Fantasy, oltre la realtà
echi narrativi dal passato
Il Fantasy: un genere da sempre amato e seguito, in grado di farci dimenticare per un secondo la nostra realtà, che talvolta può assumere tratti banali, e portarci in luoghi fantastici e pieni di avventure.
È un filone letterario molto particolare: o lo si odia e risulta insopportabile o lo si ama appassionatamente.
Negli ultimi decenni il fantasy è sbarcato, potremmo così dire, nei prodotti veicolati dai mass-media: cinema, fumetti, giochi di ruolo, video giochi, ma anche nella musica.
Chi può dire ormai di non avere visto, letto o almeno sentito parlare de “Il Signore degli Anelli” di Tolkien, de “Il Trono di Spade” di Martin, di “Discworld” di Terry Pratchett, o di altri grandi classici della letteratura di questo genere?
È ormai un fenomeno che potremmo facilmente descrivere come “di massa”.
Ma è sempre stato così? O vi è stato un aumento di interesse negli ultimi decenni?
Il Fantasy si sviluppò dalla seconda metà del XX secolo: i suoi elementi caratterizzanti sono il mito, il viaggio, gli elementi soprannaturali, le allegorie, le metafore sottili, una grande passione per la simbologia velata.
L’immaginazione è la suprema protagonista: nulla è impossibile, nulla è dovuto e tutto può succedere.
Ma nonostante questo, nelle storie fantasy che più amiamo sembra che ricorrano necessari stereotipi, archetipi veri e propri che quasi ci aspettiamo di trovare in ogni libro di questo genere. Ed effettivamente nella stragrande maggioranza di libri fantasy troviamo elementi a noi familiari, che ci sembra di aver già incontrato. Basti pensare alla centralità di un solo protagonista, sul quale pesa l’intero scioglimento della trama e il fine ultimo-, la fine di un lungo conflitto e il raggiungimento di una pace duratura; la sua crescita attraverso le innumerevoli prove da lui affrontate nella vicenda; la frequente –se non obbligatoria- presenza di elementi soprannaturali capaci di cambiare situazioni prima in stallo, come ad esempio un sistema d’incantesimi, o una profezia, o un oggetto di fattura magica; il classico tema del viaggio che il protagonista deve intraprendere attraverso luoghi oscuri e inesplorati al fine di raggiungere una meta sicura e priva di pericoli; e la fantomatica “battaglia finale”, dove le sorti del mondo vengono infine decise grazie ad azioni eroiche da parte dei personaggi della vicenda.
Questi sono solamente alcuni dei tradizionali elementi chiave delle storie fantasy che più ci appassionano: se non ci fossero, la storia ci sembrerebbe incompleta, quasi “non abbastanza fantasy”.
Ed è interessante notare che la maggior parte di essi proviene direttamente sia dall’apparato mitologico classico, greco e romano, sia da quello scandinavo, sia dal ciclo bretone e carolingio.Pensiamo alle grandi e sanguinose battaglie dell’Iliade e ai suoi eroi che lottano strenuamente per salvare coloro che amano o per difendere le proprie convinzioni, al percorso di crescita di Enea, costretto a lasciare la sua terra natia e la promessa di un amore felice a causa del compito
affidatogli dagli dei, la creazione di una nuova stirpe, all’avventuroso viaggio di Ulisse e al suo confrontarsi con mille pericoli al fine di tornare a casa dalla sua amata famiglia e terra, alle numerosissime profezie che troviamo nelle storie di Re Artù e dei suoi Cavalieri, che indicano loro la strada da intraprendere nei nebbiosi momenti di difficoltà.
Interessante è pensare al fatto che il gusto letterario moderno, di quelli che amano dilettarsi leggendo storie fantasy, è sorprendentemente molto vicino ed affine a coloro che durante i simposi nell’Antica Grecia, intorno al VI sec a.C., ascoltavano con piacere le grandi gesta troiane.
Articolo di Giulia Marziali