Culturificio
pubblicato 4 anni fa in Letteratura

Beppe Fenoglio, appassionato lettore di “Wuthering Heights”

Beppe Fenoglio, appassionato lettore di “Wuthering Heights”

Beppe Fenoglio è una delle figure più importanti della letteratura italiana del secondo dopoguerra: autore di Una questione privata e Il partigiano Johnny – entrambi pubblicati postumi – ha fatto della Resistenza italiana il tema centrale della sua produzione attraverso uno stile particolarissimo, ricco di espressioni e termini inglesi.

Io non scrivo per competizione (per quanto la sportmanship sia un evidente aspetto del mio carattere), alla radice del mio scrivere c’è una primaria ragione che nessuno conosce all’infuori di me.

La scrittura per Fenoglio è una necessità, un’esigenza tutt’altro che facile, una «fatica nera», come egli stesso la definisce. Con la sua penna non scrive solo di Alba, dei partigiani, della guerra: scrive epigrammi (circa 135), sul modello del poeta Marziale, dove ironizza sui vizi contemporanei e sull’ipocrisia di alcuni personaggi, mascherati attraverso nomi latini. Queste composizioni, scritte tra il 1961 e il 1963, risentono di una verve polemica che nasce dal clima di illusione e delusione del dopoguerra italiano.

Le scelte linguistiche sono ben definite: l’autore adotta un italiano quasi “classicista” e utilizza calchi dal latino, neoformazioni e iperlatinismi. Inoltre, partendo dal Seicento inglese, traduce numerosi autori, tra cui Browning, Swift, Eliot e Coleridge (l’unico testo tradotto pubblicato in vita dall’autore). La traduzione per Fenoglio è fondamentale per la sua ricerca dello stile, e tradurre significa mantenere viva la sua passione per il mondo inglese, che l’accompagna fin da ragazzo: è evasione dai paletti culturali imposti dal fascismo, è brezza per la sua idea di letteratura.

«Traduco tutto indifferentemente, ma ho una spiccata preferenza per il teatro e la poesia. Ad esempio, Marlowe, diamante nero della letteratura inglese, non vi dice niente?», queste parole Fenoglio le scrisse a Italo Calvino l’8 settembre 1951, proponendosi alla casa editrice Einaudi come traduttore dall’inglese, consapevole delle proprie doti e sicuro delle sue conoscenze, senza ottenere riscontro.

Ad Alba, in molti conoscono l’interesse di Fenoglio per la cultura inglese, e già circolano le prime voci sulle sue capacità di scrittore. Per questo motivo – due giovani del Circolo Sociale – lo invitano a collaborare alle loro iniziative: l’obiettivo è organizzare un ciclo di conferenze su varie tematiche come l’arte, il teatro e la letteratura. Cercano qualcuno che conosca bene la letteratura inglese, che sappia tradurre e presentare i poeti scelti. Fenoglio accetta, e lavora subito alla traduzione di Gerard Manley Hopkins, poeta gesuita poco noto, vissuto in Irlanda nell’Ottocento, autore di molte liriche pubblicate solo nel 1918, postume (Fenoglio utilizza come volume di riferimento l’edizione Guanda con le traduzioni di Augusto Guidi, traducendo otto poesie). Per il Circolo Sociale cura anche la traduzione del secondo coro dell’Assassinio nella cattedrale, e La ballata del vecchio marinaio, letta da Gianni Toppino e registrata su un magnetofono a nastro. Nel 1955, la sua traduzione di Coleridge verrà pubblicata sulla rivista «Itinerari».

Tuttavia, tra i molti autori inglesi amati dallo scrittore di Alba, è Emily Brontë a rivoluzionare la sua vita di lettore: Heathcliff è uno dei nomi di battaglia utilizzati da Fenoglio durante la guerra partigiana, e La voce nella tempesta (Einaudi, 1974) è il suo personalissimo adattamento teatrale di Cime tempestose. Il legame tra Wuthering Heights e Fenoglio è molto particolare: la predilezione per il romanzo di Brontë nasce, secondo alcuni critici tra cui Maddalena De Leo e Gabriele Pedullà, dall’immedesimazione nel personaggio di Heathcliff.

Sono due le tematiche che colpiscono l’autore: l’amore infelice e il conflitto tra le classi sociali, che rendono Heathcliff uno dei personaggi più emblematici della letteratura, un uomo consumato dalla passione, vittima di una romantica ossessione che trasforma la purezza dei sentimenti in desiderio di vendetta e, pagina dopo pagina, lo avvicina a un antieroe figlio di Eros e Thanatos: l’amore e la vita da un lato, la morte e la distruzione dall’altro. Con alcune differenze, non è difficile scorgere nel Milton di Una questione privata, un giovane tormentato dal suo amore per Fulvia, probabilmente innamorata di Giorgio, amico e compagno di lotta di Milton, più bello e benestante. Fenoglio infatti, nel romanzo, mette in evidenza il rapporto tra i due su un piano letterario e culturale, mai fisico e sentimentale, perché Fulvia sembra essere attratta più che altro da ciò che Milton rappresenta con le sue letture e le sue traduzioni – e questo sembra essere un elemento autobiografico, perché una giovane albese pare apprezzasse le qualità letterarie di Fenoglio, senza provare un vero sentimento.

