Uno svedese alla corte di Costantinopoli?
Probabili ricostruzioni biografiche dietro l’ignota figura di Suida
La storiografia accademicamente diffusa c’impone di seguire gli eventi storici in maniera separata, dimenticando -spesse volte- che la storia è soltanto una costruzione del pensiero umano e che la realtà non ha fratture tra un prima e un dopo. La lezione da sempre appresa, propria della scienza, è che la storia sia una dimensione, una sequenza spazializzata di eventi.1 Ad esempio, dal momento della divisione dell’impero romano in due metà, occidentale e orientale, ci si è imposto di seguire due correnti separate, finalmente riunite con la caduta di Costantinopoli2.
L’esempio non è casuale, perché allora cominciarono a rinverdirsi gli studi dell’antichità ad opera di filosofi, critici e grammatici di grande cultura, come Eratostene, Dionisio Trace, Filosseno. Gli studi classicistici crearono un’abissale discrepanza fra la lingua d’arte e la lingua dell’uso, corroborata dal ruolo della Chiesa, che -nonostante nacque e si diffuse tra gli strati sociali più umili- si sottopose alla retorica del potere3. Tuttavia proprio gli studi avviatisi crearono continuità tra le epoche storiche e contribuirono ad assumere la consapevolezza da parte dei bizantini di essere figli della classicità. Il comune sentimento resistette persino alle distruzioni dei centri di cultura in Siria, in Palestina e in Egitto ad opera dei califfati islamici; proprio a quegli anni, nel IX secolo, risalgono le monumentali opere di raccolta bibliografica e lessicale di Fozio e di Areta.
Nello stesso solco s’inserisce l’opera altrettanto titanica di un autore altrimenti ignoto, il cui nome ha lasciato aperte le frontiere dell’immaginazione: Su[i]da (Σοῦδα o Σουίδα). La doppia nomenclatura allude infatti a differenze linguistiche assai rilevanti, poiché in epoca bizantina la pronuncia era mutata! Su base fonologica, Silvio Giuseppe Mercati congettura che sia la pronuncia deformata di un termine italiano, anzi dell’italiano di area meridionale, che sta per guida4. Il nome suida, così andrebbe letto, allude al titolo apposto all’opera da un copista italo meridionale di formazione grafica bilingue. L’opera si pone come guida per lo studio della classicità, grazie al sapiente lavoro di raccolta enciclopedica. È una fonte imprescindibile per la lessicologia, per la letteratura e per la cronologia: infatti, alla voce “Adamo” segue una breve storia del mondo, che si chiude con la morte dell’imperatore bizantino Giovanni I Zimisce (976). Altre notizie storiche sono state interpolate da mani non identificate e, ad esempio sotto la voce “Costantinopoli”, compaiono i nomi di imperatori successivi. La stesura della monumentale Suida viene ricondotta ai rinnovati interessi verso l’antichità classica per iniziativa di Costantino VII, il Porfirogenito.
Con Costantino VII la nuova Roma, Costantinopoli appunto, visse un periodo di rinnovato splendore. Egli stesso fu musico, scultore, pittore e scrittore: a lui sono ascritte infatti due opere, due trattati sulla società e sulla storia bizantina, De cerimoniis aulae byzantinae e De administrando imperio. Con lui, la dinastia Macedone avvia un’intensa opera di mecenatismo culturale, che promuove attività di natura compilatoria e di riscoperta delle tradizioni, anche sul piano religioso: sono infatti gli anni in cui il Cristianesimo dovette rialzarsi tra le macerie delle distruzioni degli Omayyadi e i conflitti interni animati dalla disputa tra iconoclasti e iconoduli.
La dinasta dei Macedoni apre infatti quella lunga serie di “rinascenze” bizantine, che culminerà con la più grande e nota: il Rinascimento europeo. La struttura storica qui proposta ha una forma triangolare, che è fissa in ognuno di questi momenti di splendore culturale. Lo schema è: interessi classicistici, creazione di biblioteche per conservare l’ingente mole di dati raccolti e, sul piano non istituzionale, nascita di centri di diffusione culturali, noti come didaschaleia, d’ispirazione platonica e misterica. La medesima struttura si ripropone anche in seguito (pensiamo all’Accademia platonica di Firenze proprio a opera di quanti trascrissero i trattati neo-platonici di autori bizantini); e ogni epoca contribuisce, con le proprie innovazioni, a catalizzarne gli sviluppi. Per l’umanesimo rinascimentale il contributo maggiore verrà dall’invenzione della stampa a caratteri mobili, ma per l’epoca dei Macedoni viene da un’altra rivoluzione tecnica, l’impiego della minuscola. I greci bizantini infatti non riuscivano più a recepire i testi della classicità, vergati in desuete maiuscole librarie, quindi dettero vita a un’attività di ricopiatura universale, di traslitterazione. La portata dell’evento ebbe i medesimi effetti stravolgenti della stampa e a buon titolo -alludendo allo stesso parallelismo- Lemerle parlava di “primo umanesimo bizantino”.
