Susanna Ralaima
pubblicato 6 anni fa in Recensioni

Amnesia

di Douglas Anthony Cooper

Amnesia

Un’amnesia collettiva è l’unica spiegazione plausibile al fatto che questo libro sia stato a lungo dimenticato. Uscito nel 1992, diventa immediatamente cult in America, tanto da essere finalista per il Canada First Novel Award e per il Commonwealth Prize, per poi rimanere ai margini del panorama letterario. In Italia torna in libreria grazie al recupero di D Editore, che nel novembre 2018 lo pubblica nuovamente nella traduzione di Sara Inga, con prefazione di Gian Paolo Serino e postfazione di Valerio Valentini.


Douglas Anthony Cooper è uno scrittore canadese, fotografo e giornalista, con una spiccata tendenza alla contaminazione di generi diversi e una totale compenetrabilità di ogni forma d’arte e di sapere. In Amnesia, suo primo romanzo, si mescolano pertanto filosofia e immagini, retorica latina e architettura, per raggiungere una narrazione complessa e mai banale, fortemente intrisa di onirismo.

La storia è suddivisa in quattro parti, intitolate come lo spazio che fa da sfondo principale alle vicende narrate, rispettivamente: Archivio, Tempio, Ospedale, Città.

Il romanzo inizia in un modo che può sembrare abbastanza canonico: nonostante sia il giorno del suo matrimonio, un anonimo archivista della biblioteca si reca comunque in ufficio, convinto di poter ritrovare un po’ di tranquillità in una stanza che gli è familiare. Qui viene raggiunto però da un personaggio alquanto bizzarro, Izzy Darlow. L’enigmatico e trasandato giovane inizia a raccontargli molte storie, apparentemente scollegate, che talvolta procedono su binari paralleli, a tratti si intrecciano tra loro, facendogli dimenticare le sue nozze.

Parlare non è un rimedio. Izzy insistette più volte su questo punto, eppure, quando venne da me, confessò ogni cosa: il suo crimine, la sua natura mostruosa e gli altri crimini; crimini di cui era stato solo testimone, azioni di uomini che facevano sembrare le sue colpe insignificanti. Izzy è una specie di mostro. Per sua stessa ammissione, non merita di essere perdonato. Mi rendo conto che questa storia potrebbe essere piena di menzogne; ma anche fosse, dovrei comunque dargli ragione. Non merita di essere perdonato, anche solo per quello che mi ha fatto nel poco tempo in cui l’ho conosciuto. (p. 13)

Nella prima parte ci vengono presentati tutti i personaggi di queste molteplici storie, variamente indimenticabili nelle loro idiosincrasie: Katie, che ama la primavera e vive vicino la gola, una zona oscura di questa Toronto fantastica dove ogni cosa è possibile o i fratelli di Izzy, Aaron e Josh, alle prese con invenzioni, pesanti silenzi e difetti di pronuncia. Nel Tempio la storia si focalizza in particolare su Izzy, i suoi rapporti con gli amici e il suo tentativo di riscoprire le sue radici ebraiche, rinnegate dal padre e caldamente sostenute dal nonno. Ospedale ruota invece quasi interamente intorno alla figura di Katie, che sembra riuscire a sopportare tutto il peso del mondo nonostante la sua delicatezza. Nell’ultima parte si cercano di riassemblare i pezzi e si vaga per le strade della Città insieme ai personaggi, ancora un po’ smarriti e confusi.

«Simonide scoprì che la memoria ha origine nelle rovine di una casa crollata» scrive Cooper. Nell’ultimo capitolo, l’autore inserisce infatti un excursus per tratteggiare la figura del poeta Simonide di Ceo, presunto inventore nel De oratore ciceroniano del più efficace sistema mnemonico, il palazzo mentale. La tecnica, ripresa in tempi più recenti dal famosissimo detective Sherlock Holmes, sembra costituire lo scheletro stesso del libro: tutte le storie si configurano infatti come stanze da aprire ed esplorare, piene di immagini e discorsi da ricordare.

Amnesia non ha una trama lineare nel senso comune del termine, ma è costituita da un insieme di storie infinite e articolate, a metà tra il sogno e la realtà; non presenta un unico personaggio principale, ma lascia spazio a una continua polifonia bachtiniana.

Unico punto fermo, centrale invece per tutta la narrazione, è il tema della memoria, che viene dall’autore affrontata da più punti di vista, a partire da quello di Freud – che capeggia in una citazione nello studio dell’archivista – per ricordare come ogni singola cosa, che in un qualsiasi spazio di tempo ha avuto senso, non può scomparire, così come le costruzioni passate sopravvivono accanto a quelle più recenti.

Una corrispondenza continua quindi tra ricordi, astratti e labili, ma talvolta talmente forti da essere paralizzanti, e le costruzioni, solide e durevoli, ma comunque distruttibili: il momento più acuto di rottura all’interno della famiglia Darlow si riverbererà per esempio nella stessa casa, oculatamente costruita per essere un luogo di ricordi, spaccando in due metà speculari la villetta.

Vivrete in questa casa in quanto la vostra famiglia ha una storia da ricordare. Se vi dimenticherete della vostra storia, la casa crollerà su sé stessa, vittima delle sue impossibili fondamenta. Ma quando una casa crolla qualcosa fa sì che i ricordi vengano trascinati nella terra. Quando la casa non ci sarà più, ci disse, sarete in grado di leggere la sua storia dalle rovine (pp. 39-40).

Cooper attraverso questo libro crea un enorme e complesso labirinto: sta al lettore farsi guidare dal racconto di Izzy, quasi fosse uno stentato e delirante filo di Arianna, per addentrarsi in ogni dedalo e anfratto della costruzione, scoprendo di volta in volta nuove reminiscenze.  

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