Culturificio
pubblicato 6 anni fa in Letteratura

Il doppio del cosmo

"Pornografia" di Witold Gombrowicz

Il doppio del cosmo

Nelle scuse che l’autore porge nella nuova prefazione, in cui giustifica la banalità, la pressappochezza e la marginalità con cui ha trattato il discorso della guerra, già si intravede un aspetto essenziale del testo.

Gombrowicz durante la guerra era lontano dall’Europa, in Argentina, lontano, fisicamente e moralmente, dalla condizione di violenza europea; non ne trasse alcun trauma, era protetto da una spensieratezza lacerante, come in Polonia nel frattempo i proprietari terrieri che si trinceravano nelle campagne impenetrabili. Così i protagonisti della sua pornografia, la guerra a cui accennano come a un pettegolezzo mondano, la noia che li ha annichiliti e che non permette, ormai, di ricavare alcun interesse per ciò che si anima al di là del cosmo della campagna. In questa condizione di perversione latente, dove ogni interesse svanisce e ogni slancio vitale è grottesco, il profano diventa sacro, e l’unica realtà tangibile viene restituita alla violenza carnale. Pornografico per Gombrowicz è lo sguardo, la radice della tendenza a scrutare l’oscenità, non ha a che vedere con le proiezioni del porno, solo con un voyeurismo-poesia, la perversione che possiede i due protagonisti, onniscienti, intellettuali e burattinai su un palcoscenico nudo e “artificiale“. L’artificio risiede anche nella sacralità vuota della campagna insofferente alla guerra e allo scorrere del tempo, isolata, non fosse che per la diabolica presenza della giovinezza, tematica qui di profonda oscurità, luogo di non-esistenza contro cui Gombrowicz scaglia tutti i suoi personaggi. L’ambientazione si ripiega più volte in se stessa per generare uno spazio virtuale, le case diventano oggetti, i prati buchi neri, tutti avvertono l’appartenenza a un cosmo instabile, la lontananza dalla terra su cui poggiano i piedi, ritrovando proprio in quel vuoto, proprio nell’abisso cosmico sterminato e nero la più dura concretezza dell’esistenza.

Così tutti vivono la fissità di questo cosmo, e solo i protagonisti burattinai vivono il suo doppio allo specchio, una coppia di adolescenti che li provoca incessantemente, che brama i loro ordini, di questi vecchi che desiderano ardentemente la loro unione, unione che loro continuano a rifuggire come un avvento innaturale, la coppia dei vecchi intellettuali sfioriti e la coppia degli adolescenti di campagna, le due coppie di estremi opposti che si attraggono mentre le loro parti, quasi ribellandosi a una formula di cui non accettano l’infallibilità aritmetica, si rifiutano l’un l’altra. Sul piano geometrico e brutale della campagna però la formula sopravvive, estingue ogni altra legge naturale, ogni rapporto umano, rivelando quella della violenza, del delitto carnale – laddove ogni slancio umano è grottesco e il profano si sovrappone al sacro – l’unica azione dignitosa e umana.


Articolo a cura di Biagio Montanarella

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