In un’epoca di rinnovati interessi culturali era dunque d’obbligo avere biblioteche, anche portatili come l’enciclopedica Suida, che raccogliessero tutto lo scibile appreso dai testi antichi, oramai classici. Al suo valore paideutico credeva anche Paul Maas, che -secondo un’ipotesi piuttosto buffa e provocatoria- riteneva che “suda” fosse un imperativo latino, dal verbo sudare, un consiglio di alfieriana memoria, sgobbare per apprendere. Si aprì una vera Suidafrage e la polemica accademica coinvolse anche Franz Dölger, per il quale “he souda” era effettivamente il titolo dell’opera5, da interpretare in senso militare, in quanto la voce latina suda, appresa dal lessico bizantino, vuol dire palizzata, steccato, con allusione all’ordine perfetto delle parole nell’opera6.
Tutte le sovraesposte ricostruzioni filologiche poggiano sull’ipotesi, sostenuta da una parte della tradizione manoscritta, che il nome “suida” alluda al titolo e non all’autore. È invece opinione di altri che il nome citato dalla tradizione testuale si riferisca al suo compilatore, un non meglio identificato Suida[s]. Codesto è un nome pagano, non appartenente all’onomastica bizantina, nonostante un’opera del genere fosse stata concepita come prodotto dell’attività culturale promossa dalla rinascenza macedone7. L’oscuro scrittore, secondo taluni, era di origine tessalica, ma l’ipotesi non sembra comunque soddisfacente. Più suggestiva, forse persino più attendibile, è l’idea che “Suida[s]” fosse il calco greco che riproduceva un toponimo ignoto ai greci bizantini. Forse “Suida[s]” ricalca “soudika”, in greco “svedese”.
L’ipotesi, puramente congetturale e di natura fonologica, riceve però sostegno da informazioni di natura storica. Sappiamo infatti che nel 988 l’imperatore della dinastia Macedone, Basilio II, ebbe istituito la Guardia Variaga, ovvero la guardia della famiglia imperiale, di estrazione mercenaria che, soprattutto all’inizio, raccolse soldati provenienti dalla Svezia e dalla Norvegia orientale. L’asservimento all’imperatore è ricordato anche nella norrena Njáls saga8. Armati di ascia lunga, secondo altre fonti erano pure abili cavalieri e pratici del combattimento con la spada e con l’arco, i possenti uomini nordici sono ricordati per la loro fedeltà agli imperatori. Assecondando le alterne fortune delle varie successioni, la Guardia Variaga fu protagonista degli scontri bellici e degli assedi durante l’impero bizantino. I legami si strinsero soprattutto quando, dopo il matrimonio tra Vladimir I e Anna Porfirogenita, figlia di Basilio II, il popolo nordico si convertì al Cristianesimo.
Non è improbabile dunque sospettare che un’opera siffatta potesse essere di uno scrittore straniero, ma in confidenza estrema con l’élite culturale attorno alla figura dell’imperatore. L’episodio dell’ancora ignoto Suida[s] alla corte di Costantinopoli è una prova palese del superamento dei limiti geografici, in virtù di un’identità culturale che è sconfinata: questa la lezione perenne della classicità.
1 cfr. H.Bergson, Matière et mémoire (1896), tr. a cura di Adriano Pessina, Materia e memoria, Laterza, Bari-Roma 1996.
2 secondo la tesi storicistica di Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff in Geschichte der Philologie (1921), tr. a cura di Fausto Codino, Storia della filologia classica, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1976
3 ibid., p.22
4 S. G. Mercati, Intorno al titolo dei lessici di Suida-Suda e di Papia, in Byzantion, XXV-XXVII (1955-57), pp. 173-193
5 negli Atti della Accademia di Monaco, quindi in Byzantinische Zeitschrift, XXXVIII, 1938, pp.36-57.
6 secondo quanto riportato da Bruno Lavagnini, Suida Suda o Guida?, in Rivista di filologia e di istruzione classica, 90, (Gen 1, 1962).
7 ibidem
8 l’epos narra del danese Kolskegg che prima si recò a Novgorod e infine a Miklagard, cioè Costantinopoli.