Probabilmente Fenoglio lesse per la prima volta Wuthering Heights al ginnasio, in una versione italiana presa in prestito dalla biblioteca della scuola, ma iniziò la stesura dell’adattamento teatrale dopo aver visto il film di Wyler nel 1941, che lo deluse fortemente. Fenoglio però decise di tenere alcune scelte strutturali fatte dagli sceneggiatori, rielaborandole (anche se entrambi gli adattamenti si fermano alla prima parte del romanzo). Per esempio mantiene l’invenzione del castello sulle Penistone Crags, per evidenziare il contrasto tra l’ambiente e i personaggi. In entrambi gli adattamenti mancano le figure di Catherine Linton, Linton e Hareton, presenti invece nel secondo volume del romanzo.

Fenoglio poi sceglie di modificare alcuni nomi (Lockwood diventa Longwood) e “italianizza” quelli di Ellen Dean e Joseph, che diventano rispettivamente Elena Dean e Giuseppe. Modifica anche Hindley in Martin, lo stesso scelto da Adelchi Moltedo in un adattamento teatrale pubblicato sulla rivista «Il Dramma» (1943) con lo stesso titolo, La voce nella tempesta. Secondo alcuni studiosi questa coincidenza non è casuale, e contribuirebbe a spostare la data della composizione fenogliana dopo il 1943.

Il lavoro di Fenoglio è diviso in tre tempi, che vanno dall’arrivo di Longwood alla dimora di Heathcliff fino alla morte di Cathy tra le braccia del protagonista. Viene esclusa la vendetta di Heathcliff (anche nell’adattamento cinematografico di Wyler), e la vicenda è raccontata interamente da Nelly attraverso i flashback. Il romanzo di Emily Brontë rappresenta certamente un punto di riferimento per la stesura del testo teatrale, ma chiaramente molte scelte dell’autore sono frutto di una rielaborazione autonoma, e alcune proposte dell’autrice vengono personalizzate.

La voce nella tempesta sembra essere una prima prova delle future scelte stilistiche: un altro elemento fondamentale, presente nell’opera del giovane Fenoglio, è l’importanza attribuita ai paesaggi e, in generale, alla natura: non semplice ambientazione, ma presenza costante nell’intrecciarsi delle vicende dei personaggi, come se il carattere dell’uomo fosse un riflesso del contesto naturale in cui vive. Di conseguenza anche la natura si trasforma, e il conflitto con essa è in realtà un conflitto interiore. Successivamente Fenoglio approfondirà questo aspetto nei suoi romanzi a tema resistenziale, ambientati nelle Langhe.

La formazione di uno scrittore passa anche dalle sue letture: i grandi autori sono stati soprattutto grandi lettori, veri e propri amanti dei libri degli altri, perché la letteratura si esprime con un linguaggio universale, fornisce le risposte di cui abbiamo bisogno. Dante era un grande ammiratore dei classici latini (da Virgilio a Orazio, senza dimenticare Lucano e Ovidio); Baudelaire lesse e tradusse con grande slancio e passione Edgar Allan Poe; Vittorio Alfieri cambiò radicalmente la sua concezione poetica dopo aver letto «le vite dei veri grandi» di Plutarco.

La letteratura è ricca di questi legami fin dall’antichità e, con sfumature diverse, Beppe Fenoglio ed Emily Brontë ne sono un altro esempio, perché Cime tempestose ha permesso allo scrittore di Alba di sperimentare attraverso scelte particolarissime, e può essere considerato un punto di partenza per la sua evoluzione (anche lo stile, per esempio, è ancora lontano dagli altri suoi testi).

Scrivere è “ricerca”, rielaborazione, di esperienze vissute o sognate, e la stanza di uno scrittore può diventare un laboratorio artistico dove le parole sostituiscono i colori. Fenoglio nelle storie che raccontava cercava di esprimere sé stesso: da qui l’unione tra la lingua italiana e la lingua inglese, da qui Milton e Johnny, partigiani lettori e amanti della lingua inglese (anche i nomi dei personaggi, non sono mai casuali: Milton, per ricordarne uno, ricorda l’autore del poema Paradise Lost). Del resto «partigiano, come poeta, è parola assoluta, rigettante ogni gradualità».

Un altro elemento da non sottovalutare è la presenza del cinema: Fenoglio inizia a scrivere La voce nella tempesta dopo aver visto il film e, nella delusione, decide di riscattare il romanzo con un adattamento teatrale. Il cinema, che ha affascinato in particolare la generazione dell’autore, rappresentava allora un linguaggio nuovo (come hanno sottolineato nei loro scritti anche Italo Calvino ed Elio Vittorini) e rispondeva anche a determinate esigenze narrative che, spesso, sono state trasportate in ambito letterario. La scelta dell’adattamento teatrale nasce probabilmente dalla passione di Fenoglio per il teatro, in particolare per il teatro inglese, anche se persistono numerosi dubbi sulla datazione.

Dopo la morte prematura dell’autore (1963), dalle sue opere sono stati tratti diversi adattamenti cinematografici: l’ultimo è Una questione privata (2017) dei fratelli Taviani [ne abbiamo scritto qui] con protagonista Luca Marinelli. Nel film è presente un elemento curioso: Milton e Fulvia, in una scena, sfogliano un’edizione inglese di Wuthering Heights, particolare assente nel libro – dove Milton regala alla ragazza il romanzo di Thomas Hardy Tess d’Uberville , che tuttavia rappresenta un omaggio a Fenoglio e alla sua passione.


A. Raimondi, Le cime tempestose del giovane Fenoglio, in Studi Novecenteschi, Vol. 39, No. 83 (gennaio – giugno 2012), pp. 111-135.

B. Fenoglio, La voce nella tempesta, Torino, Einaudi, 1974.

P. N. Scaglione, Questioni private. Vita incompiuta di Beppe Fenoglio, Torino, Einaudi, 2007.

di Rosalba Calore