Tra Benjamin e Kafka
una curiosa pseudocoincidenza
Oggi vorrei instaurare un parallelismo, forse artefatto eppure intrigante, tra una parabola scritta da Kafka, “Davanti alla legge”, che confluirà ne “Il Processo”, precisamente al Capitolo IX, e la morte prematura di un grande pensatore del secolo scorso: Walter Benjamin.
Egli, di origine ebraica, dovette allontanarsi dalla città natale ( Berlino) a causa del nazionalsocialismo imperante, come accadde per la maggior parte degli intellettuali europei. La meta prediletta era rappresentata dagli Stati Uniti – si pensi a Thomas Mann, Brecht – e proprio lì il nostro avrebbe voluto fuggire.
È il 1933 quando, insieme all’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte ( la celebre “Scuola”, tra cui Adorno, Horkheimer, Marcuse, Fromm, tutti di famiglia ebrea) fugge in esilio a Ginevra e successivamente giunge a Parigi.
Le truppe tedesche entrano in Francia, e Benjamin si dirige verso la Spagna per salpare alla volta degli Stati Uniti.
Il visto ottenuto grazie ad Horkheimer non si rivelò di grande utilità, perché le autorità di frontiera spagnole lo presero in una piccola località sui Pirenei.
Fatto prigioniero, di fronte al pericolo di essere consegnato ai nazisti, Benjamin preferisce uccidersi ingerendo una massiccia dose di morfina.
Questo avviene la notte tra il 26 e il 27 Settembre 1940: il mattino seguente tutti i suoi compagni di viaggio vengono rilasciati e posso partire liberamente.
Venendo a conoscenza dell’epilogo tragico di questa vicenda, la parabola kafkiana ( in tutti i sensi) ha perforato la mia mente in una frazione di secondo: di seguito un brevissimo sunto.
Un uomo di campagna rincorre la Legge (Gesetz in tedesco) e finalmente la identifica. Egli vuole raggiungerla varcando la soglia di una porta che tuttavia è presidiata da un guardiano. Quest’ultimo glielo vieta, senza escludere un’eventuale possibilità futura di accesso.
L’uomo, determinato, attraverso gli anni tenta di corromperlo e, sebbene il guardiano accetti le offerte, la porta gli viene preclusa; in punto di morte, nonostante gli innumerevoli tentativi, la soglia non è stata ancora varcata: quando l’uomo chiede spiegazioni a proposito di questa impossibilità, e del perché nessuno di coloro che cercano la Legge abbia mai domandato al guardiano di entrarvi, la risposta ricevuta è «Nessun altro poteva entrare qui perché questo ingresso era destinato soltanto a te. Ora vado a chiuderlo».
Kafka congela il lettore immobilizzando il racconto: il finale è aperto o chiuso a discrezione di chi lo legge.
L’apparente e curiosa coincidenza di entrambe le storie, la prima reale e la seconda letteraria, andrebbe descritta utilizzando parole che, purtroppo, non sono state ancora pronunciate.
Il giorno in cui riusciremo a trovarne di chiarificatrici, il mistero che si cela dietro al destino-caso-Dio comune alla morte di Benjamin e allo scritto di Kafka verrà svelato e tutti ne potremo godere, dal profondo.