dell’insegnante. Questa dualità sarà palese dal punto di vista politico.

L’uno auspica la svolta rivoluzionaria, capace di azzerare gli errori del passato per poter ricostruire una nuova organizzazione sociale costituita dalla «provincia pedagogica mondiale»; l’altro, attraverso lo sviluppo delle tecnologie odontoiatriche e convinto sostenitore de «l’assistenza sanitaria mondiale» come unica arma capace di integrazione sociale, si dimostra un riformista moderato, incarnando i pensieri ideologici dello stesso Grass, che nel 1969 collaborò all’elezione a cancelliere di Willy Brandt, il socialdemocratico sostenitore della Ostpolitik.

Inoltre, l’autore confesserà in Sbucciando la cipolla, autobiografia pubblicata da Einaudi nel 2007, che all’età di diciassette anni – proprio come Starusch capo della banda anarchica e come la Seifert Ringführerin del BDM – si era arruolato in un’unità delle Waffen SS.

È dunque la Storia la più grande insegnante? Starusch la utilizzerà per far desistere Scherbaum dalla sua azione rivoluzionaria: con indifferente distacco dal suo passato, infatti, e facendosi probabilmente influenzare dai discorsi del dentista – accrescendo in questo modo il suo immobilismo fallimentare – l’insegnante è ora un riformista capace di comprendere che la rivoluzione non è lo strumento adatto al cambiamento: «Alla fine documentai come – e quanto insaziabilmente – la rivoluzione divori i propri figli […] e come tutto finisca nel riformismo. […] La rivoluzione come riproduzione: […] [essa] crea la restaurazione, che dev’essere eliminata dalla rivoluzione». Ogni movimento rivoluzionario, insegna dunque la Storia, finisce per ripetersi inutilmente senza cambiare il mondo. L’alternativa, per Scherbaum, rimane il giornalino scolastico, come per Starusch è rimasto solo l’insegnamento:

Scriva dunque, Scherbaum, scriva! Lei sa quanto me […] quale forza politica possa animare la parola lirica. Pensi a Tucholsky, a Brecht, a […] Celan. […] Il song di protesta dovrebbe ricevere un nuovo impulso, specialmente qui in Germania…

Attanagliato dagli eventi, anche Scherbaum sarà emblema del fallimento vissuto in precedenza dagli adulti che lo circondano. Ai personaggi non rimane altro che accettare la nuova società capitalistica, una sorta di anestesia locale, un accontentarsi del divenire senza intervenire. L’anestesia locale, infatti, copre sì il dolore, ma è inefficace nel curare il male alla radice. Si tratta di un pessimismo storico che non trova risposte nell’azione politica, sociale, privata. Si tratta dunque della storia della Germania occidentale degli anni Sessanta: la storia di un fallimento.

di Federica Nardiello