Le donne sono incinte dell’avvenire del mondo: “1889” di Régis Jauffret
alle origini del male assoluto
Gli scrittori francesi ci hanno abituato a ogni sorta di scandalo, non è certo storia recente. Senza risalire alle origini di questa vis trasgressiva sono sufficienti tre nomi, uno per secolo: De Sade, Baudelaire e Céline. Una tradizione, quella transalpina, che vede oggi in primo piano Emmanuel Carrère e Michel Houellebecq e, più recentemente, Régis Jauffret.
Autore divenuto noto al grande pubblico grazie ai due ponderosi tomi di Microfiction, che raccolgono ognuno cinquecento brevissimi racconti dedicati all’avvilente e precaria condizione dell’uomo contemporaneo, con 1889. La nascita di Adolf Hitler (Edizioni Clichy 2023) Jauffret prosegue la sua ricerca sulle origini del male.
Il romanzo racconta i nove mesi di gestazione del futuro Führer, dal momento del concepimento, nel luglio 1888, a quello della nascita, il 20 aprile 1889. La madre Klara narra in prima persona le tormentate vicende che si dipanano in un’atmosfera torbida, contrassegnata, sin dall’incipit, da un clima incestuoso:
Nel luglio del 1888, vicino al giorno di San Giacomo, lo Zio mi mise incinta.
La madre di Hitler chiama il marito Zio (per tutto il libro con la maiuscola) in quanto figlio del bisnonno paterno. Una lontana ascendenza che imprime un segno indelebile di oscenità a una relazione nata per pura convenienza.
Lo Zio, dispotico ufficiale di dogana, una settimana dopo la morte di Franziska, una serva dalla quale ebbe due figli, Alois e Angela, la sostituisce con perentoria e cinica naturalezza con Klara, la domestica che già si occupava dei bambini e ora anche del padre.
Pur “priva di istruzione”, la sventurata affida la storia a un diario che nasconde nel cassetto sotto gli unguenti e i trucchi.
La scrittura è sottile come il pensiero, viaggia da un cervello all’altro. Saltando dopo la mia morte di testa in testa, trasmutate a caso nel loro passaggio attraverso cervelli sapienti, queste parole diverranno forse un giorno degne di essere lette.
Nonostante questa riflessione, il terrore dello Zio induce Klara a bruciare il diario. Poco dopo però, con la scusa di insegnare a leggere ad Alois, si procura una grande lavagna sulla quale scrive i suoi pensieri che cancella in tutta fretta.
Provo una sensazione di grande libertà sapendo che nessuno potrà mai mettere mano sui miei pensieri. Scriverli mi permette di vederli un attimo con lo sguardo invece di rimescolarli alla cieca nella testa. Mi piace contemplare tutte quelle onde di parole, con la spugna in mano, prima di farle sparire.
L’intera vicenda si svolge a Braunau am Inn, un paese dell’Austria settentrionale, in un clima sordido, ammorbato da pregiudizi e prevaricazioni, che coinvolge anche i comprimari come l’abate Müller, ostile al medico ebreo Bloch. L’antisemitismo dell’epoca è raffigurato in una forma quasi grottesca, ben lontana dal criminale sterminio del popolo ebraico perpetrato dal nazismo, ma rappresenta comunque un precedente inquietante e profetico.
Klara, dopo aver perso due figli, Gustav e Ida, cova nel ventre una creatura che sarà predestinata a diventare l’incarnazione del male assoluto. Numerose sono le premonizioni sparse qua e là nel testo. A riguardo ci limiteremo a citarne una:
Dio dovrebbe spedire direttamente all’Inferno i neonati colpevoli prima che lancino il loro primo grido. Durante la gravidanza hanno avuto il tempo di svilupparsi abbastanza da far apparire la loro vera natura. Potrebbe anche giustiziarli all’interno della pancia. Lì dentro hanno già un’anima. Le occasioni di peccare immobili al riparo dentro una madre non devono mancare. Il cervello è il teatro della maggior parte dei nostri peccati. Nella testa del bambino possono circolare sogni di gola, carnali, concupiscenti, pensieri egoisti, crudeli, blasfemi. I sogni non sono assolti al risveglio da un tocco di magia. Le idee hanno il peso dei crimini che ne sarebbero conseguenza se le mettessimo in pratica.
La paura che il nascituro possa essere Satana in persona assale più volte la mente di Klara, mentre allo Zio interessa solo che sia un maschio.
Questa ossessione morbosa lo porterà a dubitare dell’annuncio della levatrice e a voler controllare da vicino il sesso del neonato. È il 20 aprile 1889, alle sei e mezza di sabato. In quel momento Klara si rammarica, pensando che in quel sabato, secondo le scritture, Gesù discendeva a visitare l’Inferno e rimpiange di non aver saputo ritardare la nascita fino alla radiosa domenica della Resurrezione. Il battesimo avvenne in un gelido lunedì di Pasqua alle tre e mezzo e lo Zio, per paura che si ammalasse, negò alla moglie il permesso di partecipare alla cerimonia.
Nella postfazione l’autore illustra i criteri con cui ha costruito questo romanzo: i fatti (pochi) di cui rimane traccia hanno fatto da scheletro a quest’opera di finzione. E la finzione ha dato corpo al libro romanzesco.
E se finora non abbiamo parlato di questioni stilistiche dipende solo dal contenuto travolgente del testo, che proprio grazie all’alternanza fra la neutralità del lessico clinico e l’incandescenza del tono profetico rende ancor più magmatica la materia esplosiva di questa disincantata dissezione del male incarnato nella Storia.
Per Jauffret ricostruire la sordida genealogia di Adolf Hitler è una sorta di imperativo morale nei confronti delle vittime della Shoah, per preservarne la memoria.
Gli storici continueranno i loro studi, i filosofi proseguiranno nella loro ricerca alle radici del male, gli artisti faranno sentire nelle loro opere i gemiti degli ebrei.
Ma solo la letteratura può scavare nel profondo dell’animo umano.