Claudio Musso
pubblicato 3 settimane fa in Recensioni

‘La vera storia della Banda Hood” di Wu Ming 4

quando è nella foresta che scegli di tornare a vivere

‘La vera storia della Banda Hood” di Wu Ming 4

Cominciamo dalla fine. Dall’ultima pagina di questo libro. Tra i diversi ringraziamenti, peraltro tutti a nomi cifrati, a figure probabilmente ispiratrici nella elaborazione del testo, l’autore Wu Ming 4, pseudonimo dello scrittore Federico Guglielmi, membro del collettivo Wu Ming, cita «la Cassandra di Berlino Est». Così il nostro pensiero va a Christa Wolf e a uno dei suoi romanzi più celebri, Cassandra appunto, un’opera che rievoca le vicende della figlia di Priamo, derisa e non creduta, l’officiante che, seppure esclusa dal rito degli uomini, ostinatamente va avanti perché il solo male imperdonabile sarebbe per lei rifiutarsi di vivere. Inoltre Cassandra, secondo la lettura di Wolf, trova rifugio, insieme ad altre donne, nella comunità dello Scamandro, una nicchia lontana dal palazzo a contatto con la natura e la semplicità dove può pensarsi altrove e altrimenti.

Anche in queste pagine di Wu Ming 4 ci imbattiamo in un gruppo di giovani in fuga e portatori di un lessico esistenziale diverso, per non dire rivoluzionario, figli dell’indigenza e della mancanza di valori di chi avrebbe dovuto trasmetterli. Costoro, sentendosi stranieri non graditi in una patria in balìa dell’arbitrio dei più forti, fuggono la ‘peste’ della città e il contagio del mondo predatorio dei grandi per rifugiarsi nella foresta, una sorta di nuovo Scamandro, provando a vivere e, al contempo, a resistere dando un senso al proprio presente (e corpo ai propri sogni) purché il futuro, quale che sia, aspetti.

Una foresta, quella di Sherwood, dunque contrapposta alla città e alla norma, che viene additata come un luogo di minaccia e di resistenza perché irriducibile alle logiche di chi detiene il potere e che deve essere di conseguenza distrutta da quello stesso potere per affermarne l’inanità. Lo sanno bene lo sceriffo di Nottingham e i suoi scherani che si stanno creando un proprio regno personale all’interno della contea. Come lo sa la gente comune, vittima dei loro soprusi, a cui piace pensare che da qualche parte c’è qualcuno che può ancora farcela, protetto da un fitto e oscuro bosco con grandi alberi che sembrano avere vita propria, come quelli descritti da Tolkien.

La foresta è da sempre il luogo di banditi e ribelli, ma è anche il rifugio delle creature del folklore popolare, insieme a divinità in disuso, ed è la geografia in cui prendono linfa le leggende che accompagnano i passi del quotidiano. E qui, in un lembo di terra immerso in un silenzio che forse non si sentiva da prima della creazione, incontriamo non un uomo singolo ma un collettivo, perché lo scrittore Wu Ming 4, con un approccio storicistico basato sullo studio delle ballate medioevali che parlano di una pluralità di eroi, si concentra più sui tanti Robin Hood che si sarebbero potuti incontrare nel Medioevo inglese che non sul celebre personaggio, l’eroe che forse li riassume tutti e che non è mai esistito come singolo, anche se la sua storia è ancora parte di noi.

Protagonisti di questo testo, edito da Bompiani nel 2024, sono i componenti della ‘Banda Hood’, come vengono chiamati nei villaggi, figure espulse dal consesso civile e quindi fuori-legge, giovanissimi esseri incappucciati che, armati di arco e frecce e di una buona dose di coraggio, si appostano sulla grande via che collega Londra con York. Qui derubano mercanti, cavalieri e frati di quel poco che serve per il loro sostentamento, riservando sempre una parte del loro bottino, sottratto al Super-Io della città, all’altare della Madonna a cui sono molto devoti, come evidenziano peraltro le ballate.

Li guidano l’essere un noi compatto di complicità e di visioni, di paure e di possibilità, ma anche le parole del giovane John, a cui i potenti hanno strappato una guida ma non la forza di agire, e i pensieri dell’altrettanto giovane Maud, liberata dalla costrizione del convento, una sorta di vestale per la banda, funambula sul filo tra realtà e sogno. Degli Hood si sa poco, anche per la loro natura sfuggente; tuttavia vengono intercettati dalla complessa figura di Guy di Gisborne.

Siamo ai tempi della Terza Crociata. Riccardo I d’Inghilterra, ‘Cuor di Leone’, è lontano, per strappare la Terra Santa a Saladino. Suo fratello ordisce piani per prendersi quelle terre delle quali sembra privato già dal nome. Le tasse aumentano prima per finanziare l’impresa poi per pagare il riscatto del sovrano imprigionato. Ma c’è la guerra soprattutto di chi resta. Tra il potere locale e la corte e tra uomini vestiti di tutto punto e altri che sono coperti di stracci. C’è una fascia verde che passa di mano in mano come un amuleto e un segno di riconoscimento, ci sono personaggi ponte che ascoltano e riferiscono, come il vecchio cieco che chiede l’elemosina e sa leggere chi ha di fronte e il cantastorie che gira di villaggio in villaggio e saggia gli umori della gente. E Guy di Gisborneche si fa congiurato per, contrariamente a come lo ricordiamo,una buona causa…

Ci sono case improvvisate in grotte impenetrabili nel bosco dove, se è vero che nessuno ti protegge, nessuno ti comanda. Si recuperano storie tra fate, troll e cromlech e si pongono indovinelli dal sapore tolkeniano, mentre sul davanzale delle case ci sono una tazza di latte rancido e una galletta rosicchiata dai topi per il più dispettoso dei folletti, Robin Goodfellow. Ci sono i sassoni e i nuovi padroni normanni costretti a convivere. C’è un adulto che spinge i ragazzini della Banda Hood a una nuova e difficile impresa chiedendo loro se non sono stanchi di essere niente.

In questo testo di Wu Ming 4 c’è molto romanzo storico intriso di fango, sangue e sogni, ma anche ricostruzione storica, poesia e credenze popolari, in una narrazione dalla prosa ruvida e essenziale che rende la lettura fruibile e godibile a lettori in cerca di storie che ne richiamino altre.

Ma soprattutto c’è una foresta, un luogo altro, che tutti in fondo possediamo. Un luogo unico e privato dove il nostro ‘io’ ostinatamente rinasce ogni volta contro le storture del mondo, stagione dopo stagione, storia dopo storia. Perché c’è ancora tempo per un’altra idea di mondo in un’epoca dedita all’assalto e alla diffidenza, alla prevaricazione e alla mancanza di fantasia. Perché c’è sempre una terza via, come ricordava Cassandra: vivere vedendo la realtà oltre ai fatti.