Culturificio
pubblicato 4 anni fa in Cinema e serie tv

Forrest Gump e Sheldon Cooper

due facce della stessa medaglia

Forrest Gump e Sheldon Cooper

Cos’hanno in comune il film vincitore di sei premi Oscar Forrest Gump (1994) e la serie tv The Big Bang Theory (2007-2019), a sua volta premiata con dieci Emmy Awards? Se si tiene in considerazione che il primo racconta le vicende personali di un uomo, intrecciate ad avvenimenti storico-culturali degli Usa tra gli anni ’50 del secolo scorso e il 1982, e che il secondo, invece, porta sul piccolo schermo la routine di quattro brillanti scienziati la risposta non può che essere univoca e immediata: niente!

A ben vedere, però, entrambi rappresentano una condizione individuale (o, per meglio dire, sociale) particolare: la devianza. Questa, all’interno di un sistema che categorizza i comportamenti umani in base a principi condivisi dalla comunità, può essere intesa come il discostarsi, da parte del soggetto sociale, dalla norma riconosciuta. Quale migliore definizione per la peculiarità dei protagonisti dei prodotti culturali che stiamo analizzando, Forrest e Sheldon?

Prendendo le qualità intellettuali ed emozionali come parametri essenziali per definire la personalità di un individuo, ci rendiamo conto che i due personaggi costituiscono due opposti. Partendo dal primo criterio, il quoziente intellettivo di Forrest è inferiore alla media, tant’è vero che la madre si concede sessualmente al preside pur di far ammettere il figlio alla scuola pubblica; Sheldon, viceversa, possiede un quoziente di intelligenza pari a 187 (di molto superiore alla norma) e ottiene il suo primo dottorato di ricerca all’età di sedici anni. Dunque, traducendo in simboli matematici, è facile stabilire che su un’ipotetica scala delle qualità intellettuali Forrest è il -, Sheldon è il +.

Per quanto riguarda la sfera emozionale, il protagonista del film è dotato di una grande capacità empatica che lo spinge ad agire nel bene delle persone a lui care, senza rendersi conto dei pericoli per la sua incolumità: recupera il corpo di Bubba sotto un bombardamento, picchia il fidanzato di Jenny perché l’aveva schiaffeggiata, si tuffa dal peschereccio e torna a casa a nuoto quando scopre che la madre è malata. Sheldon, al contrario, è incapace di comprendere lo stato d’animo altrui e, anzi, spesso e volentieri agisce in maniera egoistica per perseguire i suoi obbiettivi personali, a discapito di chi gli vuole bene: fa sollevare la sua fidanzata Amy da un progetto di ricerca da lei avviato per far sì che collabori al proprio, si diverte a umiliare Howard perché non possiede un dottorato, crea spesso, anche se involontariamente, tensione nel suo gruppo di amici. Sulla scala delle qualità emozionali, l’effetto è ribaltato: Forrest è il +, Sheldon è il -.

Se, finora, l’analisi dei due personaggi mette in luce un rapporto dialettico fatto di opposizioni, rappresentato come due linee parallele che non si incontrano mai, che senso ha il titolo scelto per questo articolo? Esiste un meccanismo individuale che pone Forrest e Sheldon sullo stesso piano, pur rimanendo nell’ambito sociale della devianza? Qual è il materiale che, tenendo insieme le due facce, costituisce la medaglia?

Secondo una tesi del docente universitario Alessandro Grilli, la risposta potrebbe fare riferimento a un’incompetenza strutturale del soggetto deviante: l’incapacità di gestire quello che l’antropologo e psicologo Bateson ha chiamato double bind. Il double bind (o doppio vincolo) consiste nella dissociazione posizionale e proposizionale, ovvero un’incongruenza tra il livello verbale e quello non verbale o anche, più in generale, lo scarto tra l’enunciato e il messaggio intenzionale veicolato dallo stesso. L’individuo è quotidianamente immerso in una complessa rete di messaggi; di conseguenza, la capacità di decodificazione è un prerequisito fondamentale per la costruzione dell’identità sociale del soggetto.

I nostri protagonisti prendono le cose alla lettera, credono al valore assoluto delle parole; non sono capaci di gestire messaggi contradditori, non comprendono né l’ironia né il sarcasmo, e questo causa loro non pochi problemi a livello interpersonale. Come dimenticare la scena in cui Forrest mostra il posteriore alla nazione perché il presidente gli dice di essere curioso di vedere la sua ferita; o tutte le volte in cui Sheldon esclama il suo inconfondibile «bazinga!» per sottolineare una battuta, uno scherzo, proprio perché è convinto che, come lui, anche gli altri non percepiscano l’ironia.

L’incapacità di risolvere la scissione che caratterizza la comunicazione tra gli individui, però, rende questi due personaggi delle figure pure, coerenti e fedeli a quello che sono: non esiste forma e sostanza bensì forma è sostanza. Non si rintraccia alcun scollamento tra quello che sentono o pensano e quello che fanno o dicono; la loro esposizione è totale.

Ecco lo scacco: il modo di rappresentare la devianza, con tutte le tessere che la costituiscono, serve a descrivere per contrasto la norma che, quindi, verrà identificata nel non dare troppo peso al logos, nell’agire in maniera svincolata rispetto a quello che si dice o anche nel dire cose diverse da quelle che si pensano. La persona normale è, in misura variabile, ipocrita, incoerente; la falsa coscienza è la regola, il principio condiviso che permette alla collettività di ritenersi nel giusto e di nascondersi dietro il velo dell’ambiguità.

Questo non vuol dire, però, connotare negativamente a priori il concetto di normalità: in primis, Forrest e Sheldon ci insegnano, tra le altre cose, che il filtro tra processo mentale ed esposizione verbale è assolutamente necessario per preservare sé stessi e gli altri dal dolore e dalla sofferenza; in secundis, l’incapacità di scendere a patti con la realtà circostante e di andare oltre il significato letterale di un messaggio ci fa pensare a un certo radicalismo.

Se da un lato, dunque, attraverso questi personaggi lo spettatore si mette in gioco e rivede l’idea che ha di sé stesso, dall’altro si rende conto che quello che considera normale, o anormale, è molto più finemente e socialmente organizzato di quanto generalmente si percepisca.

di Ornella Tomasco