Il doppio del cosmo
"Pornografia" di Witold Gombrowicz
Nelle scuse che l’autore porge nella nuova prefazione, in cui giustifica la banalità, la pressappochezza e la marginalità con cui ha trattato il discorso della guerra, già si intravede un aspetto essenziale del testo.
Gombrowicz durante la guerra era lontano dall’Europa, in Argentina, lontano, fisicamente e moralmente, dalla condizione di violenza europea; non ne trasse alcun trauma, era protetto da una spensieratezza lacerante, come in Polonia nel frattempo i proprietari terrieri che si trinceravano nelle campagne impenetrabili. Così i protagonisti della sua pornografia, la guerra a cui accennano come a un pettegolezzo mondano, la noia che li ha annichiliti e che non permette, ormai, di ricavare alcun interesse per ciò che si anima al di là del cosmo della campagna. In questa condizione di perversione latente, dove ogni interesse svanisce e ogni slancio vitale è grottesco, il profano diventa sacro, e l’unica realtà tangibile viene restituita alla violenza carnale. Pornografico per Gombrowicz è lo sguardo, la radice della tendenza a scrutare l’oscenità, non ha a che vedere con le proiezioni del porno, solo con un voyeurismo-poesia, la perversione che possiede i due protagonisti, onniscienti, intellettuali e burattinai su un palcoscenico nudo e “artificiale“. L’artificio risiede anche nella sacralità vuota della campagna insofferente alla guerra e allo scorrere del tempo, isolata, non fosse che per la diabolica presenza della giovinezza, tematica qui di profonda oscurità, luogo di non-esistenza contro cui Gombrowicz scaglia tutti i suoi personaggi. L’ambientazione si ripiega più volte in se stessa per generare uno spazio virtuale, le case diventano oggetti, i prati buchi neri, tutti avvertono l’appartenenza a un cosmo instabile, la lontananza dalla terra su cui poggiano i piedi, ritrovando proprio in quel vuoto, proprio nell’abisso cosmico sterminato e nero la più dura concretezza dell’esistenza.
Così tutti vivono la fissità di questo cosmo, e solo i protagonisti burattinai vivono il suo doppio allo specchio, una coppia di adolescenti che li provoca incessantemente, che brama i loro ordini, di questi vecchi che desiderano ardentemente la loro unione, unione che loro continuano a rifuggire come un avvento innaturale, la coppia dei vecchi intellettuali sfioriti e la coppia degli adolescenti di campagna, le due coppie di estremi opposti che si attraggono mentre le loro parti, quasi ribellandosi a una formula di cui non accettano l’infallibilità aritmetica, si rifiutano l’un l’altra. Sul piano geometrico e brutale della campagna però la formula sopravvive, estingue ogni altra legge naturale, ogni rapporto umano, rivelando quella della violenza, del delitto carnale – laddove ogni slancio umano è grottesco e il profano si sovrappone al sacro – l’unica azione dignitosa e umana.
Articolo a cura di Biagio Montanarella