Il mito e il sacro in Richard Wagner – intervista a Pietro Tessarin
Che cosa innalza di tanto l’opera di Wagner al di sopra di ogni precedente dramma musicale? Sono due le forze che concorrono a tale sublimazione […]: psicologia e mito.
Sono le parole che Thomas Mann pronunciò il 10 febbraio del 1933 all’Università di Monaco, nel suo discorso Dolore e grandezza di Richard Wagner, a cinquant’anni dalla morte del compositore tedesco, attraverso cui si coglie appieno la complessità di Wagner dal punto di vista sia musicale che filosofico e culturale.
Se ravvisare il mito nelle opere di Wagner può essere alla portata di tutti, non si può dire altrettanto del secondo elemento menzionato da Mann, quello psicologico, il quale necessita di un’analisi più profonda, difficilmente reperibile negli scritti di settore.
Un libro efficace per valutare la portata dell’opera wagneriana è Il mito e il sacro in Richard Wagner. Sacrificio e redenzione nell’Opera d’arte totale, scritto da Pietro Tessarin, musicologo e social media manager del teatro “La Fenice” di Venezia, pubblicato da Zecchini Editore, una delle più importanti case editrici italiane di musica classica.
L’opera di Tessarin consta di due parti: la prima, Mito, rito e sacro: la tragedia attica, si rivela essenziale per comprendere la seconda, La tragedia attica e il dramma in Richard Wagner. Insieme, rappresentano un testo che coniuga tra loro diverse branche del sapere umano, come la musicologia, l’antropologia, la psicologia e la filosofia. Ciò che infatti distingue Il mito e il sacro in Richard Wagner da un canonico tomo di musicologia va individuato nell’approccio metodologico dell’autore alle opere del compositore e drammaturgo tedesco, analizzate alla luce delle teorie del desiderio mimetico e del capro espiatorio formulate dall’antropologo francese René Girard.
Ho avuto la possibilità di intervistare Pietro Tessarin per farmi raccontare come sia riuscito a strutturare ed equilibrare diversi livelli di ricerca in una lettura che si propone di accompagnare il lettore nella dimensione più intima ed intellettuale del progetto artistico wagneriano.
Com’è nata l’idea di un libro su Richard Wagner?
Durante i miei anni universitari vidi Un olandese volante, diretto da Daniele Gatti al Teatro Comunale di Bologna, e la musica di Wagner mi trafisse emozionandomi a tal punto da voler approfondire la lettura di tutte le sue opere, anche dei carteggi non pubblicati e che sono riuscito a trovare nelle biblioteche. Questa mia passione per il compositore tedesco si è trasformata in un indirizzo di studio durato per ben sei anni, il tempo che ho impiegato per scrivere questo libro.
Il suo libro analizza l’opera wagneriana a partire dalle tesi antropologiche di René Girard. Entriamo nel merito di questo aspetto.
Girard studiò in maniera approfondita i miti della cultura occidentale, sia mediterranea che nordica, notando, al netto di tutti i contorni fiabeschi, alcuni elementi comuni tra essi: il mito, alla stregua di una cronaca, narra di una crisi esistenziale all’interno di una comunità che si risolve con la morte di un soggetto, il capro espiatorio considerato da tutti come causa di quella crisi. Successivamente, la comunità vede nella morte del soggetto la risoluzione della crisi attraverso il suo sacrificio e il soggetto diventa sacro, viene santificato. Con la nascita di Cristo, l’ottica del “tutti contro uno” si ribalta: Cristo, da solo contro tutti, denuncia l’antica violenza dell’omicidio sacrificale e viene crocefisso, facendosi carico di tutti i peccati dell’umanità. Così avviene il passaggio dal mito alla religione, dal perpetuarsi dell’omicidio della vittima sacrificale al principio di redenzione. Wagner aveva già trattato questi temi nei suoi scritti e nei carteggi privati e, soprattutto nelle opere mature, si servì di quanto appreso dallo studio dei miti del teatro greco antico – dove gli attori recitavano, non a caso, in una struttura circolare, “accerchiati” dagli spettatori – innestandolo con i principi della passione e della redenzione di Cristo. Per esempio, nel Tannhäuser, la redenzione è generata da un atto d’amore: Elisabeth offre la sua vita in sacrificio per la redenzione del suo amato.
Come si inserisce il pensiero di Girard nel rapporto tra Wagner e il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, di cui si parla nel secondo capitolo della prima parte del libro?
Secondo la teoria mimetica di Girard, in ogni rapporto umano vi è una relazione triangolare tra soggetto, oggetto ed un terzo, il mediatore: il soggetto desidera l’oggetto attraverso la mediazione di un terzo.
Nietzsche nutrì una profonda ammirazione nei confronti di Wagner perché aveva ciò che lui non possedeva: la fama e l’amore di Cosima Litsz.
Il filosofo tedesco cercò un contatto con i coniugi Wagner, divenendo poi loro intimo amico e facendo loro visita molte volte. Nietzsche desiderava diventare un musicista di fama e diverse volte sottopose a Wagner le sue composizioni, ma questi non lo prese mai seriamente.
Il distacco totale si realizzò con la dura critica da parte di Nietzsche all’opera wagneriana Parsifal, soprattutto per via della concezione religiosa presente in essa, che sposava appieno il principio di “uno contro tutti” e il concetto di redenzione cristiana. In verità, in una lettera a sua sorella Elisabeth, scritta tra l’estate del 1885 e l’autunno del 1887, il filosofo tedesco si espresse in termini tutt’altro che negativi affermando «Parsifal, il più grande beneficio che da lungo tempo mi sia stato reso. La potenza e la durezza del sentimento è indescrivibile: non conosco nulla che prenda così in profondità il cristianesimo e che spinga così acutamente verso la compassione». In questa contraddizione c’è l’invidia di un soggetto, Nietzsche, che non possiede quello che ha il soggetto invidiato, Wagner, cioè la notorietà e la moglie Cosima, esattamente come nella relazione triangolare teorizzata da Girard.
Siamo arrivati al termine dell’intervista. Vorrebbe dedicare un’opera di Wagner ai nostri lettori?
Mi fa molto piacere dedicare ai vostri lettori l’opera wagneriana Tristano e Isotta.
Intervista a cura di Concetta De Mauro, già pubblicata on line, con lievi modifiche, su «il Deutsch Italia», magazine diretto da Alessandro Brogani.